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Vuoi essere sano? Dà e ricevi abbracci!

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Anna Malec - pubblicato il 17/11/16
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Su questo tema possiamo imparare molto… dai babbuini!Questi mammiferi – il cui nome scientifico è Papio, appartenente al genere dei primati Catarrhini della familia Cercopithecidae e noti comunemente come babbuini o paviani – passano la maggior parte della loro vita facendo attività apparentemente banali, come pulirsi tra loro. Queste azioni non servono soltanto a rimuovere i parassiti dal proprio pelo, ma soprattutto a mantenere i legami e le relazioni sociali del gruppo, come se sapessero che senza la vicinanza fisica agli altri potrebbero comunque vivere, ma non sarebbe la stessa cosa.

Sembrerebbe che ne sapesse qualcosa Juan Mann, creatore della campagna “Free hugs” [“abbracci gratis”]. Il mondo ha scoperto il movimento degli abbracci spontanei nel 2006, grazie a un video girato a Sydney che su YouTube ha superato i 77 milioni di visite. I partecipanti all’esperimento andavano in luoghi pubblici ad abbracciare chiunque incontrassero. E destarono molto interesse! Da allora sono state organizzate tante iniziative simili non soltanto in Australia, ma anche in America, Asia e in Europa.

La psicologia ha confermato le intuizioni dei babbuini e di Juan Mann. Studi dimostrano che gli abbracci diminuiscono la pressione arteriosa, riducono il rischio di soffrire di depressione, alleviano le nevrosi, rafforzano persino il sistema immunitario e aiutano a conciliare il sonno.

La vicinanza alle altre persone risulta essere terapeutica. Pensa a quei momenti in cui ti senti come Ciuchino di “Shrek” e dici con tristezza: “Qualcuno mi abbracci”… ci sono momenti in cui né un buon consiglio di un amico stretto né un film comico riescono ad aiutarci. Soltanto un abbraccio può farlo.

Questo principio è confermato anche da Sylwia Krajewska, psicoterapeuta del “Psychocentrum” di Varsavia. “Possiamo anche vivere non essendo fisicamente vicini alle altre persone, ma le conseguenze sono tragiche. Accarezzare, abbracciare e baciare le persone è molto importante, sin dall’inizio della nostra esistenza. Queste azioni hanno un’influenza diretta sul senso di sicurezza, e quando ci sentiamo sicuri siamo più aperti al mondo che ci circonda”.

Il tatto ci dice anche che siamo amati ed accettati“, spiega la psicoterapeuta. “I babbuini cresciuti in cattività e isolati dalle madri non sanno come pulirsi e non sono in grado di stabilire relazioni strette, anche se un giorno dovessero essere introdotti nel proprio ambiente naturale”.

E cosa succede con l’essere umano? Sylwia Krajewska sostiene che “l’abbandono emotivo influisce molto nella costruzione di relazioni future. Queste persone lottano contro la paura dell’intimità, stabilendo rapporti superficiali. Ma c’è anche un altro estremo, che si concretizza nella sindrome dell’amore ossessivo: la persona si dimentica delle proprie necessità in nome di un amore dal significato confuso, e finisce con l’unirsi con chiunque e a qualunque costo”. Il contatto fisico, l’abbracciarsi o il baciarsi sono dei comportamenti naturali e intuitivi.

Questi semplici gesti hanno persino delle feste dedicate nel calendario. Il 31 gennaio e il 24 giugno sono considerate giornate dell’abbraccio, anche due abbracci all’anno sono sicuramente una goccia nell’oceano delle nostre esigenze affettive!

La psicologa statunitense Virginia Satir ha dichiarato che per sopravvivere abbiamo bisogno di quattro abbracci al giorno, per essere in buona salute otto e per svilupparci correttamente dodici. Sappiamo che gli abbracci non sono una panacea per ogni male, ma attraverso questo gesto così comune possiamo, di tanto in tanto,  costruire una diga contro il mare di emozioni negative attorno a noi. Non siate rigidi, abbracciate.


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Dobbiamo amarci, abbracciarci e stare vicini – diceva padre Jan Kaczkowki. Perché un sacerdote cattolico incentiva gli abbracci? Perché Gesù insegnava la bontà dell’amore carnale, libero dalla paura, vicino. Che in questo modo, esprimendo tenerezza, riusciremo a cambiare il mondo e renderlo più cristiano?

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

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