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Putin accusa la Turchia: “Compra il petrolio dall’Isis”

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Agi - pubblicato il 01/12/15
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A margine della Cop21 che si svolge a Parigi, la tensione tra Russia e Turchia aumentaA Parigi si parla di clima, ma dietro le quinte sono ancora la Siria e la tensione tra Ankara e Mosca a tenere banco. Vladimir Putin sceglie la capitale francese per accusare Recep Tayyp Erdogan di fronte ai grandi del mondo: “Ha fatto abbattere il nostro aereo per difendere i propri traffici petroliferi con lo Stato islamico”. Al presidente turco resta il sostegno formale della Nato, e la sensazione di essere messo all’angolo da una timida intesa tra il capo del Cremlino e Barack Obama sulla necessità di un “avanzamento di una soluzione politica” alla crisi siriana.

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L’accusa del capo del Cremlino arriva al termine di una giornata in cui Ankara non ha voluto di scusarsi per quanto accaduto al confine tra Turchia e Siria e ha anzi chiesto a Mosca, con il premier Ahmet Davutoglu, di ritirare le sanzioni seguite all’incidente. Gli ha risposto da Mosca Dmitri Medvedev: “La nostra risposta e le azioni necessarie che abbiamo preso sono volte a garantire la sicurezza alla nostra gente e una reazione al comportamento aggressive della Repubblica turca. Le misure speciali toccheranno una gran parte delle relazioni economiche”, ha riconosciuto il premier, assicurando che il governo sta procedendo con pragmatismo facendo in modo che le conseguenze maggiori siano sentite dalla parte turca e “tocchino solo in modo minimo” gli interessi economici russi. A detta di Medvedev, la lista delle misure restrittive contro Ankara puo’ essere estesa ulteriormente qualora fosse necessario. Allo stesso tempo, il premier russo ha incaricato il governo di contattare i paesi partner dell’Unione economica eurasiatica perche’ collaborino con la Russia per evitare che si aggirino le limitazioni al trasporto e all’import dalla Turchia con particolari triangolazioni.
Non solo. Mosca, che sottolinea minacciosamente di aver equipaggiato diversi caccia in Siria con missili aria-aria, fa sapere di aver consolidato legami con due grandi nemici di Erdogan: i curdi e Benjamin Netanyahu. Il Vladimir Putin che non vuol vedere il presidente turco a Parigi, infatti, e’ lo stesso che insieme al premier israeliano sottolinea il “coordinamento militare” tra i due paesi, necessario a evitare “inutili incidenti” durante le operazioni militari in Siria.
Tocca, invece, al vice ministro degli Esteri russo, Mikhail Bogdanov, definire “amici” il Kurdistan sirano e iracheno. “Noi manteniamo buoni rapporti con i nostri amici curdi in Iraq e in Siria, e continueremo a rimanere in contatto con loro”, ha affermato Bogdanov, che e’ anche rappresentate speciale di Putin per il Medio Oriente e l’Africa. “Condividiamo il principio secondo cui i curdi”, ha proseguito, “debbono essere parte integrante di tutti gli sforzi per consolidare l’opposizione in una piattaforma democratica”, destinata a partecipare al dialogo per il superamento dei conflitti in atto nei due Paesi.
Ankara, pero’, resta un partner fondamentale nella coalizione contro il terrorismo internazionale. Il Dipartimento di Stato americano suggerisce l’urgenza di una “de-escalation” della tensione tra Turchia e Russia, pur affermando che i jet di Mosca violarono lo spazio aereo turco. Per Washington, inoltre, i russi stanno “intensificando” i raid contro l’Isis, cosi’ come vorrebbe la Francia: “Non vi puo’ essere alcuna possibile ambiguita’ sugli obiettivi da perseguire. Deve trattarsi soltanto della distruzione del Daesh”, ha messo in guardia il portavoce del ministero degli Esteri, Romain Nadal, usando l’acronimo in lingua araba equivalente a Isis. Malgrado l’inedita ‘alleanza’ formalmente allacciata in funzione anti-Isis, non e’ la prima volta in cui la questione jihadista suscita polemiche tra i due Paesi. Nadal alludeva in particolare ai bombardamenti di Mosca contro i moderati ribelli siriani di etnia turcomanna, sostenuti dalla Turchia e accusati di essere coinvolti nell’abbattimento di un caccia russo da parte di aerei da guerra di Ankara. Un altro nodo resta, infine, e riguarda Bashar Assad. Putin e Obama, guardandosi di nuovo negli occhi dopo il G20 di Antalya, ne hanno parlato. Per Il presidente americano, il capo di Stato siriano “deve lasciare il potere”. Il capo del Cremlino rinvia a Vienna, al prossimo vertice dei ministri degli Esteri: “Li’ troveremo punti di convergenza”.

 

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