«Un religioso non può essere dedicato ad opere di giustizia sociale e ad alleviare il disagio dei poveri, senza che la propria vita tenda ad una effettiva povertà; così non si può coltivare una povertà individuale e comunitaria che non si esprima anche in una vicinanza ai bisognosi». Suor Nicla Spezzati, delle Suore Adoratrici del Preziosissimo Sangue di Cristo, sottosegretario della Congregazione vaticana per la Vita consacrata, delinea chiaramente quale dev’essere l’atteggiamento di religiosi e religiose rispetto ai beni economici di cui hanno disponibilità.
Alla sua conclusione, il secondo Simposio internazionale sull’economia promosso alla Pontificia Università Antonianum dal dicastero vaticano della Vita consacrata, cui hanno partecipato circa mille econome ed economi di ordini religiosi, ha risposto così all’appello di papa Francesco nel suo messaggio inviato in occasione dei lavori, in cui ha denunciato che «l’ipocrisia dei consacrati che vivono da ricchi ferisce le coscienze dei fedeli e danneggia la Chiesa», richiamando alla necessità esclusiva di finalizzare le risorse all’aiuto dei più bisognosi.
Nel suo cammino, «la persona consacrata si sente chiamata ad anteporre l’essere all’avere, lo stare davanti a Dio rispetto al fare per Dio. I voti rendono capaci di assumere il modo di esistenza di Cristo stesso», ha spiegato suor Spezzati nel corso della sua relazione. «Pensare l’economia significa essere inseriti nel processo di umanizzazione, che ci rende, per dirla con i latini, `humanissimi´, ossia persone nel senso più pieno del termine consapevoli di se stesse e della propria relazione-missione nel mondo». «Amministrare la nostra condizione umana con saggezza, nell’obbedienza delle sue leggi intrinseche e della vocazione ricevuta è la prima economia a fondamento della vita consacrata», ha detto, sottolineando come costante magisteriale l’attenzione alla scelta di vicinanza e inserimento tra i poveri e di impegno per la giustizia.
È stato comunque l’arcivescovo José Rodriguez Carballo, francescano, segretario del dicastero, a indicare i criteri che devono essere alla base delle future scelte operative per gli Istituti religiosi: fedeltà al carisma, cioè uso delle opere e delle risorse dell’Istituto al servizio del carisma; tutela dei beni ecclesiastici, quindi salvaguardia del patrimonio stabile e del complesso dei beni necessari per garantire l’autosufficienza economica e la sopravvivenza dell’Istituto; sostenibilità delle opere, intesa come necessità di esame preventivo e verifica in merito alla capacità delle opere di mantenere, nel contempo, fedeltà al carisma ed equilibrio economico; capacità di render conto, quindi indicare gli obiettivi e specificare le modalità operative per raggiungerli, oltre al rispetto della disciplina canonica e civile, con attitudine a rendere conto dei risultati di gestione; infine povertà, cioè uso dei beni secondo le finalità a cui sono destinati e distacco da una concezione proprietaria dei beni.