Riflessioni a margine della conferenza in Gregoriana di un membro della Pontificia Accademia per la Vita: l’enciclica di Paolo VI deve essere riletta perché abbiamo bisogno del suo Magistero, non perché dobbiamo spalmarlo sul nostro nichilismo relativistico.Qualche giorno fa in una relazione alla Gregoriana don Maurizio Chiodi, membro della Pontificia Accademia per la Vita, ha sostenuto che ci sono situazioni in cui i coniugi avrebbero non solo il permesso, ma addirittura l’obbligo di fare uso della contraccezione. Ho ascoltato la relazione con attenzione, e davvero cercando di mettermi in ascolto serio, perché, sebbene tutti i tentativi di rileggere la Humanæ Vitæ – di cui ogni giorno tocco i frutti con mano, mentre vedo la disperazione di chi non l’ha seguita – mi mettano sempre un po’ in allerta, io non sono nessuno di fronte a un professore di teologia morale. In più credo che i pastori siano quasi sempre più lucidi delle pecore.
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Il titolo era “Rileggere Humanæ Vitæ alla luce di Amoris Lætitia”. A parte che a me sembra che Amoris Lætitia dica solo che HV va riscoperta. Non riletta dunque, ma valorizzata di nuovo. A parte questo, dicevo, io da un professore di teologia morale che tira una simile bomba – il dovere della contraccezione – mi sarei aspettata motivazioni articolate, accurate, profonde. Esempi concreti, fattispecie, casi particolarissimi, Però purtroppo nella relazione non ce n’è traccia. Eppure non è cosa da poco. Dire che la contraccezione può essere un dovere significa far saltare i fondamenti della morale sessuale cristiana. Io voglio sentire motivazioni potenti come bastioni, solidi come rocce. Non si può sorvolare , buttando a mare svariate cose, tra cui un comandamento, qualche enciclica, il Catechismo, diverse canonizzazioni e altra robetta simile.
Ma in quale caso due persone, che immagino umane, cioè non due bestie, sarebbero obbligate e dico obbligate a fare sesso sempre, anche nei periodi fertili della donna, escludendo però categoricamente la possibilità di avere figli? Evidentemente don Chiodi non padroneggia il tema della regolazione della fertilità. I metodi naturali hanno un’accuratezza praticamente pari a quella della pillola e del preservativo, con in più il bonus della conoscenza di sé, il controllo dei propri istinti, la premura, l’amore e il rispetto. Insegnano i coniugi a cercare altri gesti per esprimere e ricevere amore e tenerezza. Essendo un sacerdote forse don Chiodi ignora inoltre che non poter fare sesso trenta giorni al mese tiene viva l’attrazione (la mancanza di desiderio è una pandemia occidentale). Non mi sembra, al contrario, che le relazioni figlie della liberazione sessuale siano molto più soddisfacenti, almeno a giudicare dalla loro scarsa durata.
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Evidentemente, poi, non sa che non esiste nessun metodo sicuro al 100%, non la pillola, non il preservativo, se era quello a cui si riferiva dicendo che la tecnica “garantisce la possibilità di non procreare”: l’unica cosa che garantisce al 100% è l’astinenza.
Invece i casi di gravidanze non programmate che avvengono con i metodi naturali usati normalmente si aggirano intorno all’1%. Ovviamente se una coppia si trova nelle condizioni di non poter accogliere proprio per nessun motivo al mondo una nuova vita, potrà seguire i metodi naturali con più prudenza, mantenendo l’intimità con pressoché zero rischi di avere altri figli, ammesso che una nuova vita possa mai essere un fattore di rischio: chi crede in Dio sa bene che è molto meglio fidarsi dei suoi piani invece che dei propri.
Insomma, non so quali tecniche abbia in mente di promuovere don Chiodi, ma mi permetto di ricordargli che la pillola danneggia il corpo della donna: squilibri di tutte le funzioni, effetti collaterali e complicanze, fino anche alla morte in casi rari ma non inesistenti. Il pesticida umano comunque non necessita di alcuna promozione, visto che dalle analisi chimiche delle metropoli occidentali risulta che le acque dei fiumi sono appestate degli ormoni rovesciati dalle fogne, mi dispiace usare questa immagine ma pare che l’argomento ecologico sia molto più in voga dei richiami alla Humanæ Vitæ, di questi tempi, e allora ricordiamo anche questo. En passant, direi anche che il preservativo invece non rispetta la sessualità maschile, togliendo all’uomo parte – non so se grande o piccola – del piacere, anche se nell’era Weinstein questa non pare la priorità.
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Infine, la più grave, insormontabile obiezione alla pillola (e alla spirale): per entrambi i metodi non si può mai escludere un tasso di abortività. Cioè può succedere che non impediscano il concepimento di un embrione, ma solo il suo annidamento. Un embrione viene ucciso. È una vita e non vorremmo essere noi laici a ricordarlo un membro dell’Accademia per la Vita. Quando mai potrebbe esserci l’obbligo di fare sesso (non lo vorremo mica chiamare amore, quello?) anche a rischio di uccidere?
Certo non sono in grado di discettare del nodo teorico del rapporto tra oggettivo e soggettivo o di antropologia rahneriana con un professore di morale, ma da moglie, madre e testimone di ormai migliaia di vite di famiglie conosciute in anni di incontri tutta Italia io posso raccontare le vite felici nate dall’obbedienza alla Humanæ Vitæ, che al contrario di quanto lui sostiene, non è “sempre più una questione simbolica” ma una concretissima mappa esistenziale per alcune famiglie davvero cristiane.
Se vuole, don Chiodi, le presento circa due milioni di persone che solo in Italia sono felici grazie a quella preziosissima enciclica: molti di loro erano in piazza al Family day. E ce ne sono un gran numero nel mondo. Uomini e donne ci si sono giocati la vita, non si sono messi al posto di Dio e ne hanno ricevuto il centuplo. Famiglie grandi o piccole, felici, feconde, famiglie coraggiose che con creatività hanno accolto vite che ogni volta hanno allegramente sconvolto tutti i piani portando in dote nuova felicità.
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Se pensiamo di essere in grado di decidere noi quando e se dare la vita, è molto probabile che vinca la paura, o almeno la prudenza. Che non si butti il cuore oltre l’ostacolo. Certo, chi decide di avere l’ultima parola sulla propria capacità generativa, decide di fare da solo, di contare sulle proprie forze (e chi mai oserebbe mettere al mondo un figlio pensando di dovergli assicurare il futuro da solo?). Chi invece decide di consegnarsi a Dio, anche in quello che è il compimento più alto della propria vocazione matrimoniale, cioè la relazione anche fisica con lo sposo o la sposa, dice a Dio “la vita della nostra famiglia è nelle tue mani”. E Dio non delude mai. È questa l’enorme bellezza della proposta di HV, è questa la grandezza a cui le famiglie sono chiamate.
Non so quale sia il senso di queste continue spallate alla Humanæ Vitæ. Voglio essere positiva, avere il cuore aperto nei confronti di un pastore nominato alla Pontificia Accademia per la Vita. Magari il senso era quello di comunicare ai fedeli che la Chiesa non è sessuofobica, non considera il sesso una cosa brutta, e dà un grande valore all’intimità tra coniugi, fino a considerarlo un dovere (e infatti lo è, nei tempi e nei modi possibili). Ma io credo che di questo forse si potesse sentire il bisogno parecchi decenni fa, non adesso. Non in un tempo in cui anche i cosiddetti cattolici fanno ampio, libero uso della contraccezione senza sentirsi in colpa, anche perché i preti non osano neppure parlarne.
È la solita Chiesa che si vergogna di Cristo, come diceva don Giussani, e non ha coraggio di proporre una misura alta di vita, forse illudendosi così di avvicinare i cuori e le anime. Ma per portarli dove? Questo nostro Occidente depresso, stanco, infecondo, satollo e avido di senso, ha bisogno solo di Dio, a sbagliare è bravissimo già da solo.