Nella nuova esortazione apostolica “Gaudete et Exsultate”, Francesco torna a parlare del diavolo
Una santità alla portata di tutti, ma con tante insidie. E’ quella di cui parla Papa Francesco nella nuova esortazione apostolica “Gaudete et Exsultate” (“Rallegratevi ed esultate”).
Bergoglio affronta il tema della «santità della porta accanto, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, la classe media della santità». Perché la santità è per tutti, non solo per una élite: anche se spesso «si contemplano modelli di santità che appaiono irraggiungibili», essa è presente nelle persone semplici, in coloro che decidono di seguire le beatitudini evangeliche.
I due pericoli
In questo percorso il Papa decide di sottoporre all’attenzione di tutti due «nemici» della santità. Francesco, scrive Padre Antonio Spadaro su La Civiltà Cattolica (9 aprile) insiste sul pericolo dello gnosticismo e del pelagianesimo. Sono gli stessi rischi messi in luce dalla recente Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede Placuit Deo, indirizzata ai vescovi della Chiesa cattolica, su alcuni aspetti della salvezza cristiana.
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“Elucubrazioni psicologiche e mentali”
Lo gnosticismo è una deriva ideologica e intellettualistica del cristianesimo, trasformato «in un’enciclopedia di astrazioni», secondo il quale, solo chi è capace di comprendere la profondità di una dottrina sarebbe da considerare un vero credente (Gaudete et Exultate 37). Il Papa è molto duro al riguardo e parla di una religione «al servizio delle proprie elucubrazioni psicologiche e mentali» (GE 40) che allontanano dalla freschezza del Vangelo.
Cosa chiede il popolo
Per questo, evidenzia Padre Spadaro, citando l’esortazione apostolica, non è possibile considerare la nostra comprensione della dottrina come «un sistema chiuso, privo di dinamiche capaci di generare domande, dubbi, interrogativi». Infatti, «le domande del nostro popolo, le sue pene, le sue battaglie, i suoi sogni, le sue lotte, le sue preoccupazioni, possiedono un valore ermeneutico che non possiamo ignorare se vogliamo prendere sul serio il principio dell’incarnazione. Le sue domande ci aiutano a domandarci, i suoi interrogativi ci interrogano» (GE 44).
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Il pelagianesimo
L’altro grande nemico della santità è il pelagianesimo, quell’atteggiamento che sottolinea in maniera esclusiva lo sforzo personale, come se la santità fosse frutto della volontà e non della grazia.
«Quelli che rispondono a questa mentalità pelagiana o semipelagiana – afferma il papa – benché parlino della grazia di Dio con discorsi edulcorati, «in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico».
Vizi e ossessioni
Le caratteristiche del “cristiano-pelagiano” sono «l’ossessione per la legge, il fascino di esibire conquiste sociali e politiche, l’ostentazione nella cura della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa, la vanagloria legata alla gestione di faccende pratiche, l’attrazione per le dinamiche di auto-aiuto e di realizzazione autoreferenziale» (GE 57).
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“Un pezzo da museo”
Molte volte, prosegue il papa, la vita della Chiesa si trasforma in un pezzo da museo o in un possesso di pochi. «Questo accade quando alcuni gruppi cristiani danno eccessiva importanza all’osservanza di determinate norme proprie, di costumi o stili. In questo modo, spesso si riduce e si reprime il Vangelo, togliendogli la sua affascinante semplicità e il suo sapore» (GE 58).
“Combattimento permanente”
Se gnosticismo e pelagianismo sono nemici pericolosi della santità, ci sono una serie di ulteriori insidie a cui il cristiano deve prestare molta attenzione. Altrimenti quel percorso verso la santità, rischia di incrinarsi ancora maggiormente.
«La vita cristiana è un combattimento permanente. Si richiedono forza e coraggio per resistere alle tentazioni del diavolo e annunciare il Vangelo. Questa lotta è molto bella, perché ci permette di fare festa ogni volta che il Signore vince nella nostra vita» (GE 158).
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Il diavolo
E, dunque, il Papa non riduce la lotta a una battaglia contro la mentalità mondana che «ci intontisce e ci rende mediocri», né a una lotta contro la propria fragilità e le proprie inclinazioni. Ognuno ha la sue, precisa Francesco: la pigrizia, la lussuria, l’invidia, le gelosie, e così via. Essa è anche «una lotta costante contro il diavolo, che è il principe del male» (GE 159).
Emblematico questo passaggio:
Non pensiamo dunque che (il diavolo ndr) sia un mito, una rappresentazione, un simbolo, una figura o un’idea. Tale inganno ci porta ad abbassare la guardia, a trascurarci e a rimanere più esposti. Lui non ha bisogno di possederci. Ci avvelena con l’odio, con la tristezza, con l’invidia, con i vizi. E così, mentre riduciamo le difese, lui ne approfitta per distruggere la nostra vita, le nostre famiglie e le nostre comunità, perché «come leone ruggente va in giro cercando chi divorare» (1 Pt 5,8) (GE 161).
Stordimento e torpore
Il cammino della santità richiede che stiamo con «le lampade accese», perché chi non commette gravi mancanze contro la Legge di Dio può «lasciarsi andare ad una specie di stordimento o torpore» (GE 164), che conduce a una corruzione che è «peggiore della caduta di un peccatore, perché si tratta di una cecità comoda e autosufficiente dove alla fine tutto sembra lecito» (GE 165).
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L’aiuto del discernimento
Il dono del discernimento aiuta in questa battaglia spirituale, perché fa comprendere «se una cosa viene dallo Spirito Santo o se deriva dallo spirito del mondo o dallo spirito del diavolo» (GE 166).
Questa parte dell’Esortazione apostolica è il suo cuore pulsante. Per Bergoglio una vita santa non è semplicemete una vita virtuosa, nel senso che persegue le virtù in generale. Essa è tale, perché sa cogliere l’azione dello Spirito Santo e i suoi movimenti, e li segue.
«Senza la sapienza del discernimento – chiosa il papa – possiamo trasformarci facilmente in burattini alla mercé delle tendenze del momento» (GE 167).