Al Parlamento europeo si discute un progetto di risoluzione su “Salute e diritti sessuali”
di Tommaso Scandroglio
Oggi e domani il Parlamento europeo discuterà e metterà ai voti un progetto di risoluzione denominato, tanto per essere originali, “Salute e diritti sessuali e riproduttivi” proposto dalla parlamentare Edite Estrela. Il testo è stato redatto secondo le indicazioni di Vicky Claeys presidente della sezione Europea della potentissima organizzazione abortista International Planned Parenthood Federation. In questa risoluzione le lobby pro-choice non si sono fatte mancare niente: aborto, lotta all’obiezione di coscienza, contraccezione, fecondazione artificiale, teoria del gender.
Il testo 2013/2040 INI, licenziato dalla Commissione europea per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, brilla per chiarezza nel mostrare quali sono gli intenti ideologici che muovono non pochi parlamentari europei. Già nei “considerando” troviamo delle perle ormai non più così rare. Nel primo “considerando”si afferma in modo piano che “i diritti sessuali e riproduttivi sono diritti umani”, ciò a dimostrazione che è assodato in Europa che aborto, sterilizzazione, contraccezione e Fivet sono veri e propri diritti giuridici. Il non riconoscere questi “diritti” conduce all’apocalisse, infatti «le violazioni della salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti hanno un impatto diretto sulla vita di donne e ragazze, sull’indipendenza economica delle donne, sulla fruizione dei servizi sociali da parte delle donne, sull’accesso di queste ultime al processo decisionale e alla partecipazione alla vita pubblica, sulla vulnerabilità delle donne alla violenza maschile, sull’accesso delle donne all’istruzione e sul godimento della vita privata e, pertanto, tali violazioni si ripercuotono sulla società nel suo insieme». E infatti si «esprime preoccupazione per le restrizioni all’accesso ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva e ai contraccettivi nei paesi in via di adesione».
Tali restrizioni sono da addebitarsi a due colpevoli. Da una parte la Chiesa: «la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti […] non dovrebbero subire restrizioni per motivi religiosi, per esempio concludendo concordati». Dall’altra i medici obiettori che non vogliono praticare aborti: si «sottolinea che gli Stati membri dovrebbero regolamentare e monitorare il ricorso all’obiezione di coscienza» dal momento che «il diritto all’obiezione di coscienza è un diritto individuale e non una politica collettiva». Insomma, uno o due obiettori vanno bene, ma non di più. Naturalmente la libertà individuale e religiosa deve cedere al credo abortista: la proposta di risoluzione infatti esprime «preoccupazione per il fatto che il personale medico sia costretto a rifiutarsi di prestare servizi per la salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti negli ospedali e nelle cliniche di stampo religioso in tutta l’Ue». Che esistano medici costretti ad obiettare è davvero notizia nuova.
Il documento poi descrive un’equazione che dovrebbe essere la panacea di ogni male sociale: meno figli si hanno più tempo si ha per «consacrarsi ad attività quali l’istruzione e l’occupazione, il che contribuisce all’uguaglianza di genere, alla riduzione della povertà e allo sviluppo sostenibile per tutti». Il verbo “consacrarsi” rimanda all’idea che esista una vocazione quasi sacra alla sterilità, una nuova verginità secolare e laica per il bene dell’umanità.
Si prosegue con un sillogismo inappuntabile: se aborto, contraccezione e Fivet sono diritti umani devono essere riconosciuti a tutti e a qualsiasi età. A tutti: si auspica che l’aborto sia pratica diffusa anche oltre i confini dell’Europa. A qualsiasi età: porte aperte da una parte ad aborto e contraccezione anche per le giovanissime e dall’altra ai corsi scolastici che spieghino come accedere alle suddette pratiche «insegnando ai giovani ad assumersi le proprie responsabilità rispetto alla loro salute sessuale e riproduttiva» perché in tal modo «si ottengono effetti positivi a lungo termine e che durano tutta la loro vita, con ripercussioni positive sulla società» e perché «è meno probabile che le madri adolescenti conseguano il diploma di istruzione secondaria, mentre è più probabile che vivano in povertà». Più che una verità scientifica pare una profezia di sventura.
Si continua sostenendo che «le percezioni stereotipate della femminilità e della mascolinità in generale, […] rappresentano un grave ostacolo al raggiungimento della salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti». Il binomio donna-madre è dunque un retaggio stereotipato del passato da abbandonare.
C’è quindi il capitolo contraccezione che si apre con l’invito affinchè le pratiche contraccettive siano coperte economicamente dallo Stato e guai a tagliare la copertura delle spese per aborto e contraccezione per via della crisi perché questo sarebbe “inaccettabile”: meglio essere abortisti poveri, che benestanti non abortisti. In merito ai giovani e adolescenti si incoraggiano «campagne pubblicitarie, marketing sociale per l’uso dei preservativi e altri metodi contraccettivi, e iniziative quali linee verdi telefoniche confidenziali». Tanto confidenziali che papà e mamma non ne sapranno mai nulla di quello che vi siete detto al telefono, cari giovani. Ovviamente le adolescenti potranno abortire in piena “riservatezza”, cioè senza bisogno del consenso dei genitori e senza necessità che questi siano almeno informati della decisione della figlia.
In merito alla Fivet si «esorta gli Stati membri a garantire l’accesso ai trattamenti per la fertilità e alla procreazione medica assistita anche per le donne senza un partner e le lesbiche».
Una sezione sul gender non poteva mancare: «oggi le persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e intersessuali (LGBTI) continuano a essere vittima di discriminazione, violenza e rappresentazioni non obiettive della loro sessualità e identità di genere in tutti gli Stati membri». Si invitano gli stati membri a diffondere informazioni relative al cambiamento di sesso.
L’ “educazione sessuale e affettiva” e quella di genere – “scevra da tabù” – dovranno poi essere materie obbligatorie alle elementari e medie. In particolare si «ricorda agli Stati membri il loro obbligo di garantire che i minori e i giovani possano avvalersi del loro diritto di richiedere, ricevere e impartire informazioni relative alla sessualità, anche per quanto riguarda l’orientamento sessuale, l’identità di genere e l’espressione di genere». Ciò comporta l’inclusione della «comunicazione di un’opinione positiva riguardo alle persone LGBTI, così da sostenere e tutelare efficacemente i diritti di giovani LGBTI».
La Federazione delle associazioni di famiglie cattoliche europee critica il documento in più punti. Tra l’altro mette in evidenza che il “diritto” all’aborto è «assente in tutte le dichiarazioni e i documenti giuridici internazionali», che l’obiezione di coscienza è osteggiata, che il ruolo educativo dei genitori è scavalcato dallo Stato il quale dovrebbe indottrinare anche i bambini secondo l’ideologia di genere, che la risoluzione invade un campo, quello della salute e dell’educazione, di competenza esclusiva dei singoli stati e «spinge a promuovere l’aborto oltre i confini dell’Unione Europea, in una sorta di impresa neo-colonialista».
La ri
soluzione con buona probabilità passerà. Certamente quest’ultima dal punto vista giuridico non è vincolante per gli stati membri però altrettanto certamente eserciterà sui singoli ordinamenti giuridici un pressing politico di sicuro rilievo.