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Cosa ci può insegnare C.S. Lewis sul vero amore

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Zachary Krueger - For Her - pubblicato il 14/02/17
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Lo scrittore ha decodificato i 4 tipi d’amore esistenti. A quale siete grati in questo giorno di San Valentino?Mi sveglio ogni mattina come la maggior parte dei miei compatrioti millennials – buttando giù una tazza di caffè macinato, misurato e preparato meticolosamente. La nostra cultura ha sviluppato una vera infatuazione per questa bevanda. Sembra diventata una parte necessaria della mia routine mattutina. Dopo aver assistito alla recente conferenza FOCUS SEEK di gennaio, però, ho trovato qualcosa di nuovo a cui pensare mentre bevo la mia tazza di caffè: l’amore, la lingua inglese, il caffè e come si collegano questi tre concetti.

Sono sposato da quattro anni, cinque a maggio, e ho detto a mia moglie Meghan che l’amo migliaia di volte. Viaggio circa ogni settimana e mi assicuro sempre che “Ti amo” sia l’ultima cosa che dico prima di uscire, e le invio anche un breve testo ricordandole che l’amo prima di decollare. Curiosamente, però, ho probabilmente proclamato altrettanto spesso il mio amore per il caffè. Il teologo, autore e oratore cattolico dottor Edward Sri mi ha ricordato questa mancanza allarmante nella lingua inglese durante il suo discorso di apertura alla conferenza. Ovviamente non provo per il caffè un affetto o un desiderio forte come quello che nutro per mia moglie, ma mi ritrovo sempre a non avere l’eloquenza necessaria per esprimermi in un modo diverso. Cosa ancor peggiore, mi ritrovo a pronunciare i miei “Ti amo” a mia moglie nello stesso modo leggero con cui li rivolgo alla mia tazza calda di caffè al mattino.

La lingua inglese è molto limitata quando si tratta di parlare d’amore, di quelle cinque lettere che hanno tra le implicazioni maggiori di qualsiasi combinazione di lettere nella storia della parola scritta o parlata. E temo che il mio cuore fin troppo umano sia altrettanto limitato. Sedendo in un auditorium pieno di studenti universitari e sentendo il dottor Sri descrivere le implicazioni del vero amore – terrene, piene di piatti sporchi, cambi di pannolino e bagnetti ai bambini –, ho iniziato a pensare meglio a cosa sia l’amore e a come posso diventare più intenzionale nel modo in cui uso questo termine e apprezzare di più i tanti modi in cui lo sperimento.


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E allora ho preparato una macchinetta di caffè (il punto di inizio naturale della mia indagine), ne ho versato una tazza e mi sono rivolto al mio amico fidato Clive Staples Lewis per ricevere qualche suggerimento.

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C. S. Lewis ha analizzato la stessa questione per tutta la vita e ha elaborato il suo classico I Quattro Amori in risposta alla domanda “Cosa intendiamo per amore?”, dopo aver scoperto che gli antichi greci non erano così legati a livello di linguaggio e differenziavano i termini che usavano per indicare l’amore in modo un po’ più accurato di quello che riusciamo a fare noi.

Il primo tipo d’amore che descriveva era l’affetto. Anche la biologia lavora per favorire l’affetto. Ho ripensato al momento in cui ho abbracciato per la prima volta le mie figlie e all’affetto travolgente che ho provato per loro. È stato un legame immediato. L’affetto cresce anche con la familiarità. Ho ricordato le innumerevoli notti in cui versavo un paio di bicchieri di vino e guardavo una sitcom con Meghan, senza neanche il bisogno di parlare, limitandoci a stare l’uno in compagnia dell’altra e a goderci la familiarità. Ho pensato al sollievo che provo nel mettere da parte i miei modi formali e riuscire ad essere me stesso ogni volta che torno a casa, ai tanti momenti in cui abbiamo spianato la via a questa benedetta informalità man mano che ci conoscevamo uscendo insieme. Sì, provo moltissimo affetto per mia moglie, ma posso dire di ricevere un po’ di conforto familiare anche dal mio caffè mattutino. Mi riempio di affetto anche quando la mia bambina di due anni mi fa gli occhi da cerbiatta.

Il secondo tipo d’amore che descriveva Lewis è l’amicizia. Spesso non la valorizziamo come una forma valida d’amore. Spesso non cerchiamo una vera amicizia in generale (o almeno questa sembra essere la piaga del maschio moderno), preferendo il regno superficiale della compagnia. Lavoriamo con i nostri colleghi e compagni, condividiamo un lavoro con loro e parliamo di lavoro insieme, ma ci leghiamo ai nostri amici. Viaggiamo con questi ultimi, stiamo fianco a fianco. E ancora un volta ho pensato alla mia amicizia con mia moglie. Anche in questo caso abbiamo stretto un legame a furia di giochi da tavolo, bourbon e birra, Prison Break e The Walking Dead, la nostra fede e la nostra virtù. Anche noi stiamo fianco a fianco, percorrendo la splendida e faticosa via dell’essere genitori.


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Tra noi c’è anche romanticismo, a volte sepolto sotto una pila di biancheria e affogato dalle lamentele di due bambine piccole, ma ancora presente. Questo tipo d’amore ti dà le farfalle nello stomaco al primo appuntamento e ti fa davvero fare affidamento sui tuoi voti matrimoniali quando li proclami. Ti permette di dire che preferiresti soffrire (“nella buona e nella cattiva sorte”) che stare senza la persona amata. E posso dire di provarlo davvero per Meghan.

Ma c’è un tipo di amore più profondo che muove tutti questi altri.

Tutti questi tipi d’amore sono strumenti per la carità – la forma ultima d’amore. La carità mi fa lavare i piatti, controllare il libretto degli assegni, sacrificare anche la mia felicità personale in vari momenti per il bene di mia moglie. La carità permette al mio matrimonio di essere una vocazione che vivo e non solo una scelta di compagna di stanza. Accende il mio affetto, la mia amicizia e il mio romanticismo nei confronti di Meghan.

Mi fa avere la voglia di alzarmi, mettere su un’altra macchinetta di caffè e condividere con lei tutta questa conversazione.

Il giorno di San Valentino è sempre un’occasione per buttar lì la parola “amore”, e allora quando vedete che sta per uscirvi dalla bocca, che sia riferita alla vostra caffeina mattutina, al vostro coniuge o al vostro migliore amico, fermatevi e ringraziate per qualsiasi tipo di amore stiate sperimentando.

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Zachary Krueger lavora per la Fellowship of Catholic University Students (FOCUS) come direttore dell’Assistenza Universitaria per la Regione del Sud-Est. Ha anche lavorato per aiutare a organizzare ritiri FOCUS ed équipes di preghiera nazionali e a livello di campus. Originario del Sud Dakota, si è laureato presso la South Dakota State University in Educazione Musicale, ha vissuto in Texas e in Kentucky e attualmente risiede a Orlando (Florida). È sposato, ha due figlie e un’altra in arrivo a maggio.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]


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