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Si può ricevere più volte il Sacramento degli infermi?

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Amaury Bucco - pubblicato il 16/02/17
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Spesso sinonimo di morte, l’estrema unzione a volte incute timore. Un errore? Lo è, senza dubbioA partire dal III secolo, la Tradizione apostolica ci parla della formula della benedizione dell’olio. Nel 416, papa Innocenzo I parla dell’unzione necessaria  per una serie di malattie. Tuttavia, è nel 1173 che il sacramento degli infermi appare ufficialmente, con il nome di estrema unzione o sacramento dei moribondi.

La sua fonte principale si trova nella Lettera di Giacomo (5:14-15): “Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati“.

Fino al XX secolo, il sacramento degli infermi era un annuncio di morte imminente, come dimostrato dalla letteratura dei secoli XVIII, XIX e XX. Infonde così tanta paura che non sono molti quelli che hanno il coraggio di chiedere.

La riforma del Vaticano II: punto di svolta

Durante il Concilio Vaticano II, nel 1972, l’estrema unzione prende il nome di “unzione degli infermi”. L’obiettivo è quello di rimuovere questa prospettiva estrema, per non dire tragica. Questa riforma estende il sacramento a tutti i malati, anziani e ad altri in situazione di fragilità, quindi non soltanto ai moribondi. Allontanato dalla morte, diventa un sacramento di vita.

Un sacramento illimitato?

In un certo senso sì, in effetti, come il sacramento dell’Eucaristia e della Confessione. In pratica, viene concesso quando si hanno problemi di salute. Può essere all’inizio o alla fine di una grave malattia, o di una grande sofferenza morale (il cancro, un’influenza grave o la depressione, ad esempio). Si può inoltre ricevere in un momento di significativo peggioramento della malattia.

Solo l’Eucaristia data come Viatico, l’ultima comunione per il malato, è ancora sinonimo di morte vicina.

In cosa consiste questo sacramento?

Il sacramento degli infermi, come ogni sacramento, è una celebrazione liturgica e comunitaria. Può avvenire in ospedale, in una casa privata, nel corso di una celebrazione comunitaria o di un pellegrinaggio. Solo i sacerdoti possono amministrarlo.

La Chiesa richiede che il paziente sia cosciente (e vivo, naturalmente) perché deve essere un atto volontario. Tuttavia, in caso di dubbio e di morte imminente, il sacerdote può decidere diversamente.

Il sacerdote impone le mani in silenzio, prima di consegnare l’unzione con l’olio degli infermi. Questo olio sarà già stato benedetto in anticipo dal vescovo (l’unico che può compiere questa benedizione) durante la Settimana Santa.

Il sacerdote pronuncia allora queste parole: “Per questa santa Unzione e per la sua piissima misericordia ti aiuti il Signore con la grazia dello Spirito Santo”. Poi: “E, liberandoti dai peccati, ti salvi e nella sua bontà ti sollevi.” Poi: “Per libero dai tuoi peccati, vi darà la salvezza e si alza malattia”. L’infermo risponderà “Amen” dopo ciascuna frasi.


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Perché un sacramento degli infermi?

Il sacramento degli infermi è un rimedio per dare forza all’anima e al corpo, così come per dare coraggio per affrontare la prova della sofferenza. È anche un mezzo attraverso il quale l’infermo stesso si riconcilia con i propri cari e con Cristo.

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