In un libro scanzonato Giuseppe Signorin dichiara il suo amore per la moglie cercando di farla morire dal ridere“Lettere a una moglie (ovvero la genesi del duo con l’anello noto in tutto il mondo come Mienmiuaif)” collana UomoVivo (Berica Editrice) di Giuseppe Signorin è un libro in forma epistolare, divertente, ironico e romantico.
Chi nel matrimonio non ha conosciuto gioie e dolori, difficoltà nell’accettarsi, desiderio di sentirsi capiti e apprezzati ad ogni costo? Chi non ha mai provato dentro quella presunzione terribile ed egocentrica di sapere e capire tutto, mentre l’altro… l’altro… è sempre colpa sua? Gli sposi sono ugualmente comici nei loro errori e nelle loro mancanze, ma non tutti hanno la stessa capacità di sorridere che l’autore dimostra nelle lettere che scrive alla sua sposa. Eppure essere in grado di “riderci sopra”… permette di continuare a guardare l’altro con tenerezza, anzi, di scoprirla proprio nelle carenze e nelle diversità quella santa tenerezza che salva la coppia dalla distanza e dal gelo. La grazia è proprio quella, il trucco è nascosto lì.
Spesso si pensa che la chiave vincente sia il cambiamento, mentre il segreto è imparare a guardare l’altro con amore, gratitudine e “leggerezza” e poi apprezzarne lo humor, come dice Giuseppe in una delle sue lettere “ti amavo già da morire dal ridere”. Scrive l’autore alla moglie: «Tu continuerai a dire che non mi capisci. Altrimenti come facevamo a sposarci? Dov’era il mistero? Dov’era l’amore? Ci sarebbe stata solo comprensione. Invece così, grazie alle cose secondo te incomprensibili che scrivo e dico, puoi praticare gratis quella santa opera di misericordia spirituale che è sopportare pazientemente le persone moleste».
Come ben sottolinea Emanuele Fant nell’intro(duzione): «Giuseppe scrive lettere ad Anita con l’intento di colmare questa nostalgia, questa irriducibile condanna all’incomprensione che ci mantiene separati anche quando decidiamo con tutte le forze di divenire una carne sola».
Questo mai appagato desiderio di fusione, secondo Fant, non è ugualmente forte nell’uomo e nella donna in quanto «È una frustrazione più propria del maschile: siamo noi che con maggiore testardaggine non ci capacitiamo del mistero che ci dorme accanto; la donna accoglie, fa da porto e, contro tutti i pregiudizi, in amore piange meno. Giuseppe non piange, perché è un uomo di fede e ha scoperto le soluzioni: sorride e descrive, scannerizza ironizzando».
E poi l’autore dell’”intro” indaga il senso profondo, trascendente, di quest’aspirazione a fondersi presente nella coppia: «Dunque il bisogno di fusione uomo/ donna è sacrosanta attrazione per il Padre. Non possiamo assomigliare al Creatore finché stiamo da soli. Giuseppe e Anita, Giusita, hanno qualcosa del Sommo amore quando ti vengono incontro entrambi con gli occhiali da sole. Quando li vedi cantare su YouTube nella vasca del loro appartamento».
MA CHI SONO GIUSEPPE E ANITA?
Sono una coppia di giovani sposi che ha fondato una wedding band, i “Mienmiuaif”. Anita è l’ex fidanzata di Giuseppe e quindi insieme compongono una band di ex fidanzati: «(…) sei la mia ex fidanzata, amore mio. Molti vanno a convivere da fidanzati, noi da ex fidanzati». Le lettere che Giuseppe scrive alla sua ex fidanzata e attuale moglie finiscono tutte con una benedizione a lei, al loro legame e un affidamento a Dio anche nelle cose piccole e pratiche di tutti i giorni. Il nome del gruppo musicale scelto da Giuseppe non ha mai convinto del tutto Anita fin dalla nascita della band il 21 giugno del 2014, dopo appena sette mesi di matrimonio. Lo ha sempre considerato difficile da pronunciare e poi, come scrive #mi, ovvero Giuseppe «(…) i #mienmiuaif, nel cui nome, come ho fatto notare ai colleghi ieri sera, l’eroe di tuo marito è riuscito addirittura a inserire un errore. Perché avremmo dovuto chiamarci #mienmaiuaif. Ma non sarebbe stato lo stesso. Starà ai critici cercare di interpretare questa cosa. Per quel che riguarda me, amore mio, in tutta onestà non so se avrò la forza e la voglia di rilasciare interviste. Ma sono scocciature che affronteremo più avanti. Che Dio mi doni la capacità di accompagnarti alla chitarra con la stessa decisione con cui ti ho accompagnata all’altare, o almeno con la decisione che avrei voluto avere, perché qualcuno degli ospiti se n’è uscito dicendo che fra i due il più agitato ero io. Mi sembra impossibile. Ti amo».
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Nelle lettere di Giuseppe il lettore scopre i tratti più profondi e buffi della #uaif, descritti dal #mi con uno stile spensierato, amorevole e spassoso: la regola di Anita sulle ore di sonno, obbligatoriamente otto, la poca propensione per le attività sportive e, ultimo ma non da ultimo, la sua passione insensata per un paio di scarpe marroni odiate da Giuseppe:
«Le Camper che neanche mio nonno. Quelle scarpe che metti sempre e che ritieni bellissime. Quelle scarpe sono il senso delle mie lettere. Quelle Camper terribili, incomprensibili, che sembrano fatte di legno, ai piedi della mia regina. Il mistero dei misteri e al tempo stesso il fine di questo libro. Ultimamente dici che sono comode, più che belle. È già un passo avanti. Il prossimo sarà togliertele. L’ultimo sarà toglierle di mezzo. Per questo ho scritto il libro, amore mio. Per toglierle di mezzo. Ho scritto questo regalo per avere in cambio le tue scarpe. Ora lo sai, posso terminare. Che Dio ci ispiri le modalità più consone per effettuare il santo baratto. L’inverno è freddo. Immagino già un caminetto. Quel tuo paio di scarpe sembrano fatte di legno, amore mio. Andranno benissimo. Ti amo».
Nonostante le camper, o meglio grazie a queste odiate scarpe, Giuseppe è uno sposo che «crede nella moglie, prima ancora di definire la bontà delle sue azioni. Avere stima dello humor della partner è il secondo insegnamento di Giuseppe: quanto sono da invidiare i coniugi in grado di sorridere delle battute rispettive, anche di quelle venute un po’ male. Stupirsi senza sosta del genio di chi ci è vicino, è un gesto di passione ribelle. Il matrimonio cristiano è questa magia gigantesca. Peccato per chi dice che è limitazione, rapporti solo per avere i bambini. È il contrario di una riduzione. È raddoppiare i propri chili per sentirsi più leggeri».