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Chi è il pittore citato da papa Francesco nel parlare della Cina?

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 11/02/16
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L’incontro con la millenaria cultura cinese è un obiettivo perseguito da secoli dalla Compagnia di GesùQuando si parla di Cina a tutti viene in mente Matteo Ricci e la capacità del grande gesuita della seconda metà del 1500 di entrare in dialogo con l’antichissima e raffinata cultura cinese, in uno scambio fecondo tra Oriente e Occidente. Anche papa Francesco, nell’intervista pubblicata il 2 febbraio su “Asia Times” a proposito della Cina, ha affermato di aver approfondito la figura di Ricci che ha saputo incontrare “questa grande cultura, questa saggezza secolare”. Il pontefice, nell’intervista, ha aggiunto di aver apprezzato i dipinti di un artista che aveva anche lui “il virus gesuita”: “Giuseppe Castiglione – ha detto Francesco – sapeva come esprimere bellezza, l’esperienza dell’apertura nel dialogo: ricevere da altri e dare qualcosa di se stessi su una lunghezza d’onda ‘civilizzata’, delle civiltà”.

Ma chi era Giuseppe Castiglione?

Quando morì, all’interno della Città proibita di Pechino, dove aveva vissuto ininterrottamente per 51 anni, l’imperatore Ch’ieng-lung dispose che si dessero “300 once d’argento del tesoro imperiale per finanziare i suoi funerali onde dimostrare la nostra profonda simpatia” e lo promosse mandarino di seconda classe. Qualche anno prima l’imperatrice madre, la quale altrimenti non avrebbe potuto farsi ritrarre da lui, aveva fatto pressioni perché fosse promosso mandarino di terza classe.

Il nome di Giuseppe Castiglione, gesuita, pittore e architetto, nato a Milano nel 1688 e morto a Pechino nel 1766, giunto alla corte dell’imperatore cinese K’ang-hsi seguendo la strada aperta dal celebre confratello Matteo Ricci e qui rimasto come artista di corte di due successivi imperatori, non dice molto alla maggioranza degli italiani. Ma la memoria di Lang Shih-ning, “Pace del mondo”, il nome cinese di Castiglione descrittivo del suo carattere mite e gentile, lo scorso aprile ha tenuto in casa, per guardare un docu-film sulla sua vita, 360 milioni degli abitanti del Celeste Impero di un tempo, che hanno bene in mente una delle opere più celebri del pittore gesuita: Cento cavalli eccellenti.

A Pechino Castiglione, che aveva lasciato eccellenti prove di pittura barocca italiana nelle chiese della Compagnia di Gesù, imparò a dipingere ad acquerello e inchiostro di china, su carta e seta, soggetti che gli venivano imposti dall’imperatore. Il suo stile originale di pittura, che unisce tecnica occidentale e orientale, gli ha meritato un posto in tutti i libri scolastici del mondo cinese, dalle scuole elementari all’università.

 

Shi-ning non ha rivali nell’arte del ritratto” scrive in una poesia l’imperatore Ch’ien-lung alludendo alla numerosi serie di ritratti degli imperatori, delle mogli e delle concubine e di altri personaggi della corte dipinti da Castiglione. Quando nei mesi estivi, la corte si trasferiva a Jehol, tra le montagne della Manciuria, il gesuita ritraeva generali, scene di combattimento e le famose serie di cavalli.

L’imperatore affidò a Castiglione la progettazione e il completamento delle fontane e delle decorazioni dei padiglioni in stile occidentale all’interno dei giardini del Vecchio Palazzo estivo che realizzò insieme a un team di artisti occidentali, tra cui l’architetto francese Michel Benoist, anch’egli gesuita. Purtroppo i padiglioni furono distrutti dalle truppe anglo-francesi nel 1860.

Tutta la multiforme attività artistica di Castiglione, orientata allo sforzo di una inculturazione nella società cinese, era diretta alla possibilità di aprire nuove vie all’azione di evangelizzazione della Compagnia di Gesù. Oggi i suoi capolavori sono conservati nei musei imperiali di Pechino e Taipei.

Il docu-film “Giuseppe Castiglione in Cina. Pittore imperiale, umile servo” (il trailer in apertura dell’articolo), prodotto dai gesuiti di Taiwan, è stato trasmesso in Italia da Tv2000 il 30 settembre 2015.

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