In un clima reso pesante da una campagna caotica, segnata dagli scandali e dai dibattiti accesi, la democrazia deve riprendersi i suoi diritti. Che da oggi la vita politica rinasca dipende da ciascuno
Si ha un bel dire che il terremoto era stato previsto, segnalato, annunciato: non per questo è meno devastatore. I due partiti che hanno occupato e strutturato la vita politica francese da un mezzo secolo – il RPR, mutato in UMP e divenuto “Les Républicains” e il Partito socialista – sono eliminati dal secondo turno delle presidenziali. Il PS aveva già vissuto quest’esperienza in quel 21 aprile 2002, ma per la destra classica questa è una prima volta di cui avrebbe volentieri fatto a meno.
Ora che il primo turno è alle loro spalle, gli elettori sono chiamati – volenti o nolenti – a operare una scelta cruciale. Per la sopravvivenza del nostro sistema politico e l’unità del Paese all’uscita dal secondo turno, è urgente che i dibattiti vadano una buona volta alla sostanza delle cose, nella maggior serenità possibile. Per Marien Le Pen ed Emmanuel Macron comincia ora il tempo della prova della loro capacità di raccogliere i francesi e prendere le redini del Paese. E per noi è l’ora di conoscerli meglio e comprenderli bene, l’una come l’altro.
La Francia spaccata in quattro
Il vincitore del secondo turno e futuro Capo dello Stato dovrà presiedere un Paese diviso in quattro parti che appaiono irreconciliabili. Il primo turno dello scrutinio presidenziale ha visto i francesi distribuirsi nei ranghi di quattro correnti politiche dalle idee ben distinte: la Francia annovera un 26% di “insorti” [ma “insoumis” si può intendere anche come “renitenti alla leva”, o comunque “indomiti”, N.d.T.] rispondenti a Jean-Luc Mélenchon, ovvero socialisti; un 25% di “legittimisti”, che sostengono la destra repubblicana e sovranisti; un 24% di “marciatori” galvanizzati da Emmanuel Macron e un 22% di “irriducibili” legati alla candidatura di Marine Le Pen.
Riunire una maggioranza presidenziale in un simile contesto sarà complicato, tanto più considerando che – fin dalle prime notizie sui risultati – è stato segnalato qualche scontro di manifestanti “anti-fascisti” e anti-capitalisti con la polizia – sono le primizie di una primavera “calda” e di un terzo turno sociale che sarà decisivo.
Due finalisti testa a testa, ma dai bacini elettorali disomogenei
Grande favorito nella corsa alla presidenza della Repubblica ma accreditato da un punteggio contenuto al primo turno – 23,8% stando ai dati attuali – il vecchio consigliere ed ex ministro dell’economia di François Hollande è pure reso fragile dalla sua esperienza politica relativamente debole. È in effetti la prima volta che Emmanuel Macron cerca il consenso dei francesi, e il suo movimento – En Marche – non esiste che da un annetto.
Il punteggio di Marine Le Pen si attesta molto vicino a quello di Emmanuel Macron, col 21,6% dei voti. Per fare argine contro di lei, le prime voci politiche dell’insieme dei partiti detti “di governo”, che si sono succeduti negli studi delle trasmissioni politiche della serata elettorale ricca di sorprese, hanno chiamato alla raccolta generale dietro al candidato Macron. Dovrebbe dunque arrivargli il flusso massiccio dei voti della destra repubblicana e della sinistra anti-capitalista, e ne avrebbe bisogno, per sperare di riportare la vittoria nel secondo turno.
È oggi che comincia tutto
Ora è il momento che il dibattito cominci: progetto contro progetto, programma contro programma, visione contro visione. Dopo un primo turno dominato dagli scandali, dalla sterilità delle polemiche e dalla mediocrità dei dibattiti, speriamo che il secondo turno permetterà di declinare e di confrontare le misure di governo proposte da ciascuno dei due candidati. L’economia, il consumo, il lavoro, l’educazione, la mondializzazione, la difesa, la giustizia, la famiglia… Gli argomenti che preoccupano la Francia non mancano di certo.
La società francese ha bisogno urgente di essere presa in cura in un “ospedale da campo”, per riprendere l’espressione che Papa Francesco ha utilizzato parlando della Chiesa. Una ragione di più per scaligere bene l’uomo o la donna che entrerà all’Eliseo e la maggioranza che l’eletto vorrà portare con sé all’Assemblée nationale. Passate le presidenziali, i giochi saranno fatti ma tutto sarà allora da giocare. E non saremo che all’inizio.
[traduzione a cura di Giovanni Marcotullio]