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La crisi delle culle vuote

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La nuova Bussola quotidiana - published on 16/01/14
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La crisi economica in Europa stenta a finire a causa della grave crisi demografica: fare figli vuol dire assicurarsi un futuro anche economicodi Ettore Gotti Tedeschi

“La vera crisi dell’Europa tradita dalle culle”, titola La Repubblica lunedi 13 gennaio in un bell’articolo di Federico Fubini seguito da un altrettanto bel commento-intervista di Maria Novella de Luca. Invito a leggerlo. Vorrei però fare alcune considerazioni.

La prima è che, con notevole ritardo, economisti e demografi scoprono il fenomeno conseguente al crollo delle nascite. Li scusiamo ben conoscendo l’influenza negativa che hanno avuto gli intellettuali neomalthusiani sulla oppurtunità che le culle si svuotassero, quasi fosse una opportunità sociale ed economica ridurre il numero degli esseri che popolano il quartiere dove abitano costoro. Chissà se lo hanno per tanto tempo sostenuto in buona fede, o solo per incoscienza.

La seconda considerazione riguarda l’affermazione che “I nuovi nati calano (…) a causa della recessione”. No, su questo punto c’è un netto disaccordo. L’analisi demografica va condita con riflessioni un po’ più approfondite sulle cause del crollo nascite. Io sostengo il contrario, cioè che la recessione è stata causata dal crollo delle nascite, non viceversa. E lo sostengo da più di 20 anni. Infatti gioii non poco a leggere i primi report, citati da La Repubblica, di McKinsey (in cui ho anch’io avuto il privilegio di lavorararvi per alcuni anni) sugli effetti del crollo nascite e invecchiamento popolazione che confermavano i miei intuiti e primi studi.

Vorrei proporre una domanda al lettore: “nasce prima l’uovo o la gallina”? Nel nostro caso, nasce prima la crisi economica o il crollo popolazione? Io son certo che nasce prima il crollo popolazione. Vi siete mai chiesti come sia possibile nel mondo globale far crescere il Pil di un Paese maturo, se la popolazione non cresce o persino diminuisce? La risposta vera (a parte le solite, scontate e smentite dai fatti, ipotesi di crescita produttiva ed export) è: facendo crescere i consumi individuali. E ciò è avvenuto imponendo la dottrina del “consumismo”, sacrificando prima il risparmio, indispensabile base monetaria per il credito bancario, e poi indebitando le famiglie. Ma l’invecchiamento della popolazione fa crescere esponenzialmente i costi fissi sociali (pensioni, sanità…) che per esser sostenuti vogliono aumento delle tasse, ecc. Potrei continuare in queste considerazioni per pagine e pagine. Son vent’anni che ne scrivo, più criticato che sostenuto, persino all’interno del mondo cattolico. Perciò suggerirei al bravo Fubini di correggere l’espressione con cui conclude l’articolo, con la seguente: “Vince, come sempre, chi vuol capirlo, per primo” (anzichè “chi lo capisce per primo”). Quante volte è stato spiegato che rischi si correvano a svuotare le culle? E ancor di più a non sostenere con aiuti la famiglia che fa figli?

La terza considerazione, di fatto, è la “spiegazione di volta” dei vari perché che ci poniamo ora, troppo tardi. Perché queste lacrime di coccodrillo, perché non si è ascoltato chi ha criticato e spiegato la scelta di far crollare la natalità? (direi da circa quarant’anni, da quando si divulgarono le terorie neomaltusiane del Club di Roma, Stanford, MIT, sui limiti dello sviluppo negli anni ’70-’75 – cercate e rileggete i libri di Colin Clark, uno dei maggiori economisti dell’epoca) La risposta è semplice, purtroppo, perché detta critica venne considerata “morale” e l’economia deve aver autonomia morale, soprattutto da Keynes in poi. E la popolazione che cresce e diminuisce è un fattore economico, non morale. Si legga Essays in Persuasion del 1931 di John Maynard Keynes.(Esortazioni e profezie, Il Saggiatore, 1968), il capitolo II parte V – Prospettive economiche: “il ritmo con cui possiamo raggiungere la nostra destinazione di beatitudine economica dipenderà da 4 fattori: (il primo è) la nostra capacità di controllo demografico…”.

La quarta considerazione è che, nonostante tutto, non tutti sono d’accordo nel promuovere famiglia e figli. Ometto riferimenti a pensieri di carattere morale, mi riferisco, invitando a leggerlo, ad uno studio-ricerca fatto dalla Open University nel Regno Unito (riferito da The Guardian, lunedi 13 gennaio 2014) che praticamente dice che le coppie senza figli vivono un matrimonio più felice, potendo pensare alla propria soddisfazione ed a quella del partner. Naturalemente senza quei fastidiosi esseri che sono i figli… Come dice Benedetto XVI in Caritas in Veritate la vera crisi, origine delle altre, è una crisi morale (aggiungerei anche di intelligenza). Altro che economica.

Qui l’articolo originale

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