A Cuba il peso della storia e della politica mondiale nell’abbraccio tra la Chiesa di Roma e quella di MoscaPrima la divisione tra i cristiani di Oriente e Occidente, poi la nascita dei vari patriarcati ortodossi insieme all’affermarsi dei nazionalismi europei, e quindi le guerre mondiali e le rivoluzioni locali, il volgere delle dinastie e dei principati, il triste dominio dei totalitarismi: mentre volavano le pagine di storia, sono trascorsi mille anni prima che il capo della Chiesa di Roma e quello della Chiesa di Mosca riuscissero a trovare una data e un luogo possibile per incontrarsi. A Cuba, un’isola dove si incrociano significati e appartenenze. L’accelerazione – se letta in termini di secoli – è arrivata negli ultimi 50 anni con il tormentato e discontinuo dialogo ecumenico nato al Concilio Vaticano II con la presenza degli osservatori delle chiese ortodosse all’incontro dei vescovi cattolici del mondo. Un secolo, invece, è stato necessario ai 14 patriarcati ortodossi per decidere di trovarsi insieme a Creta nel giugno prossimo, un evento sul quale avrà sicuri riflessi l’incontro tra Francesco e Kirill, come spiega don Stefano Caprio, uno dei primi sacerdoti cattolici ad arrivare in Russia nel 1989 e oggi docente del Pontificio istituto orientale di storia e di cultura russa.
Quanto è importante l’incontro tra Kirill e Francesco?
Caprio: L’importanza storica di questo evento è enorme. La Chiesa russa è nata, come le altre chiese slave, in funzione di ponte tra Oriente e Occidente e quando il patriarcato di Costantinopoli era finito sotto il dominio dei turchi ottomani, quella russa rappresentava l’unica chiesa libera in grado di portare avanti la tradizione dell’Oriente. Si tratta di un incontro desiderato da tanto tanto tempo e costruito nel secolo scorso attraverso molteplici rapporti, soprattutto in occasione del Concilio Vaticano II che fu un grande momento di vicinanza quando i russi vennero a Roma insieme agli altri ortodossi. E’ da allora che si attendeva questo incontro. Oggi esistono delle ragioni di attualità – la difesa dei cristiani in Medio Oriente, la posizione di fronte alle crisi nel mondo, la crisi morale prodotta dalla globalizzazione – che richiedono una maggiore unità operativa e pastorale e questo credo sia l’interesse di papa Francesco: mettere da parte le teorie e unirsi nella pratica.
Perché c’è voluto un millennio per questo incontro?
Caprio: E’ passato un millennio perché la chiesa russa non hai mai avuto in questi mille anni un’autorità in grado di essere interlocutore del papa in senso propriamente ecclesiale. E’ stata dominata dagli zar o da patriarchi ed ecclesiastici troppo condizionati dalla politica. Oggi Kirill vorrebbe presentarsi come il vero rappresentante del cristianesimo russo che incontra il rappresentante del cristianesimo occidentale. Per Kirill -primo patriarca post-sovietico-, papa Francesco – primo papa non europeo -, è un interlocutore privilegiato. Da parte sua la Santa Sede sta perseguendo una nuova Ostpolitik aprendo ai rapporti con tutto il mondo, compresa la Russia, con la quale c’è stato sempre un rapporto pure in epoca sovietica, e la Cina.
Il rapporto tra Francesco e Bartolomeo, il patriarca di Costantinopoli, è più facile?
Caprio: Il patriarca di Costantinopoli è fin dall’antichità il naturale interlocutore della Chiesa di Roma: il primo dei patriarchi dell’Oriente con il patriarca dell’Occidente. E’ stato così da sempre, nonostante i litigi medievali, gli scismi, gli eventi storici. Un rapporto che si è intensificato nella stagione dell’ecumenismo aperta dal Concilio Vaticano II: nel 1964 il patriarca Atenagora ha abbracciato Paolo VI a Gerusalemme e hanno cancellato le reciproche scomuniche. Da allora Costantinopoli e Roma sono sempre in contatto: visite regolari e fraterne. E c’è anche un motivo in più per questa vicinanza: Bartolomeo è considerato da tutti il “patriarca verde”, a causa della sua preoccupazione per l’ecologia e la tutela del creato, un tema che adesso lo avvicina a Francesco. Kirill, con l’incontro di Cuba, vuole far capire che anche lui non è tagliato fuori.
Perché a Cuba?
Caprio: Cuba è l’unico paese dove potevano incontrarsi il papa di Roma e il patriarca di Mosca perché è un paese cattolico dal punto di vista della tradizione religiosa ed è uno degli ultimi paesi comunisti, quindi filo-russo per tradizione politica. E’ un paese dove sia i cattolici che i russi si sentono a casa propria: “cattolica, ma nostra” dicono i russi di Cuba, in quanto fuori dal sistema capitalista. In Europa, al contrario, ci sono le memorie dei conflitti storici; l’America del nord, con gli Stati Uniti, rappresenta da sempre il nemico della Russia; l’America del sud è troppo vicina a papa Francesco, mentre lo è di meno l’America centrale; l’Asia non è territorio di nessuno: se non a Cuba, avrebbero potuto incontrarsi solo su un atollo del Pacifico…
Molti dicono che dietro questo incontro ci sia il presidente russo Putin: è così?
Caprio: In Russia sono tutti convinti che l’incontro sia stato deciso da Putin, ma i rapporti tra Kirill e il presidente russo sono difficili da definire. All’epoca della dissoluzione dell’impero sovietico Putin ha visto nella Chiesa l’unica realtà organizzata che potesse salvare i valori morali alla base dell’Unione sovietica. La sua politica nazionalista è stata ispirata dall’ortodossia e da Kirill che dava la linea sul piano dei valori. Però oggi si è trasformata in un radicalismo che il patriarca di Mosca non condivide. L’ortodossia di Putin ha una prospettiva imperialista mentre Kirill non vuole conquistare territori fuori dalla Russia; rivendica solo il diritto di seguire i propri fedeli dovunque si trovino. Entrambi hanno interesse alla revoca delle sanzioni, così che i russi prendano fiato dalla stretta economica che colpisce il Paese.
Quest’incontro è destinato ad avere ripercussioni sul Sinodo panortodosso di Creta: quali sono le prospettive?
Caprio: Il Sinodo panortodosso è un evento straordinario perché le chiese ortodosse che basano la loro concezione di chiesa sull’idea di concilio più che di primato, però non hanno mai fatto un concilio perché non hanno mai avuto un primate che lo convocasse e sono sempre rimasti impelagati in questa contraddizione. La Commissione per preparare il Sinodo panortodosso si insediò nel 1920. Da allora sono stati decisi solo i punti da discutere e oggi sono gli stessi del 1920: il digiuno, l’evangelizzazione, il rapporto con le altre chiese. Di fatto il secolo trascorso, ha portato l’ortodossia ad essere più conosciuta in Occidente. Il frutto che si aspetta dal Sinodo è che la chiesa d’Oriente abbia la forza di dire insieme: “Vogliamo annunciare il Vangelo nel mondo e lo vogliamo fare con la nostra tradizione”. Riguardo al resto c’è molta politica che purtroppo condiziona: il rapporto tra Mosca e Costantinopoli, la posizione degli ortodossi rispetto al Vaticano…
Come viene percepito Francesco dai russi?
Caprio: Papa Francesco è una personalità molto popolare e i russi lo apprezzano, così come era avvenuto con Giovanni Paolo II, a causa della loro rilevanza mediatica. Ai russi piace che il cristianesimo nel mondo sia propagandato da personaggi forti. Certamente è un vantaggio che venga dall’America latina perché non si è mai schierata contro i russi nella guerra fredda. Il suo modo, infine, di interpretare il papato, più umile, più disposto a rinunciare a tanti privilegi della carica di vescovo di Roma, è ben visto dagli ortodossi che apprezzano un pontefice che non pretende di imporsi sugli altri, ma vuole mettersi a servizio della comunione