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Un vero pellegrinaggio dovrebbe costarti

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Robert McTeigue, SJ - pubblicato il 15/01/16
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E più del prezzo di una vacanza a tema religioso“Andiamo in pellegrinaggio!”

Queste parole vi riempiono di gioia o di paura?

La tradizione di recarsi in uno dei grandi luoghi di pellegrinaggio cristiani (Roma, Gerusalemme, Lourdes o Fatima, ad esempio) può suscitare facilmente immagini esaltanti e sentimenti religiosi. Pensateci! Avere il coraggio di lasciarsi dietro tutto e tutti. La generosità di interrompere la propria vita ordinaria. L’umiltà di accettare gli inconvenienti, la fame – forse anche il pericolo! Non sarebbe splendido essere una persona con queste virtù? E chi potrebbe resistere se la prospettiva di un pellegrinaggio fosse questa?

Poi ci sarebbero le ricompense del ritorno a casa, dopo aver completato un’odissea che anime meno coraggiose potrebbero solo sognare. Ricevereste l’accoglienza riservata a un eroe. La gente non vedrebbe l’ora di ascoltare le vostre avventure, le difficoltà sopportate e l’estasi religiosa. Mentre le persone vi implorerebbero di commentare le foto che avete scattato lungo il percorso (i vostri post su Facebook non potrebbero rendere giustizia!), i più perspicaci tra i vostri amici noterebbero che siete diversi.

Qualcosa in voi è cambiato. Le persone notano il vostro sguardo lontano occasionale – come se steste ancora vedendo qualcosa che ora è molto distante seppur sempre presente. Potrebbero notare che ora parlate in modo più consapevole di cose profonde e importanti. Alle vostre spalle, la gente sussurrerebbe parole come “saggio” e “santo”, e voi fareste del vostro meglio per non farci caso.

Prendere semplicemente in considerazione un pellegrinaggio mentre ci si godono tutti i comfort di casa potrebbe favorire questi voli di fantasia, ma pensieri simili sono solo questo – fantasie. Un uomo saggio una volta ha osservato che “niente incoraggia tanto le false speranze come le prime sei ore di una dieta”. Lo stesso saggio potrebbe anche dire che niente provoca tanti voli pindarici quanto riflettere sulle glorie e sulle grazie di un pellegrinaggio.

Vi prego di non fraintendermi. In un pellegrinaggio si ritrovano sicuramente glorie e grazie, ma un vero pellegrinaggio (opposto a uno solo immaginato, o a una vacanza a tema religioso mascherata da pellegrinaggio, che potrebbe essere anche peggio) implica sempre costi e rischi. Per costi intendo più di inconvenienti e spese. Per rischi intendo più delle possibilità di rimanere delusi, feriti o addirittura di perdere la vita – possibilità che si presentano ogni volta che si viaggia per qualsiasi spostamento e qualsiasi obiettivo.

I costi e i rischi a cui penso vanno al di là di tutto questo. I costi includono il fatto di lasciar andare il proprio familiare mentre è in pellegrinaggio, e di farlo nella speranza che sarà “sminuito” in importanza da un incontro con il divino durante il percorso e una volta giunto nel luogo santo.

I rischi di un vero pellegrinaggio includono la possibilità auspicata di diventare incapaci di dimenticare che tutta la vita umana è un pellegrinaggio – che stiamo tutti sempre e già morendo mentre attraversiamo il tempo verso l’eternità.

Un vero pellegrinaggio ci tratterrà dalle illusioni che questa vita sia la nostra vera dimora e che possiamo prevenire in modo indefinito il giudizio di Dio. In altre parole, un pellegrinaggio è una preparazione per la perdita di questa vita, e per entrare nella vita eterna.

Nella sua autobiografia, Sant’Ignazio di Loyola si riferiva a se stesso solo come a “il Pellegrino”. Il suo desiderio dopo la conversione era recarsi in Terra Santa. Ha raggiunto la destinazione ma non gli è stato permesso di rimanere quanto avrebbe desiderato. Ha deciso di tornare. Dopo la sua ordinazione voleva recarsi nuovamente in pellegrinaggio a Gerusalemme, ma una guerra ha reso il viaggio impossibile.

Sant’Ignazio era un tipo raro di pellegrino per due motivi: in primo luogo perché quando è andato in pellegrinaggio ha rinunciato ad ogni attaccamento alla sua vita precedente. Ha rinunciato alla sua identità, alle sue ambizioni e ai suoi possedimenti. Non ha lasciato niente da cui tornare ed è partito come un uomo che non si aspettava di tornare. Quanto era diverso dalla maggior parte dei pellegrini, che aspettano e desiderano tornare a ciò che è caro e familiare alla fine del proprio viaggio!

L’altro motivo per cui Sant’Ignazio era diverso dalla maggior parte dei pellegrini è che anche se ha vissuto gli ultimi 15 anni della sua vita in una città si riferiva a se stesso ancora come a “il Pellegrino”.

Cosa possiamo dedurre da questi due elementi, e come possono illuminare la nostra vita?

Da Sant’Ignazio possiamo imparare che le persone umane sono per definizione dei viandanti, persone sulla via che va dalla nascita alla morte verso la vita eterna. Essere umani è passare attraverso questo mondo, e non porteremo niente e nessuno con noi quando ce ne andremo. Al di sopra di tutto, l’esempio di Sant’Ignazio ci insegna che un discepolo fedele di Cristo è il vero pellegrino, perché il discepolo fedele risponde alla chiamata del Signore di lasciarsi il mondo alle spalle e di seguirlo verso la casa di nostro Padre, che è la nostra unica vera dimora.

 

Padre Robert McTeigue, S.J. è membro della provincia del Maryland della Compagnia di Gesù. Docente di Filosofia e Teologia, ha una lunga esperienza in direzione spirituale, ministero di ritiri e formazione religiosa. Insegna Filosofia presso la Ave Maria University ad Ave Maria, Florida, ed è noto per le sue lezioni di Retorica ed Etica Medica.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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