Il vescovo di Roma incontra i “suoi” preti in un dialogo a tutto campo. “Preti sposati? Un problema complesso”I preti sul pulpito non devono essere “showman” che parlano in modo sofisticato o abusano dei gesti, ma nemmeno devono spingere le persone ad approfittare dello spazio di una omelia noiosa per "andare fuori a fumare una sigaretta": come al solito la spontaneità di papa Francesco e le sue immagini efficaci catturano l’attenzione. Sono centinaia i rappresentanti del clero romano che lo ascoltano attenti nell’Aula Paolo VI del Vaticano in occasione del consueto appuntamento con il “proprio” vescovo di Roma all’inizio della Quaresima.
Nella sala stampa della Santa Sede vengono mandati in onda i primi dieci minuti dell’incontro nel quale Bergoglio parla dell’ars celebrandi e della “sfida” dell’omelia, l’argomento proposto dalla diocesi. Racconta di episodi accaduti a lui a Buenos Aires quando degli amici lo avevano informato soddisfatti di aver trovato finalmente “una chiesa dove si fa la messa senza l’omelia” e di quando una nipote gli ha riferito arrabbiata di aver subito "una lezione di 40 minuti sulla Summa di san Tommaso" al posto dell’omelia.
Una sfida quotidiana, dunque, l’omelia per i sacerdoti, in bilico in un difficile equilibrio: “Quando un sacerdote celebra in modo sofisticato, artificiale, o abusa dei gesti da una parte e dall'altra, non è facile fare entrare" il fedele "nel mistero della fede. Se io sono eccessivamente rubricista e rigido, non va bene. E se sono showman non faccio entrare nel mistero". E poiché tutti hanno da imparare sull’argomento Bergoglio ricorda di essere stato lui stesso rimproverato, niente meno che da Ratzinger: “Nella plenaria del 2005, dopo l'esposizione, il card. Meisner mi ha rimproverato un po' alcune cose, forte, e anche l'allora card. Ratzinger mi ha detto che mancava una cosa importante dell'ars celebrandi, che era il sentirsi davanti a Dio, e aveva ragione, di questo io non avevo parlato".
Poi l’audio si interrompe perché è desiderio del papa poter parlare in libertà con i “suoi” sacerdoti. E sono questi, dopo, a raccontare la gioia di un incontro segnato soprattutto dalla grande umanità e disponibilità del pontefice a mettersi in gioco. Anche quando arriva, tra le domande non preparate – quelle di “routine” è il papa stesso ad invitare a metterle rapidamente da parte –, l’interrogativo sulla possibilità che i sacerdoti sposati dopo aver ottenuto la dispensa possano un giorno essere riammessi a celebrare la Messa. “E’ un problema di non semplice soluzione – ammette Bergoglio -. Non so se possa essere risolto”. A proposito degli eccessi liturgici è lo stesso Bergoglio a toccare un tasto dolente nella vita ecclesiale: “a volte i vescovi – ammette senza remore – sono presi dalla necessità di avere nuovi preti in diocesi” così che non operano un adeguato discernimento tra i candidati al sacerdozio e può accadere che dietro il ruolo assunto si nascondano “squilibri” che si manifestano in modo particolare proprio nelle liturgie. Ci sono stati almeno tre casi quest’anno in cui si è intervenuti, riferisce il papa, sebbene non in Italia.
Ma come deve essere questa “benedetta” omelia, in sintesi? “Preparata – sintetizza il parroco padre Giuseppe all’uscita dall’aula Paolo VI -. Il papa ha raccomandato di farla maturare attraverso la preghiera e di accogliere anche i suggerimenti che arrivano dall’esterno. Se l’omelia è ben fatta, ha detto, magari riesce a far fermare in chiesa chi è abituato ad andare fuori a fumare, soprattutto in occasione dei matrimoni o dei funerali”. “L’omelia – aggiunge don Raffaele, stimmatino veronese “prestato” alla diocesi di Roma – deve nascere da una settimana di vita e dalla vita della gente che si è incontrata. Altrimenti è facile mettere se stessi davanti, più che la Parola meditata”.
Non si è fatto cenno al "Direttorio omiletico" appena pubblicato dalla Congregazione per il culto divino e nemmeno al testo dell’"Ars celebrandi" firmato dallo stesso Bergoglio che era stato inviato a tutti i sacerdoti insieme alla convocazione per l’incontro. Però il papa ha suggerito due piccoli testi “che mi hanno fatto tanto bene” e che possono essere d’aiuto: “Nuovi apporti alla teologia della predicazione” (Università Gregoriana, 1963) del gesuita Domenico Grasso e “La teologia della predicazione” (Morcelliana, 1958) di Hugo Rahner (“da non confondere con Karl Rahner”, ha raccomandato Francesco).
“Nell’omelia – questo è ciò che ha colpito don Carlo – occorre entrare nella dimensione della festa ma anche saper piangere per i problemi della comunità”. Tra il clero romano, molti sono i sacerdoti stranieri che prestano servizio nella capitale per motivi di studio o in forza alle congregazioni religiose a cui sono affidate alcune parrocchie. Don Karim, di origine iraniana, è colpito “dalla grande umiltà con la quale Francesco parla al cuore della gente e ci invita a fare lo stesso. Nell’omelia non bisogna né falsificare Dio né mettere noi stessi al primo posto per portare la gente ad incontrare il Mistero”. Il pontefice ha anche sottolineato che “se un sacerdote non ha un rapporto autentico con la Madonna, non può esserci nemmeno un rapporto sincero con la Chiesa e con la gente perché la Madonna è il tramite per incontrare Cristo, è lei che favorisce un incontro di vita”. “Certo non è facile – ammette – ma il papa ci incoraggia molto”.
“Recuperare il fascino della bellezza, lo stupore, sia di chi celebra sia della gente”: questo è il consiglio di papa Francesco “rubato” dai microfoni aperti. “Quando noi preghiamo – ha detto il papa – sentiamo lo stupore, che è il sentimento dell’incontro, quello che hanno sentito gli apostoli quando sono stati invitati, chiamati. Quello stupore che attira e ci lascia in contemplazione”.