Una coppia cattolica, alla quale è stata proposta la fecondazione eterologa per poter avere un figlio, chiede che differenza ci sia tra l’adozione di un embrione congelato (e quindi destinato alla soppressione) e quella di un bambino già natoSiamo una coppia sposata, cattolica praticante, con difficoltà nel concepimento. Dopo vari accertamenti medici, ci è stata proposta una fecondazione eterologa, che in coscienza però sentiamo di non poter accettare, perché non sarebbe bene per la creatura che eventualmente nascerebbe. Abbiamo letto alcuni articoli recenti sulla cosiddetta «adozione embrionale», ovvero la possibilità di adottare embrioni ottenuti da una fecondazione artificiale, ma che per varie ragioni (magari perché in sovrannumero) sono rimasti congelati.
Io e mia moglie ci chiediamo se questo tipo di pratica, che consiste nell’impiantare un embrione già concepito (e quindi un essere umano) nel seno di mia moglie, possa essere considerata equipollente ad una adozione «tradizionale» e quindi moralmente accettabile. Dopotutto, ci viene da pensare, quello che cambia è solo l’età del figlio adottato, che invece di essere di 10, 5 o 3 anni, sarebbe di poche settimane, ore o minuti.
Lettera firmata
Risponde padre Maurizio Faggioni, docente di Teologia morale alla Facoltà teologica dell’Italia Centrale.
Rispondo volentieri alla domanda perché il tema mi sta cuore da tempo, anche se la Teologia morale non ha ancora trovato risposte condivise a questa situazione assolutamente senza precedenti.
Le tecniche di fecondazione artificiale di tipo extracorporeo, nelle quali, cioè, il concepimento e le primissime fasi dello sviluppo dell’embrione avvengono fuori del corpo della madre, come la FIVET e la ICSI, presentano diversi problemi di natura morale e uno di questi è il gran numero di embrioni che, dopo essere stati concepiti in vitro, vengono congelati. Dal momento, infatti, che le tecniche di fecondazione artificiale hanno una percentuale di successo di circa il 30%, spesso è necessario ripetere i tentativi e così, per non stimolare eccessivamente la donna e per comodità di raccolta, si concepiscono più embrioni. Gli embrioni non trasferiti vengono congelati e conservati in azoto liquido a -196 gradi centigradi.
Può capitare che questi embrioni – diciamo così – messi da parte non servano più perché la madre ha già avuto il figlio che cercava e, per ragioni sue, non è intenzionata ad accogliere in successive gravidanze i suoi embrioni già concepiti. Queste creature possono restare nel gelo per anni e, a seconda delle disposizioni di legge dei diversi stati, se abbandonati possono essere distrutti trascorso un certo periodo o i genitori possono metterli a disposizione per sperimentazioni scientifiche o darli in adozione a coppie che li desiderano. Se essere concepito fuori del corpo della madre è una ferita alla dignità dell’essere umano, il congelamento aggiunge l’ingiustizia di bloccare lo sviluppo naturale di una vita appena iniziata, ma essere distrutti o usati come materiale biologico è l’ultima offesa a queste vite.
Chi è contrario alla fecondazione in vitro e al congelamento in nome del rispetto dell’essere umano, per lo stesso motivo si preoccupa di queste vite concepite e abbandonate. Da tanti anni ormai i Movimenti pro vita, soprattutto negli Stati Uniti d’America, ma anche in Italia, hanno sostenuto l’adozione prenatale degli embrioni in stato di abbandono. Se, infatti, non troveranno un seno di una donna che li accolga, essi sono destinati ad un perpetuo limbo di ghiaccio o alla distruzione. Questo dramma coinvolge, silenzioso come il ghiaccio che le imprigiona, centinaia di migliaia di esistenze umane aurorali.
Come in ogni adozione, anche ne caso dell’adozione prenatale o adozione per la nascita l’amore coniugale di una coppia diventa il luogo dove una tenera vita può essere accolta e fiorire. Nell’adozione di un embrione si creerebbero legami più intensi e profondi con i genitori adottivi e verrebbe esaltato il senso dell’adozione quale espressione di una generosa apertura alla vita, che porta all’accoglienza di bimbi abbandonati e soprattutto di quelli abbandonati a causa di menomazioni o malattie. L’adozione prenatale non deve essere confusa con la maternità surrogata di tipo gestazionale. Nel caso dell’adozione prenatale la donna accoglie l’embrione con l’intenzione di tenere con sé il bambino, mentre nella maternità surrogata una donna porta in utero un embrione altrui con l’accordo di riconsegnare il bambino una volta portata a termine la gravidanza.
L’istruzione Dignitas personae affronta la questione della adozione prenatale e la giudica «lodevole nelle intenzioni di rispetto e di difesa della vita umana» (n 19). D’altra parte non si nasconde che essa «presenta tuttavia vari problemi». Ci si chiede se sarebbe davvero possibile escludere ogni forma di selezione eugenetica, organizzare in modo non ambiguo il rapporto fra la produzione illecita di embrioni e il transfer nelle madri adottive, evitare che si producano embrioni in vista dell’adozione, magari dopo averli stivati in apposite banche, o escludere a priori che una coppia o una donna ceda per denaro i propri embrioni. Approvare la generosa disponibilità ad adottare gli embrioni congelati, potrebbe tradursi in una legittimazione e implicita promozione del ricorso a tecniche procreative inaccettabili e provocare un’altra forma di oggettualizzazione e di manipolazione dell’embrione, contribuendo ad abbassare ulteriormente nella società il rispetto per la vita umana e per la sua trasmissione.
Considerando queste difficoltà indubbie e oggettive, alcuni ritengono che la situazione degli embrioni congelati sia un labirinto dal quale non si esce neppure con le migliori intenzioni, come si leggeva in Donum vitae nel 1987: gli embrioni congelati sono «esposti a una sorte assurda, senza possibilità di poter offrire loro vie sicure di sopravvivenza lecitamente perseguibili» (I, 5). Altri – e noi siamo tra questi – ritengono che le indicazioni del Magistero sull’adozione prenatale rappresentino un invito alla prudenza e a non minimizzare i problemi che tale adozione comporta, ma non una preclusione assoluta. È possibile, infatti, immaginare situazioni in cui non esistono collusioni di alcun tipo con pratiche procreative inaccettabili, ma c’è soltanto il desiderio di genitorialità di una coppia disposta ad accogliere, con amore incondizionato, i figli venuti dal freddo. La novità di queste situazioni è sconcertante, ma l’amore rende audaci.