Veglia di preghiera ecumenica – nell’“ecumenismo del sangue” – a santa Maria in Trastevere. A presiederla il Prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Qual è il punto in comune tra il francese Jacques Hamel, l’italiano Pino Puglisi e il salvadoregno mons. Oscar Romero? Tutti e tre hanno offerto la vita per Cristo e per testimoniare il Vangelo. I nomi di questi tre preti sono stati citati accanto a quelli di decine di altri martiri di tutto il mondo durante una grande veglia ecumenica organizzata il 27 marzo 2018. Tra i martiri onorati, un gran numero di preti ma anche dei religiosi e dei semplici laici. Tutti sono testimoni delle fede.
Grande veglia di preghiera a Roma
A far fede dell’importanza conferita a questa veglia di preghiera organizzata nella basilica di Santa Maria in Trastevere, a pochi minuti dal Vaticano, la presidenza del cardinale Marc Ouellet, prefetto dell’importante Congregazione per i Vescovi. Nella basilica, una delle più antiche di Roma, non sarebbe cascato uno spillo a terra, tanta era la gente accorsa per partecipare. Tutta l’assemblea, composta di cattolici, ortodossi e anglicani, ha pregato con un solo cuore per i martiri cristiani. Canti in tutte le lingue hanno costellato la celebrazione, rendendo omaggio a questi testimoni raccolti dai quattro angoli della terra.
Dopo la lettura di un salmo – «Il mio aiuto viene dal Signore» (Sal 120) – e la proclamazione del Vangelo delle Beatitudini, vero gonfalone dei discepoli di Cristo, i nomi dei cristiani che hanno «offerto la loro vita per il Vangelo» sono stati solennemente sgranati, come in un grande rosario. «Il nostro tempo è quello dell’ecumenismo del sangue», ha dichiarato il cardinale Ouellet nella sua omelia, riprendendo quindi le parole di Papa Francesco.
La nostra epoca – ha proseguito – è puntellata di martiri come non era mai avvenuto prima, nell’abbraccio di tutte le Chiesa. Per l’alto prelato, rendere loro omaggio avvicina a Cristo e quindi avvicina i cristiani fra di loro. Si tratta di portare fieramente, e all’unisono, la testimonianza suprema del dono della vita. E il modo più profondo di riconciliare i cristiani di differenti confessioni, ha insistito il cardinale canadese.
Contesti differenti
La lenta litania dei nomi ha riflesso la diversità di tali doni supremi, rischiarati dalla luce del Vangelo. Così alcune religiose hanno speso le loro ultime forze accompagnando dei malati e dei poveri, contraendo a loro volta i loro virus mortali. Dei cristiani sono stati torturati e uccisi per puro odio alla loro fede in Gesù Cristo. Per esempio gli armeni nel 1915, ma anche quelle cinque donne del Daguestan russo nello scorso febbraio. A questi testimoni di ieri e di oggi il cardinale Ouellet non ha mancato di aggiungere le vittime dei conflitti che infuriano nel Burundi e nello Yemen.
Per il prefetto del dicastero, questi cristiani – conosciuti o anonimi – sono portatori di un messaggio di speranza e di fede: «Il loro sangue versato è quello di Cristo che ancora oggi continua a scorrere». È un “dovere di memoria”, ha insistito, il lodare Dio per la grazia della loro testimonianza. E i fedeli devono invocare lo Spirito Santo per trovare la forza «di servire e di amare», seguendo il loro esempio.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]