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Padre Ugo De Censi, l’aquila delle Ande in cerca di Dio

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Mirko Testa - Aleteia - published on 09/02/14
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Ha compiuto 90 anni il sacerdote fondatore dell’Operazione Mato Grosso, forse la più famosa ong italiana di matrice cattolicaPadre Ugo De Censi, classe 1924, salesiano, fondatore dell'Operazione Mato Grosso (Omg), movimento di volontariato italiano nato in Brasile, il 26 gennaio scorso ha compiuto 90 anni. Di recente, per motivi di salute, ha dovuto abbandonare la sua casa nel villaggio di Chacas, sulle Ande, a quasi quattromila metri di quota, e trasferirsi a Lima.

Proprio a Chacas, uno dei luoghi più poveri del Perù, ha deciso di fermarsi 40 anni fa, trasformando questo piccolo villaggio di poveri campesinos in un “mondo di pace e di lavoro, di solidarietà umana e di creatività artistica”, come l'ha definito il premio Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa. “Ho scelto la missione di Chacas perché ero nato in montagna e volevo morire in montagna”, ama ripetere da buon valtellinese “doc” (Jesus, febbraio 2014).

In una lettera ai suoi amati volontari ha scritto: “Sono sceso dalle montagne, dalla Cordillera. Ho lasciato lassù le pecore con altri pastori, ho lasciato il mio mestiere di pastore e sono qui a cucire le reti, i rapporti con quelli che attraversano l'oceano per venirci a trovare. Faccio fatica a camminare, ho i piedi nella sabbia: sprofondo. Quando verrà un'onda violenta mi porterà via, in alto mare” (Credere, 2 febbraio).

“Sono nato con la veste, io – continua –. Fin da bambino ho sempre avuto il desiderio di farmi prete. Il desiderio del sacerdozio me l'hanno inculcato le suore dell'asilo. La voglia di fare il prete è cresciuta insieme con la paura della morte. La morte, l'inferno e il paradiso: le verità fondamentali cristiane le ho assorbite senza fatica. Non ho avuto nessuna difficoltà a credere, da piccolo”.

“Ho conosciuto don Bosco nei racconti dei Salesiani. Mi ci immedesimavo. Ero un ragazzo giocherellone, semplice, distratto buono: non conoscevo manco il peccato. Leggevo i romanzi dei missionari e m'incantavano. Per me diventare prete era seguire don Bosco. A sedici anni mi hanno messo la veste talare. Ero un ragazzo che viveva solo di sogni”.

Subito dopo l'ordinazione sacerdotale, padre Ugo viene inviato al riformatorio di Arese, vicino a Milano. “Poiché il mio carattere era un po' strano e coraggioso mi hanno messo con i ragazzi difficili”, racconta. “E lì ho imparato molto sulla vita”. Poi la scoperta di cosa non andava negli oratori: “La mia fede semplice, quella da bambino, se ne stava andando: mi sono trovato a non credere più. Avevo incamerato tutte le parolacce dei ragazzi difficili, tutta la loro rabbia, la loro violenza, tutta la rivoluzione giovanile. Senza accorgermene avevo bevuto tutto questo, e mi aveva avvelenato” (Credere, 2 febbraio).

Di lì la scoperta: “L'unica cosa che rimane a un uomo che vuole fare qualcosa di buono, è questo: vivere la carità, dare via un po' di soldi e un po' di tempo”. E questa è l'Operazione Mato Grosso nata nell'estate del 1967 un po' per caso, come nascono tante avventure, dal coraggio di una ventina giovani partiti in missione alla volta di Poxoréu, nello Stato brasiliano del Mato Grosso, per aiutare con campi di lavoro il padre salesiano Pedro Melesi. Il fuoco era ormai divampato e in un batter d'occhio l'Omg aveva preso piede in Brasile, Perù, Bolivia ed Ecuador. Oggi l'Ogm conta circa 85 missioni in Sud America e circa 2.000 volontari in Italia.

Una delle caratteristiche dell'Omg è la presenza di intere famiglie di volontari che si trasferiscono a vivere qui con i figli. Alcuni addirittura sono nati in Perù e parlano il quechua come dei nativi. E a Chacas hanno dato vita a una piccola rivoluzione: hanno costruito due centrali idroelettriche; una scuola per la formazione delle guide locali alpini e alcuni rifugi d'alta quota per promuovere in Italia il turismo sostenibile nella regione andina di Ancash; un laboratorio di sartoria femminile; un alpeggio d'alta quota per la produzione del formaggio; e poi ancora un ospedale per anziani e malati terminali del villaggio di Pomallucay oppure la casa di ricovero per bambini con deficit mentali di San Luis.

“La cosa più bella – confessa però padre Ugo – è quando un ragazzo ti lascia vedere la sua anima, quando, come folgorato, si converte e mi dice: voglio dedicare la mia vita ai poveri, a Dio” (Credere, 2 febbraio). Sognatori, idealisti per alcuni per altri apostoli di una nuova umanità.

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