La bellezza è radicata nella persona unica che siamo fin dall’inizioLo scorso anno, Jamie Brewer è diventata la prima donna affetta dalla sindrome di Down a sfilare in passerella in un evento di moda. Era emozionata all’idea di ispirare altre donne ad “essere ciò che sono e a mostrare quello che sono”. Le sue parole mettono in discussione, perché indicano che la vera bellezza è una rivelazione di tutta la persona, non solo dell’apparenza esteriore. Jamie Brewer è una donna bellissima non solo per la sua bellezza fisica, ma anche perché sa chi è dentro.
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La sua storia mi ha ricordato il poeta Gerard Manley Hopkins, un amante leggermente eccentrico della bellezza naturale che ha vissuto e ha scritto in Inghilterra nel XIX secolo. Nelle sue poesie si meraviglia spesso della presenza di Dio in tutte le persone. In As Kingfishers Catch Fire, scrive che Dio è presente in ogni persona e che ci trova davvero amabili. Se sono tentato di giudicare se un’altra persona sia bella, se voglio sapere se sono bello, mi ricordo questa poesia di Hopkins, che crede che la risposta sia sempre un “sì” entusiasta perché Dio dimora in noi e brilla attraverso di noi.
È facile lasciarselo sfuggire e identificare la bellezza solo con attrici e modelle. Per tutta la nostra vita siamo stati condizionati dalla pubblicità e dalle aspettative culturali a considerare desiderabili certe caratteristiche fisiche come gambe lunghe, occhi da cerbiatto e simmetria del volto. La gente che non ha queste caratteristiche può comunque essere considerata attraente, ma in modo meno perfetto.
Quello che dimentichiamo, tuttavia, è che queste caratteristiche fisiche desiderabili non sono scolpite nella roccia. Oggi veniamo spinti ad andare in palestra per perdere peso, ma non molto tempo fa la cellulite era una cosa apprezzata. Ancor più di recente, prima che divenissero popolari le modelle magre, le donne “con le curve” come Marilyn Monroe erano considerate l’ideale.
E non dimentichiamo cosa succede quando tiriamo fuori i vecchi album scolastici e rabbrividiamo guardando la moda a livello di vestiario e di acconciature dell’epoca. Brucerei i miei album, ma servono da avvertimento alle generazioni future.
Le mode e gli ideali fisici sempre mutevoli sono una cosa, ma che dire di quelli di noi che non rientrano nel modello tradizionale di bellezza di nessuna epoca? E delle persone con handicap? O del fatto che solo quelli con un determinato reddito possono permettersi abiti di marca, costosi trattamenti estetici o le rate della palestra? Non siamo tutti uguali, e quindi se il nostro concetto di bellezza si basa su un ideale fisico ristretto la maggior parte di noi sarà tagliata fuori.
È per questo che la vita e le parole di Jamie Brewer colpiscono tanto. Non cammina sulla passerella cercando di adattarsi e di strizzarsi in un vestito pensato per qualcun altro. Non è neanche una rara eccezione che guarda caso è bella in modo non convenzionale. Dice che il suo vestito, realizzato per lei dalla stilista Carrie Hammer proprio per la sfilata, le si adatta alla perfezione. Sottolinea poi che ogni donna è diversa, dicendo che “molte donne hanno una personalità dalle numerose sfaccettature”. Il vestito è importante non perché sia la fonte della bellezza, ma perché aiuta a rivelare ciò che c’è dentro – una personalità unica, data da Dio, che indica la Sua presenza all’interno della persona.
La nostra cultura lotta costantemente con falsi ideali di bellezza, spesso confondendoli con la perfezione fisica o la sessualità manifesta. Quando facciamo questo, ci perdiamo la verità fondamentale che Dio è in tutti noi. Se mi concentro sulle mie imperfezioni fisiche, allora non sarò mai soddisfatto, la mia autostima può crollare pericolosamente o posso sviluppare un approccio negativo che mi fa perdere le gioie della vita. Posso anche sminuire altre persone splendide e amabili, il che mi farebbe trascurare la salda presenza di Dio intorno a me.
Sembra tuttavia che come società stiamo iniziando a capire che ogni persona è bella, fin dall’inizio. Ad esempio, lo Stato dell’Indiana ha approvato di recente una legge che difende i bambini con la sindrome di Down dall’essere abortiti in modo selettivo. Questi bambini sono belli come qualsiasi altro, e meritano amore. Alcuni bambini nascono con problemi di salute ancor più gravi che limitano la loro vita fuori dall’utero materno a poche ore, ma anche loro sono bellissimi.
E i bambini non sono gli unici ad essere splendidi. Dio brilla attraverso ciascuno di noi, dall’inizio alla fine. Ciò che siamo, con tutti i nostri piccoli vezzi e le nostre qualità che ci rendono unici, è infinitamente bello. Sono queste, infatti, le cose che amici e familiari dicono in genere di amare in noi, quelle che ci rendono attraenti agli occhi degli altri. Quando consideriamo una persona che amiamo davvero bella, stiamo rispondendo principalmente alla sua personalità.
Ancor di più, stiamo rispondendo a ciò che rivela la personalità – che ciascuno di noi è fatto a somiglianza di Dio. Non perché Dio, se potessimo vederlo, sarebbe il più bel modello di tutti i tempi, ma perché siamo Sue opere d’arte e l’artista è sempre riflesso nei suoi capolavori. La nostra diversità mostra solo quanto sia ampio in realtà il concetto di bellezza. La sua fonte può essere solo il Dio infinito – ed è Lui che si ritrova in diecimila volti diversi.
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Michael Rennier è laureato presso la Yale Divinity School e vive a St. Louis, Missouri (Stati Uniti), con la moglie e i 5 figli. Scrive su Dappled Things, dedicato alle arti scritte e figurative.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]