Presto sarà beato. Ma una sua nipote nega la fede. La diocesi la smentisce. Vediamo chi ha ragione
Figlio di uno sciamano e nipote di Cavallo Pazzo, nato intorno al 1863 in quello che oggi si chiama Wyoming, l’indiano Alce Nero potrebbe diventare il primo nativo americano a diventare santo (Today.it, 29 dicembre 2016).
La notizia non è nuova. I vescovi statunitensi nell’ultima conferenza a Baltimora hanno già dato il via al processo di beatificazione del leggendario guerriero e capo Sioux, nato tra il 1858 e il 1866 e morto il 19 agosto 1950 a Pine Ridge, che si convertì al cristianesimo e spinse numerosi indiani a seguirlo.
Il 21 ottobre scorso nella chiesa del Santo Rosario di Pine Ridge (diocesi di Rapid City, Wyoming) la Messa solenne per aprire formalmente la causa di canonizzazione di Alce Nero (Aleteia, 6 novembre).
Ma in questi giorni il suo nome è salito agli onore delle cronache perché un articolo uscito sulla rivista americana New Yorker (26 dicembre 2017) sostiene che Alce Nero non era un cattolico convinto.
“Rifiutava il battesimo”
Il giornalista Ian Frazier racconta di aver parlato con una bisnipote di Alce Nero, Charlotte Black Elk, che ha detto:
«Era un uomo santo e famoso prima che arrivassero i cattolici e lo rimase anche dopo. Nella nostra famiglia ci sono diverse storie sui cattolici che cercavano di battezzarlo, lui che si nascondeva sotto un letto e un prete che gli versava addosso un secchio d’acqua e lo proclamava battezzato. All’inizio il bisnonno pensava di essere un santo adulto e che Gesù bambino fosse il suo fratellino adottato. Non credo che il bisnonno sia mai stato un vero cattolico».
La “religione della pipa”
L’opinione di Charlotte Black Elk, scrive Il Post (1 gennaio), è simile a quella di Hilda Neihardt, che in un libro su Alce Nero pubblicato nel 1995 scrisse che sul letto di morte Alce Nero aveva detto che la sua unica religione fosse “quella della pipa”. Molti Sioux considerano Alce Nero un santo Lakota che fece alcuni compromessi con la cultura dei bianchi ma non cambiò mai davvero ciò in cui credeva.
Secondo molti esperti, Alce Nero era un uomo pragmatico che mescolò la propria cultura alla religione cattolica per permetterle di sopravvivere.
Leggi anche:
Il capo sioux Nicholas W. “Black Elk” (“Alce Nero”) sulla via degli altari
“Ha conosciuto il mistero dell’amore di Cristo”
Diverso è il punto di vista del vescovo Robert D. Gruss, che durante l’omelia della messa del 21 ottobre, Alce Nero ha fuso la cultura Lakota (Sioux) e quella cattolica in un modo che «lo ha portato più profondamente a conoscere il mistero dell’amore di Cristo e della Chiesa». Fu un catechista che per 50 anni portò altri a Cristo, spesso combinando la sua cultura lakota con la vita cristiana.
«Questa inculturazione può sempre rivelare qualcosa della vera natura e santità di Dio», ha detto il vescovo, aggiungendo che “Black Elk” (nome americano di Alce Nero), «ha sempre sfidato la gente a rinnovarsi, (spingendola) a cercare la vita che offre Cristo».
Il vescovo Gruss ha detto che la vita di “Black Elk” è stata quella di un catechista dedito, leader spirituale e guida che «ha ispirato molti a vivere per Cristo con la propria storia».
Spiritualità “vicine”
Il diacono Marlon Leneaugh, direttore diocesano del Ministero Nativo di Rapid City, ha spiegato che “Black Elk” ha mostrato ai Siuox che non esiste una discrepanza profonda tra la spiritualità nativa tradizionale e il cattolicesimo.
«Ha mostrato alla sua gente che non bisogna scegliere tra i due mondi, che si può essere di entrambi. Non ha abbandonato i suoi costumi nativi quando è diventato cristiano. Erano due cose che procedevano di pari passo, mentre pregava l’unico Dio».