Ha passione, idee chiare, due genitori che lo sostengono e già in testa il menu del locale dei suoi desideriLeggendo il nuovo numero di BenEssere di aprile, disponibile nelle edicole e in abbonamento in formato digitale, mi sono imbattuta anche in questa bella storia. L’attenzione è stata attirata non solo dall’espressione di Alberto, il ragazzo protagonista, e dal fatto che abbia indicatori somatici della sindrome di Down, ma soprattutto dalla qualità della sua storia, semplice ed eroica insieme. I suoi genitori, Ezio e Ornella, nell’articolo dedicato alla loro vicenda, si affrettano a spiegare che sono una famiglia normale. Sono cose che tocca dire, ai nostri tempi.
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Hanno ragione. E non è una maschera, uno schema di difesa che le coppie con figli portatori di qualche handicap utilizzano per rendere più accettabile la propria condizione. Hanno un figlio, nato a Desenzano del Garda, del quale hanno scoperto la condizione genetica alla nascita. I primi medici si sono premurati con inspiegabile zelo di terrorizzarli. Ma presto, raccontano, ne hanno incontrati altri, di medici, operatori, amici, che invece hanno diradato nubi e suggerito strade. E soprattutto c’era lui, Alberto! Loro figlio, punto.
Certo la sindrome di Down è e resta una condizione genetica anomala che costa alla persona portatrice e a chi se ne prende cura, difficoltà più o meno imponenti sia sul fronte dello sviluppo sia per la conquista di un generale benessere fisico. Ma offre anche di solito in corredo una spontaneità e una capacità affettiva fuori dal comune. I genitori dichiarano apertamente la loro solida fede in Gesù Cristo che si declina in una sublime e molto pratica fiducia nella Provvidenza; in psicologia diventa resistenza e resilienza e sul fronte spirituale in speranza e gioia. Hanno anche scritto un libro insieme, padre e figlio, dal titolo curioso, Scoprirsi Down – La storia di Alberto, raccontata da lui stesso, di Alberto ed Ezio Meroni, Edizioni San Paolo.
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Fatto sta che Alberto si è diplomato all’Istituto Alberghiero di Monza e a Cusano Milanino invece lavora come cuoco, assunto in un ristorante. Fa anche molte altre cose, nel tempo libero:
«Gioco nella Special Olympics della Vero Volley e alleno una formazione giovanile del Consorzio Vero Volley, dove sono assistente coach. Vivo le partite da tifoso, con gli ultras della Vero Volley. Suono i tamburi, guido la curva nei cori. Così mi sembra di essere in campo e di aiutare i giocatori», racconta a BenEssere.
Lui e i suoi vivono a Cinisello Balsamo ma il cuore batte forte per l’amato Lago di Garda. Ha una nonna qua (ci abito anche io!) proprio vicino Sirmione e intende portare avanti il suo locale, che ora è un bar, quando sarà ci saranno le condizioni. Vuole farne un ristorante a menu vegano e vegetariano (ma perché lo hanno traviato, questo ragazzo!) contaminate con la cucina gardesana. Ecco allora, caro Alberto, uno spiedo – pietanza irriducibilmente a base di carne – sulla sponda bresciana del Benaco, mi spiace ma ti tocca.