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La Porta Santa di Istanbul sul confine del dialogo

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 08/12/15
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Nella Cattedrale dello Spirito Santo si apre il Giubileo della Misericordia a un anno dalla visita di papa Francesco e nel segno dell’ecumenismoDalla strada la cattedrale cattolica dello Spirito Santo di Istanbul nemmeno si vede. La legge in Turchia prescrive che gli edifici di culto non affaccino direttamente sulla strada. Così i fedeli si raduneranno nel cortile davanti e con le fiaccole in mano attraverseranno la porta centrale che dalla sera dell’ 8 dicembre e fino al 20 novembre del 2016 sarà la Porta santa della diocesi aperta sull’anno santo straordinario per la celebrazione della misericordia di Dio.

La stessa Porta santa per tutti i cattolici: armeni, siriaci, caldei e di rito latino. Tutti insieme perché l’unità della Chiesa sia visibile, come ha chiesto papa Francesco nella sua visita di un anno fa. Non è solo una questione di numeri – i cattolici in Turchia sono una piccola parte di un insieme di cristiani che comprende tra 100 mila e 150 mila persone, cioè lo 0,15% della popolazione – ma di mettersi sulla strada indicata da Bergoglio. “E’ un segno importante – spiega il francescano p. Anton Bulai, segretario generale della conferenza episcopale turca e delegato per i rapporti con il Vaticano a proposito del Giubileo – perché significa tornare a riunirsi dove abbiamo celebrato insieme, facendo unità nello Spirito Santo”.

Solo lo Spirito Santo – aveva detto papa Francesco il 29 novembre 2014 – può suscitare la diversità, la molteplicità e, nello stesso tempo, operare l’unità. Quando siamo noi a voler fare la diversità e ci chiudiamo nei nostri particolarismi ed esclusivismi, portiamo la divisione; e quando siamo noi a voler fare l’unità secondo i nostri disegni umani, finiamo per portare l’uniformità e l’omologazione. Se invece ci lasciamo guidare dallo Spirito, la ricchezza, la varietà, la diversità non diventano mai conflitto”.

All’apertura della Porta Santa sono stati invitati anche i cristiani ortodossi, aggiunge p. Bulai “per farli partecipi di questo evento della Chiesa cattolica”. Un evento che assume un significato ecumenico particolare nel ricordo di quanto accadde proprio 50 anni fa alla chiusura del Concilio ecumenico Vaticano II.

 

Il 7 dicembre 1965 venne letto contemporaneamente a Roma e al Fanar, cioè la sede del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, il testo della dichiarazione comune che eliminò dopo quasi mille anni le rispettive scomuniche del 1054. Dopo la lettura del documento, in Vaticano, ci fu un abbraccio di Paolo VI con il patriarca Melitone che rappresentava il patrirca Athenagoras, mentre scattava il più lungo applauso del Concilio Vaticano II.

Per tutta la durata dell’anno santo, i gruppi e le comunità parrocchiali di Istanbul si organizzeranno per il passaggio della Porta santa nella cattedrale, dove troveranno la preghiera del Giubileo che è stata tradotta in turco. “In una città cosmopolita come Istanbul – sottolinea p. Bulai – anche gli ospiti e i turisti potranno, se vorranno, passare attraverso la Porta santa che è indicata sul sito del Giubileo www.im.va e trovare qui la possibilità di pregare nella propria lingua”.

“L’anno santo – conclude p. Bulai – deve essere l’occasione per poter avviare una riflessione comune con i musulmani sul concetto di misericordia. L’Islam, così come il cristianesimo, conosce Dio misericordioso e questa attitudine deve esprimersi anche nei nostri rapporti interpersonali”.

 

Ad accogliere i pellegrini nella cattedrale dove celebrava la Messa Angelo Roncalli, il futuro san Giovanni XXIII, delegato apostolico di Turchia e Grecia tra il 1934 e il 1944, ci sarà il parroco, don Nicola Masedu, salesiano di origine sarda. E’ a Istanbul da 5 anni dopo essere stato missionario in Iran, a Betlemme e nel golfo Persico. L’anno scorso è stato lui ad accogliere papa Francesco, un evento che resta sempre vivo nella memoria della comunità: “anche qualche giorno fa – racconta –celebrando un matrimonio il 29 novembre ho augurato agli sposi che quel giorno fosse per loro indimenticabile come la visita di papa Francesco”.

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