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San Francesco Saverio, patrono delle missioni

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Aleteia - pubblicato il 03/12/14
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Una delle più grandi figure del 1500 e della storia della Chiesa modernaSan Francesco Saverio è considerato il più grande missionario dell'epoca moderna. Spinto dall’ardente desiderio di diffondere il Vangelo, entrò in contatto con le grandi culture orientali, comunicando con genialità le Sacre Scritture e testimoniando la presenza del Signore alle popolazioni locali. 

Francesco Saverio è stato proclamato santo il 12 marzo del 1622 insieme al suo grande amico Sant'Ignazio di Loyola. Nel 1904 è diventato Patrono dell’Opera di Propagazione della Fede e nel 1927 Patrono delle Missioni insieme a Santa Teresa di Lisieux. Ma già nel lontano 1748 era stato dichiarato Patrono dell’Oriente. Oggi è una delle più grandi figure del 1500 e della storia della Chiesa moderna.

Le origini
Nasce nel 1506, nel castello di Xavier, da famiglia nobile. Nonostante le origini regali Francesco non sarebbe diventato un grande uomo politico come suo padre (era presidente del Consiglio reale di Navarra), né un guerriero come i suoi fratelli maggiori, ma un semplice missionario destinato a cambiare il mondo.

L'incontro con Sant'Ignazio
Nel 1525 si reca a Parigi, si laurea in Lettere e comincia la carriera accademica. Proprio qui conosce Ignazio di Loyola, altro spagnolo in trasferta a Parigi per studi. L’incontro voluto dalla Provvidenza si rivela decisivo per la sua vita. Egli stesso lo scrive in una lettera: “Quale grazia Nostro Signore mi ha fatto nell’aver conosciuto il signor Maestro Ignazio”. Ignazio aveva 15 anni più di lui, quindi più maturo di anni, più esperto della vita e più avanti nel cammino spirituale: si era già “convertito” a Gesù Cristo.

La Compagnia di Gesù
Dopo lunghe conversazioni con Ignazio nel 1533 avviene la “conversione” definitiva di Francesco a Gesù Cristo. Continua inoltre a far parte di quel gruppo di “ignazisti” che nel 1534 a Montmartre emettono i voti religiosi: è il primo nucleo della Compagnia di Gesù, chiamati poi Gesuiti. Diventato sacerdote a Venezia nel 1537, e dopo un po’ di apostolato nelle città di Vicenza e di Bologna, diventa segretario di Ignazio di Loyola per il biennio ’39-’40. Poi la svolta radicale, che segna per sempre la sua vita. Nel 1540 Francesco accetta con entusiasmo di sostituire un missionario in partenza che si è ammalato. Il papa Paolo III lo nomina nunzio apostolico per le Indie. E da quel giorno il suo orizzonte diventa il mondo.

Arrivo in Oriente
Nel maggio del 1542 è a Goa, allora capitale delle colonie portoghesi dell’Oriente ma il suo primo lavoro missionario è nelle coste meridionali del subcontinente indiano e nell’isola di Ceylon. Lavora con dedizione e amore tra i pescatori di perle, convertiti da poco tempo, e privi di cure pastorali. Francesco ne impara la lingua, e gli istruisce scrivendo per loro un Catechismo.

Il fascino giapponese
Poi un altro incontro: nell’isola di Malacca Francesco Saverio conosce Yajiro, un ex pirata nipponico che gli fa una bellissima descrizione del Cipangu, cioè del Giappone. Gli racconta che i giapponesi, un popolo animato dal desiderio di imparare e dell’interesse anche per le cose religiose. Francesco ascolta tutte queste cose, sognando già il suo nuovo campo di apostolato. Voleva presto rispondere a questo desiderio dei Giapponesi di conoscere “cose nuove su Dio”.

"Amano le cose di Dio"
Il 15 agosto 1549 sbarca a Kagoshima insieme ad un suo compagno missionario e Yajiro che nel frattempo riceve il battesimo prendendo il nome di Paolo della Santa Fede e diventando suo interprete. Il primo approccio con i nuovi amici da portare a Cristo non è semplice. Ma i frutti di conversione arrivano e sono abbondanti e consolanti. Lui stesso scrive con entusiasmo ai Gesuiti di Goa questo bellissimo elogio dei Giapponesi di allora: “La gente con la quale abbiamo finora parlato è la migliore che abbia mai incontrato, e credo che tra gli infedeli non se ne troverà mai altra che superi i giapponesi. È gente sobria nel mangiare; molti sanno leggere e scrivere; hanno una sola moglie; pochi sono i ladri; amano ascoltare le cose di Dio”. Nel Giappone Francesco battezza più di mille persone. Riesce a formare delle buone comunità di cristiani, compatte e composte da tutte le classi sociali.

L'ultima meta: la Cina
Francesco però si sente obiettare così dal popolo giapponese: se nel cristianesimo c’è la verità come mai in Cina non ne sanno niente? Per i Giapponesi di allora la Cina è il paese guida, in tutto, dalle scoperte scientifiche alle ultime mode. Quindi deve conoscere anche il Cristianesimo se questo è la verità. Francesco non ci pensa due volte e decide di partire per la Cina. Così lascia il Giappone per far ritorno a Goa e qui preparare il viaggio. Dopo varie difficoltà arriva sull’isola di Sanchnan, proprio davanti alle coste cinesi. Ma qui, all'età di 46 anni, fa ritorno alla Casa del Padre. Il suo sogno di evangelizzare la Cina si ferma. Ma altri nel suo ricordo e seguendo il suo esempio, avrebbero ripreso l’idea e realizzato il suo "progetto di fede".

Modello San Paolo
Come si vede dal suo continuo peregrinare, Francesco non si è mai stabilito in modo permanente in nessun luogo di missione, proprio come San Paolo. E come l'apostolo delle genti ha iniziato il lavoro missionario più difficile, ossia seminare i campi di seme evangelico. Altri poi lo avrebbero coltivato e curato, altri ancora ne avrebbero raccolto i frutti.

Le fonti storiche provengono da santiebeati.it e da "Anche Dio ha i suoi campioni" di Mario ScuduEditrice ELLEDICI, Torino 2011. 

 

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