Un dolore lacerante al quale la società progressista strappa anche le parole per potersi esprimere. Perché l’infedeltà è cool! (Finché non tocca a te)Ringraziamo Monte di Venere per la disponibilità alla ripubblicazione.
Una testimonianza
Se mio figlio fosse stato colpito da una grave malattia, avrei potuto aprire una pagina Facebook oppure scrivere un libro per condividere la mia testimonianza. Avrebbero ammirato il mio coraggio e mi avrebbero sostenuta a colpi di likes. Si sarebbero creati in questo modo rapporti di solidarietà con coloro che condividono la mia stessa esperienza. Mi sarei sentita rinfrancata, incoraggiata a tenere duro. Invece il mio dolore fa vergognare. Farsi tradire dal proprio marito è una sofferenza infinita che ti condanna al silenzio. Si fa la figura della moglie incapace di tenersi il marito, triste e una frana a letto. Ci si sente sole, divorate dal senso di colpa…
Vorrei gridare, urlare al mondo che tradire il proprio compagno è una cosa disgustosa! È un tradimento, un’umiliazione di ciò che si ha di più prezioso, di intimo. È una vigliaccheria! E non venite a dirmi che non si è stati creati per essere monogami: siamo uomini e donne, merda, non bestie! Si può parlare e decidere di mettere fine a un rapporto prima di viverne un altro!
Ho voglia di pestarla a morte, di sfigurarla, di farle del male, di ucciderla… Ho voglia di scriverle per dirle fino a che punto sta facendo soffrire me e i miei figli. Ho voglia di andare a infilarmi nel suo profilo Facebook per far sapere ai suoi amici la porcata che ha fatto.
Ce l’ho con mio marito per essersi arreso di fronte a ciò che non andava fra noi, per aver portato avanti una relazione ambigua con questa donna, per poi essere passato ai fatti. Ce l’ho con lui per non aver usato il preservativo, obbligandomi a fare tutte le analisi per il rischio di avermi trasmesso un’infezione.
Ho voglia di chiedere il divorzio solo per dimostrare che non sono un vecchio straccio. Ho voglia di andare in giro per locali, far l’amore con il primo belloccio che ci prova e che mi dice che sono bella. Sì, il dolore è così insopportabile che si ha voglia di tradire per vendetta il proprio compagno. Questo dà l’illusione di attenuare la sofferenza. Tuttavia, so dentro di me che in fondo non servirà a guarire la ferita. Anzi, ancora peggio, non fa altro che inasprire il veleno che c’è già nella coppia e preparare l’escalation del dolore.
Ce l’ho con i siti come Gleeden che pubblicano annunci sulla bacheca pubblica affermando che l’adulterio è un efficace antidepressivo, un rimedio contro la routine… L’infedeltà fa strage nella persona che è infedele: senso di colpa, confusione nei sentimenti, perdita della stima in se stessi… e anche nella persona tradita: dolore per il tradimento, perdita di fiducia, perdita della stima in se stessi perché ci si confronta, nonostante non lo si voglia, con l’altro/a…
È una sciocchezza pensare che, visto che il male non è stato confessato, non ha provocato alcuna sofferenza. È falso. La menzogna ne trascina con sé un’altra e distrugge progressivamente la persona che la dice. È un veleno per la persona e per la coppia in cui non può più esserci nulla di sincero. Ci si risveglia tutte le mattine dicendosi che si è mentito al proprio compagno e più si aspetta, più sembra difficile ristabilire la verità.
Ho voglia di creare uno scandalo nella famiglia dei miei consuoceri e accusarli di essere loro i colpevoli se il loro figlio è incapace di esprimere i propri sentimenti e di essere sincero con la propria moglie. Voglio mettere il suo passaggio all’azione sul piano della stanchezza e dei bambini, mi preme dire loro che in queste storie, le colpe sono condivise! Sì, di sicuro sui problemi di fondo abbiamo ognuno la nostra parte di responsabilità ma non sul passaggio all’atto vero e proprio!
Si può dire all’altro: non ce la faccio più, ho voglia di guardarmi intorno! Credetemi, anche se dovesse far male sentirselo dire, sarebbe infinitamente meno doloroso che andare a letto sul serio con qualcun altro.
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Ce l’ho anche con i miei genitori che mi hanno educato a essere una ragazza perbene che cerca di accontentare gli altri rischiando di dimenticare se stessa. Ce l’ho con loro per non avermi trasmesso fiducia in me stessa.
Sono arrabbiata per aver fatto sì che il silenzio prendesse piede, per non essermi accorta dei segnali premonitori, per aver creduto di essere al riparo da questo genere di cose. Ce l’ho con me stessa per essermi dimenticata di essere una donna… Sono passata dall’essere figlia a madre. Ora la donna si sta risvegliando in me!
Scelgo di non vendicarmi, di non chiedere il divorzio, di perdonare. È dura. Questa scelta non è automatica. Devo rifarla tutte le mattine e anche più volte durante il giorno. All’inizio è per i figli e per tutto quello che abbiamo costruito insieme. Poi, poco a poco, si impara di nuovo a parlarsi, a volte anche a ridere, si impara a dirsi veramente ciò che si pensa, a litigare, e ci si accorge che contro la routine esistono dei rimedi.
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Un terzo del mio tempo durante l’analisi è dedicato ad ascoltare queste grida di dolore e curare le ferite create dall’infedeltà. Non sopporto più che questa sofferenza resti nascosta, non tollero quei discorsi che banalizzano l’infedeltà. Si condannano in questo modo uomini e donne a una pena duplice: il tradimento e la mancanza di riconoscimento delle loro ferite. Spesso mi dicono: «Non so cosa mi ferisca di più: se l’infedeltà del mio compagno o il fatto che la società applauda a piene mani come se si trattasse dell’affermazione coraggiosa del suo desiderio».
È ora che le lingue si sciolgano, che uomini e donne abbiano il coraggio di gridare la loro sofferenza invece di viverla nella vergogna. È ora di denunciare con forza le pubblicità menzognere che incoraggiano l’infedeltà e dare speranza alle coppie: il perdono può esistere, l’amore può sopportare le difficoltà.
L’altro giorno ho incoraggiato una giovane donna a scrivermi la sua testimonianza affinché potessi condividerla in maniera anonima con voi. È quella che vi ho appena letto. La ringrazio per la sua fiducia e il suo coraggio. Questa prova che sta attraversando ha risvegliato la lupa che c’è in lei: la ferita l’ha resa paradossalmente potente e forte.
Per compensare i suoi istinti omicidi, le dedico questa canzone dei Brigitte (il mio gruppo preferito): «La vendetta di una lupa».
L’espressione del proprio dolore è la prima tappa per ricostruirsi dopo un tradimento.
T.
[Tradotto per Monte di Venere da Elisa Mencarini]
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