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Verso gli altari il cardinale Pironio, un amico per tutti

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 11/03/16
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Chiusa a Roma la fase diocesana della causa di beatificazione. Il ricordo di mons. Fernando Vergez

E’ sulla strada della santità degli altari il cardinale argentino più famoso della Curia romana prima di papa Bergoglio. Si è chiusa a Roma la fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione di Eduardo Pironio, nato nel 1920 nel paese “alla fine del mondo” da una famiglia di emigranti friulani. Paolo VI lo chiamò in Vaticano per guidare i religiosi nel dopo Concilio, gli anni in cui la Chiesa dell’America latina – di cui Pironio era stato a capo come presidente dei vescovi del Celam – aveva maturato “l’opzione preferenziale per i poveri”. Una scelta non solo teorica, come racconta ad Aleteia mons. Fernando Vérgez LC, Segretario generale del Governatorato del Vaticano e per 23 anni segretario personale di Pironio.

La scelta dei poveri

La sua opzione per i poveri – spiega Vérgez – non si limitava alla povertà materiale, ma come afferma il Vangelo ‘prima predicò il Regno e poi diede i pani’. Pironio si preoccupava della radice della povertà, cioè la malvagità dell’uomo. Questo, però, andava tradotto nella realtà e lo faceva attraverso l’atteggiamento con i poveri”. Il cardinale non lasciava a mani vuote nessun povero che lo avvicinasse e soprattutto si rivolgeva loro con cordialità, salutandoli nel tragitto che percorreva a piedi dalla piazza del Sant’Uffizio, dove abitava, alla Congregazione per i religiosi. Un affetto che i poveri riconoscevano e apprezzavano. E quando un vecchietto che faceva il parcheggiatore delle macchine espresse il proprio rammarico perché nel conclave che aveva eletto papa Albino Luciani, avrebbe preferito vedere scelto Pironio, il cardinale – che accompagnava la mitezza con l’ironia – commentò: “Vedi, i miei voti sono rimasti tutti fuori dal conclave…”.

I laici e le Giornate mondiali della gioventù

In seguito Giovanni Paolo II affidò al cardinale Pironio i laici, e in particolari i giovani, che incontrò con entusiasmo paterno a migliaia durante le Giornate mondiali della gioventù, fino a quella di Parigi del 1997 cui non poté partecipare perché già impedito dalla malattia che lo avrebbe portato alla morte l’anno successivo. La scelta del pontefice di dare a Pironio la presidenza del Pontificio Consiglio per i laici spostandolo dalla Congregazione per i religiosi dove era prefetto, fece parlare di incomprensioni tra i due e di una sorta di “riduzione” del ruolo del cardinale. Ipotesi decisamente smentita da Vérgez: “Non l’ho passata a un ruolo di ‘serie b’ – disse con chiarezza Giovanni Paolo II affrontando il tema in un pranzo con i collaboratori -. Ai laici serviva un pastore che infondesse un po’ di vita e per questo l’ho nominata”. “Si ricordi – concluse il papa -, che consegno nelle sue mani la parte più numerosa e sana della Chiesa”.

Bergoglio e la nostalgia per l’amico

“Ricordare Pironio, l’amico di Dio – ha detto durante una commemorazione nel 2002 l’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio – fa sentire nostalgia di non poter più contare qui sulla terra su quell’amico degli uomini e per tutti gli uomini. Ma è anche commemorare colui che lasciò alla chiesa di Gesù Cristo, il cammino dell’amicizia come mezzo per andare sicuri verso Dio con i fratelli“. E non sfuggono le somiglianze nella visione di Chiesa tra i due pastori. “E’ vero – afferma mons. Vérgez rispondendo alle domande di Aleteia che ritrovo in papa Francesco molti aspetti della visione di Chiesa del card. Pironio: l’idea di una Chiesa servidora, servitrice; il ruolo del popolo di Dio; l’atteggiamento verso i poveri”.

Magnificat

Nel suo testamento spirituale, dove ricorre per 13 volte la parola “Magnificat”, il cardinale Pironio ha scritto: “Ho voluto essere padre, fratello e amico dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, di tutto il popolo di Dio”. E il volto sorridente del cardinale argentino che aveva sempre tempo per tutti è forse il ricordo più vivo nella memoria di chi ha incrociato in terra il suo cammino verso la santità.

La sua porta era sempre aperta – ricorda con commozione il vescovo, accanto a Pironio per 23 anni -. Riceveva chiunque volesse parlargli e ascoltava, con una grande capacità di dialogo con tutti, dando coraggio. Tanta gente usciva piangendo da questi colloqui ringraziando per il conforto ricevuto. Non ha mai serbato rancore a nessuno. Ha perdonato sempre. Anche a chi sapeva che gli faceva del male o lo calunniava ha sempre aperto le mani”.

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