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Finanze vaticane, fra rogatorie internazionali e bilanci in arrivo

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Vatican Insider - pubblicato il 08/11/16
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La riforma della finanza vaticana ha disegnato nuovi assetti istituzionali che si sono accompagnati a un rapido quanto complesso adeguamento della Santa Sede alle normative internazionali sulla trasparenza finanziaria e il contrasto al riciclaggio del denaro. Il processo non è ancora terminato, e tuttavia alcuni punti fermi sono stati raggiunti. Ora, fra nuovi organismi entrati in funzione – la Segreteria per l’Economia e l’Aif (Autorità d’Informazione finanziaria) – e vecchi istituti che hanno attraversato o stanno completando una fase di riforma interna – lo Ior, l’Apsa (Amministrazione Patrimonio Sede apostolica) – normative e regolamenti emanati negli ultimi anni stanno finalmente andando a regime. Il processo però è tutt’altro che concluso (e in una certa misura rimarrà sempre un «work in progress»), ci sono stati fra l’altro vari aggiustamenti in corso d’opera, anche perché se quelli elencati sono per così dire gli «istituti centrali» grazie ai quali funziona la macchina economico-finanziaria della Santa Sede, numerosi sono gli enti che a essa fanno riferimento, sia in Vaticano che sul piano globale, si pensi solo a ordini e congregazioni religiose di tutto il mondo che hanno un conto allo Ior. 

A ciò si aggiunga la lunga sequela di casi di cronaca che di tanto in tanto emergono, e raccontano di un passato pre-riforma, e quindi ancora recente in diverse circostanze, in cui le regole venivano ignorate o, più semplicemente, non esistevano. Senza contare poi gli episodi in cui si può parlare di reati o di indagini in corso da parte della magistratura italiana o delle autorità vaticane. È il caso, fra l’altro, del banchiere Giampietro Nattino (presidente gruppo Finnat), titolare di alcuni conti all’Apsa fino all’inizio del 2011; furono le stesse autorità vaticane a muoversi e ad aprire un’indagine nella quale si ipotizzavano vari reati, dalla manipolazione del mercato azionario alla movimentazione di capitali verso l’estero; si parlò fra l’altro di aggiotaggio e insider trading. L’interessato, da parte sua, dichiarò di essersi sempre comportato in modo corretto. Per questa vicenda la Santa Sede mise in moto rogatorie verso l’Italia e la Svizzera (7 agosto 2015), qualche primo riscontro, si apprende, per quanto ancora incompleto, si è avuto per ora da Roma. E già questo costituisce un fatto importante, un segnale di nuova collaborazione fra le due sponde del Tevere. Più complicato il rapporto con le autorità elvetiche.  

Sul piano interno al Vaticano, resta da chiarire per quanti anni Nattino abbia operato su quei conti prima che venissero chiusi a causa dell’avvio dell’azione di trasparenza finanziaria (2011), e chi l’aveva autorizzato. In ogni caso, e rogatorie a parte, per molti anni Nattino è stato consultore della Prefettura degli Affari economici (con i cardinali presidenti Sergio Sebastiani e Velasio De Paolis, l’organismo – incaricato di preparare i bilanci vaticani, e oggi superato dalla riforma – nel quale troviamo inoltre come segretario, a partire dal settembre 2011, Lucio Angel Vallejo Balda, condannato nel recente processo Vatileaks 2 svoltosi in Vaticano). 

Ancora, alla guida dell’Apsa all’epoca dei fatti sopra elencati, c’era il cardinale Attilio Nicora, ora uscito di scena (l’ultimo incarico ricoperto era quello di presidente dell’Aif), mentre l’attuale presidente, il cardinale Domenico Calcagno, ricopriva la carica di segretario del dicastero (il vice di Nicora). Sta di fatto che nel frattempo sono avvenute varie cose: l’Apsa è stata passata al setaccio da un’ispezione dell’Aif, l’Autorità d’Informazione finanziaria guidata da due laici esperti di trasparenza finanziaria, René Brülhart e Tommaso di Ruzza, quindi è stata posta sotto il controllo della Segreteria per l’Economia (il cui prefetto è il cardinale George Pell, e il segretario Alfred Xuereb). Altre figure di rilievo sono state pure sostituite, come nei casi di Paolo Mennini, fino al 2013 capo della sezione finanziaria dell’Apsa, e Massimo Boarotto, a capo di quella immobiliare. 

In generale se controlli, segnalazioni e ispezioni sono cresciuti in ambito finanziario, se soprattutto nuove regole sono state introdotte, un ruolo importante in questo contesto è ricoperto dall’ufficio giudiziario, cioè dal promotore di giustizia (l’avvocato Gian Piero Milano), assistito dalla gendarmeria vaticana. Sul fronte delle indagini finanziarie, dei rapporti con le magistrature di altri paesi, della rapidità nel portare a termine i procedimenti, la struttura – tarata su standard ormai sorpassati – non è adeguata. Nei vari rapporti di Moneyval, la struttura del Consiglio d’Europa che verifica l’adeguamento delle legislazioni antiriciclaggio degli Stati, è stato richiesto un deciso rafforzamento nella struttura investigativa e nella capacità di produrre risultati. Su questo aspetto il lavoro è ancora molto da fare. 

Intanto Oltretevere si lavora ai nuovi bilanci della Santa Sede; il compito è affidato alla Segreteria per l’Economia. Si tratta di un lavoro importante destinato a cambiare il rapporto fra Vaticano e gestione delle risorse economiche interne, un processo che si accompagna a quello della semplificazione burocratica, della riduzione degli organismi istituzionali e destinato a razionalizzare le spese. Per la prima volta, infatti, tutti i dicasteri dovranno dare una rendicontazione precisa delle entrate, delle uscite e fornire un una pianificazione finanziaria per l’anno successivo al quale dovranno poi attenersi (i preventivi di spesa devono essere approvati dalla Segreteria per l’Economia). Non ci potranno essere più, per esempio, fondi «accantonati» per le emergenze al di fuori del bilancio noto. Il tutto dovrà essere realizzato secondo standard unici; manca ancora, però, un tassello decisivo: il documento che descrive quali sono i principi contabili ai quali attenersi. Di fatto, in passato, verso il mese di luglio, veniva pubblicato un comunicato che dava le cifre principali dei bilanci della Santa Sede, ma evidentemente i tempi si sono allungati, c’è infatti anche la difficoltà «di far parlare a tutti la stessa lingua» almeno in ambito finanziario.  

Di recente, infine, sulla stampa sono comparse notizie relative al Bambin Gesù e a un’indagine della magistratura italiana relativa a una somma, circa 91 milioni – derivanti da fondi pubblici, i contributi provenienti dallo Stato italiano – destinati all’ospedale e poi investiti dall’Apsa sui mercati (il periodo di cui si parla è comunque precedente al 2013). La questione non riguarda in ogni caso l’uso delle risorse (legittimo), quanto il fatto che l’Apsa avrebbe violato le regole sugli investimenti finanziari nel nostro Paese effettuando «una raccolta di risparmio pubblico» non autorizzata. Il tutto sembra però piuttosto confuso: il Bambin Gesù è un ente vaticano, l’Apsa un’istituzione (anch’essa dello Stato vaticano) autorizzato a gestire, amministrare e far fruttare il patrimonio della Santa Sede; se i dirigenti amministrativi dell’ospedale avessero chiesto ai loro omologhi dell’Apsa di investire una certa somma, in tutto o in parte anche provenienti da contributi pubblici, il reato ipotizzato parrebbe poco fondato, non ci sarebbe insomma alcuna raccolta di fondi abusiva; (infine anche i manager del Bambin Gesù nel frattempo sono stati sostituiti, sia Giuseppe Profiti che Massimo Spina non sono più alla guida dell’ospedale).  

Sul piano delle relazioni fra Italia e Santa Sede, infine, la doppia ratifica della «convenzione fiscale» – per una reciproca collaborazione e uno scambio d’informazioni in materia fiscale – sia da parte italiana (a fine giugno l’ok definitivo del Senato, alla metà di ottobre quello vaticano), rappresenta il completamento di un percorso di normalizzazione fra le due sponde del Tevere in favore della trasparenza sulla movimentazione di capitali che segna una svolta e potrà influire positivamente su molte delle questioni vecchie e nuove ancora aperte.  

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