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Il Vaticano aiutò la fuga dei criminali nazisti?

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 26/02/16
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Dieci anni di ricerca negli archivi di Italia, Germania, Croazia, Argentina e Stati Uniti portano a nuove verità

Niente di più di una “leggenda nera”, adattissima alla fantasia dei romanzieri, ma priva di riscontro nelle fonti storiche. E’ la tesi, diffusa nell’immediato dopoguerra e radicatasi nel tempo, di un coinvolgimento diretto della Chiesa – da papa Pio XII ai suoi più diretti collaboratori, dagli organismi umanitari alle diocesi e alle associazioni ecclesiali – nell’agevolare vie di fuga per i criminali nazisti dall’Europa liberata dagli Alleati. Si intitola “Oltre la leggenda nera. Il Vaticano e la fuga dei criminali nazisti” (Mursia) il libro di Pierluigi Guiducci, docente di Storia della Chiesa presso il Centro diocesano di teologia per i laici “Ecclesia Mater” della Pontificia Università del Laterano, frutto di dieci anni di lavoro negli archivi di 14 Paesi diversi.

La c.d. Rete Odessa avrebbe dovuto aiutare i nazisti a lasciare Germania, Francia, Croazia, Europa dell’est per imbarcarsi verso l’America latina, in particolare Argentina, Bolivia e Paraguay. Punto di snodo di questi itinerari erano i porti italiani di Genova e Napoli ed è qui che nasce l’ipotesi del coinvolgimento delle strutture ecclesiali impegnate nell’assistenza umanitaria alle centinaia di migliaia di profughi che si erano riversati in Italia dalle stesse zone.

“Occorre fare una distinzione – afferma Guiducci – tra la fuga dei criminali e quella dei profughi“.

Questi erano privi di tutto: vestiti, cibo, denaro, documenti. Molti di loro erano apolidi, perchè il territorio dal quale provenivano era passato sotto una diversa nazionalità. Verso questi uomini, donne, bambini segnati da vicende terribili e bisognosi di aiuto si profuse l’impegno delle organizzazioni umanitarie ecclesiali e non solo. “I criminali nazisti – prosegue Guiducci – avevano sia soldi che conoscenze. Non va dimenticato che fino al 1943 e all’armistizio con gli anglo-americani, l’Italia era stata alleata del Terzo Reich e quindi i nazisti potevano muoversi con relativa facilità sul territorio”. Le SS, inoltre, disponevano di una sezione specializzata per la preparazione di documenti: “Non avevano problemi ad assumere l’identità di un’altra persona, magari morta in un campo di concentramento”.

“I criminali nazisti – è la tesi di Guiducci – riuscirono a farla franca in molti casi, sia pure non sempre, perché si mescolarono ai profughi“. Senza più divisa, con documenti falsi, in compagnia magari di moglie e figli piccoli, sfuggirono ai controlli.

Controlli – e questo è un altro punto rilevante della ricostruzione storica – furono poco severi per un mix di ragioni, pratiche e politiche. Guiducci ha lavorato sui testi delle direttive indirizzate in quel periodo ai prefetti italiani a proposito dei profughi: “L’idea centrale era: mandarli via il più presto possibile. L’Italia bombardata del dopoguerra non ha le risorse per accoglierli e mantenerli”.

La “leggenda nera” dell’aiuto della Chiesa nella fuga dei criminali nazisti è servita anche a tenere in ombra le responsabilità degli Alleati in questa vicenda: “Gli Stati Uniti accolsero più di 2 mila nazisti utilizzandone l’intellighentia, tra l’altro, nel settore della missilistica e dell’intelligence“. Era mutato, infatti, il quadro politico: “La nascita della Cortina di ferro e l’inizio della Guerra fredda resero necessario l’impiego di spie da inviare in Unione Sovietica: chi meglio degli ex nazisti che conoscevano quei territori e ne parlavano la lingua?”.

“Ci fu un silenzio complice – sottolinea Guiducci nell’intervista ad Aleteia -: da un lato si portava in luce la Shoah, dall’altro si nascondevano i fascicoli degli eccidi nazisti negli ‘armadi della vergogna‘, girati verso il muro perché i resoconti non fossero trovati”.

Da fonti quali gli archivi dell’intelligence inglese, che aveva messo a punto una macchina per decrittare i messaggi segreti dei nazisti, non risulta nulla a proposito di una “strada dei monasteri”, cioè rifugi costituiti da parrocchie, conventi e istituti religiosi che avrebbero ospitato i criminali in fuga: “I criminali nazisti – afferma Guiducci – furono aiutati dai loro complici che non erano strutture cattoliche. Nei report dell’intelligence non emerge la citazione di nessun convento o monastero. Non si può escludere che qualche criminale vi abbia transitato, ma questo è diverso dal sostenere che siano stati luoghi che abbiamo protetto la fuga con la volontà di coprire dei criminali. Questo non risulta da nessuna parte”.

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