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E il Colosseo si tinse del sangue dei martiri

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Xavier Le Normand - pubblicato il 26/02/18
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Il 24 febbraio 2018 Aiuto alla Chiesa che Soffre ha organizzato un evento eccezionale a Roma al fine di risvegliare le coscienze sulle persecuzioni contro i cristiani commesse in tutto il mondo. Per l’occasione, diverse vittime dirette di queste violenze sono state invitate a offrire la loro testimonianza.

La ragazza sul piazzale parla veloce. Si esprime in urdu, la sua lingua natale (e la sola che conosca). Ma una parola trasparente le torna spesso alle labbra, nel suo discorso: mama… mamma. La madre, di cui parla con emozione, è Asia Bibi, imprigionata da lunghi anni in Pakistan in nome delle leggi che castigano la “bestemmia” contro l’Islam. Asia Bibi non ha neppure commesso il crimine che le viene imputato. La sua sola colpa? Aver bevuto nel medesimo bicchiere delle sue colleghe musulmane. Essendo cristiana, quindi impura.

A dure riprese – in prima istanza e in appello – i giudici pakistani hanno ritenuto che il fatto meritasse la pena di morte. Ora i giudici della corte suprema non osano esprimersi per via delle violenze terroriste di cui si vedono già minacciati da gruppi islamisti. Un ministro, Shahbaz Bhatti, è già morto per aver apertamente sostenuto Asia Bibi. Anche lui era cristiano. Un martire.

Eisham Ashiq prosegue nel suo discorso. La sua voce accelera, si tende, si scioglie in lacrime. A sentirla, anche solo in traduzione, le gole si strozzano: la giovane raccontava il suo ultimo ricordo della madre fuori dal carcere, quando i poliziotti sono venuti ad arrestarla. La bimba aveva allora nove anni, ha visto Asia Bibi essere trascinata nella polvere, al limite dello stupro.

«È un dolore che non posso dimenticare», sospira Eisham Ashiq. Suo padre raccoglie la parola e continua: il calvario di Asia Bibi – indica – avrebbe fine se lei rinnegasse la sua fede e sposasse un musulmano. Ma lei non vuole abbandonare né Gesù né la sua famiglia.

A Roma, proprio dietro la strada donde parla la famiglia di Asia Bibi, il Colosseo s’è illuminato di rosso. Un’iniziativa di Aiuto alla Chiesa che Soffre finalizzato a risvegliare le coscienze circa le persecuzioni che ancora oggi tanti cristiani subiscono in tante parti del mondo. Duemila anni dopo essere stato teatro del martirio dei cristiani, il Colosseo si unisce ai martiri e riveste simbolicamente il colore del loro sangue.

Un’altra vittima delle persecuzioni anti-cristiane è stata invitata ad esprimersi: Rebecca Bitrus, nigeriana ventottenne rapita da Boko Haram nel 2014. Il suo viso è costantemente segnato da una grande tristezza, vi si legge incisa la sofferenza. E del resto anche la sua storia è stata terribile. I suoi rapitori volevano – essi pure – convertirla all’islam, cosa riguardo alla quale ella s’è sempre ostinatamente rifiutata. Il rosario che è riuscita a conservare segretamente in tasca è il suo solo alleato.

Ma un giorno i terroristi non ne poterono più. Presero il suo figlioletto, di un anno appena, e lo gettarono nel fiume – racconta Rebecca mentre le lacrime rigavano il suo viso. Quanto a lei, la giovane è stata lungamente violentata. Dagli stupri è rimasta incinta e dà alla luce un bambino. Malgrado le terribili circostanze, lo ama e quando finalmente riesce a scappare porta suo figlio con sé.

Troppi cristiani continuano a offrire «la testimonianza del sangue versato», afferma vibrante il cardinal Parolin, braccio destro di Papa Francesco. Eppure, essi chiedono solamente di poter credere nel Vangelo, un «messaggio di amore e di perdono» offerto da un Signore tenero e misericordioso. Ma le ideologie preferiscono «sopprimere piuttosto che integrare chi sembri mettere in discussione le certezze», stigmatizza l’alto prelato.

Per Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo (anch’egli presente all’evento), la religione non è solamente un fatto privato: ciascuno deve avere la possibilità di professare liberamente la propria. E siccome l’Europa garantisce a tutti tale libertà – prosegue – è lecito domandare che essa sia applicata in tutto il mondo. Le Nazioni Unite devono così riconoscere il “genocidio” dei cristiani d’Oriente, così come ha fatto il Parlamento europeo.

Dopo il discorso, alla fine della serata, dieci lanterne volanti sono lanciate nel cielo. Dieci lanterne per dieci cristiani morti nel corso degli ultimi anni per la loro fede. Tra loro dei preti iracheni, una ragazza italiana e ancora dei missionari. Ma anche padre Jacques Hamel, assassinato in Francia da islamisti mentre celebrava la messa.

Le lampade hanno portato la loro luce, d’un giallo vivido, verso il Cielo. In esse s’è intravista l’anima dei martiri che raggiunge il Padre. A terra, il Colosseo resta imporporato del loro sangue prezioso.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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