di Bernardo Dueñas Moreno
Qualche anno fa facevo parte di un coro, ma per vari motivi ho dovuto abbandonarlo e dedicarmi ad altri compiti nel campo dell’evangelizzazione. Ho tuttavia continuato a formarmi, ed è per questo che mi piacerebbe condividere con voi alcuni punti per riflettere e offrire un miglior servizio al Signore. Il coro a Messa è molto importante, ma lo è anche conoscere il senso della Messa stessa e parteciparvi in modo corretto.
Dovete sapere che per stare in un coro non è importante solo cantare bene, ma serve anche una formazione liturgica. La Messa ha la sua forma e la sua sequenza, e la Chiesa, oltre che madre, è anche saggia maestra perché da duemila anni ci guida sulla retta via per la nostra santificazione. È la Chiesa che insegna come si deve realizzare un atto liturgico. Condivido quindi alcuni punti che a volte chi fa parte di un coro parrocchiale potrebbe trascurare.
1. La Messa ha i propri tempi, non i nostri
L’Ordinamento Generale del Messale Romano afferma al numero 37 che ci sono canti che sono riti in se stessi, come il Gloria, il salmo responsoriale, l’Alleluia, il Santo e alcuni altri. Allo stesso numero si spiega anche che ci sono canti che accompagnano un rito, come il canto d’ingresso, della presentazione delle offerte e di Comunione. Il coro deve rispettare questi tempi e non estendere i canti più del necessario. Il canto d’ingresso, ad esempio, ha la funzione di accompagnare la processione d’ingresso dei ministri (cfr. OGMR, 47), e deve quindi durare quanto dura la processione e l’atto di incensare l’altare (quando c’è). Una volta terminato questo rito, il canto d’ingresso si deve concludere, evitando di aggiungere strofe superflue. Un altro esempio è il canto di Comunione, che deve durare quanto la distribuzione della Comunione ai fedeli e non deve prolungarsi fino alla purificazione dei vasi sacri.
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2. Non ogni canto è liturgico
Ci sono canti estremamente belli e che sembrano molto adatti alla situazione o anche al Vangelo, ma il nostro compito come coro è quello di verificare se ciò che cantiamo è appropriato alla liturgia. La Chiesa ci dà un suggerimento per capirlo nel documento intitolato Musicam sacram, dove al n. 4 si legge:
“Musica sacra è quella che, composta per la celebrazione del culto divino, è dotata di santità e bontà di forme. Sotto la denominazione di Musica sacra si comprende, in questo documento: il canto gregoriano, la polifonia sacra antica e moderna nei suoi diversi generi, la musica sacra per organo e altri strumenti legittimamente ammessi nella Liturgia, e il canto popolare sacro, cioè liturgico e religioso”.
Bisogna allora evitare canti che pur essendo cattolici non avevano questa finalità e intenzione quando sono stati creati, e ancor di più canti di altre denominazioni cristiane. Non vi scoraggiate: c’è un’infinità di canti alla portata di tutti che possono supplire a quelli non liturgici del vostro repertorio.
3. Il canto dev’essere fedele al testo che presenta
Il fatto che un canto dica “Gloria a Dio” o “Alleluia” o “Agnello di Dio” non significa che si possa usare nella Santa Messa. Il canto dev’essere fedele al testo che presenta. Non possiamo modificare preghiere antichissime della Chiesa perché il canto suoni meglio o sembri più bello (cfr. Sacrosanctum concilium, n. 121). Ripeto: non vi scoraggiate se qualche canto del vostro repertorio non è fedele al testo originale della preghiera, cercate di sostituirlo con qualcuno che lo sia.
4. Non esiste un canto per il rito della pace
Nell’agosto 2014, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha diffuso un documento intitolato Il significato rituale del dono della pace nella Messa, in cui al sesto punto si dichiara espressamente che al momento dello scambio della pace bisogna evitare “abusi” come l’introduzione di un canto per la pace, inesistente nel rito romano. Il rito della pace dev’essere infatti un momento breve che non deve distrarre l’assemblea da ciò che è importante e che in quel momento si trova sull’altare.
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5. L’“Agnello di Dio” inizia quando il sacerdote spezza il pane
Questo canto non accompagna la pace, ma la frazione del pane. L’OGMR dice al riguardo al n. 83: “L’invocazione accompagna la frazione del pane, perciò la si può ripetere tanto quanto è necessario fino alla conclusione del rito. L’ultima invocazione termina con le parole dona a noi la pace”.
6. Non basta essere presenti solo con il corpo
A volte chi partecipa a un ministero musicale o a un coro parrocchiale dimentica che sta anche partecipando all’Eucaristia. Non è che stando dietro o al lato della chiesa ci si può distrarre o fare altre cose, perché davanti a noi si sta verificando il miracolo d’amore più grande. Si partecipa non solo cantando, ma anche ascoltando Dio nel Vangelo e nell’omelia. Se avete già raggiunto questo grado di attenzione, aiutate altri a fare lo stesso.
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7. Siamo servitori della Chiesa, non star
Sicuramente già lo sapete, ma credo sia necessario e prudente ripeterlo. Il servizio che offre il coro dev’essere svolto con umiltà, perché non siamo lì perché siamo i migliori o perché vogliamo spiccare. Ricordate, al centro della Messa c’è Cristo, non la nostra voce. Dobbiamo cercare di servire, non di spiccare o di essere applauditi (men che meno all’interno della Messa), perché i doni che abbiamo ci vengono dati gratuitamente da Dio e dobbiamo metterli al servizio del prossimo per la gloria di Dio.
Con questi consigli non voglio certo imporvi le mie idee, ma mostrarvi cosa insegna la Chiesa, che è incredibilmente saggia… molto più di noi! Non voglio neanche spingervi a disertare il coro, al contrario: vorrei motivarvi a crescere e a offrire un servizio migliore. Vi invito a leggere i documenti citati nel testo e a condividerli con altri. Non dimenticate che, come ha detto Joseph Ratzinger, il destino della fede e della Chiesa si decidono “nel rapporto con la liturgia. Vi assicuro le mie preghiere, e vi prego di non dimenticarvi di pregare per me.
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]