Maggio, mese mariano: ecco un’antica tradizione per le donne che hanno difficoltà a concepire un figlio e per quelle che chiedono una gravidanza serena
Dopo una prima gravidanza da manuale, ho avuto un aborto spontaneo. È stato un colpo durissimo, quella perdita è una ferita ancora aperta: io e mio marito chiamammo Teresa la bimba spentasi troppo presto e tuttora le affidiamo la nostra famiglia, perché lei dal cielo ci sostenga.
Fu anche una botta durissima per il mio Ego, va detto. Visto che una gravidanza era andata perfettamente bene, la mia testa non contemplava affatto che le successive avrebbero potuto essere più complicate. Nonostante tutte le belle parole professate a voce, sull’affidarsi a Dio, in fondo ero certa di essere una brava padrona per tutto ciò che accadeva nel mio corpo: ero capace di generare figli e di farlo alla perfezione.
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È un bene che l’orgoglio venga messo al tappeto in modo anche doloroso, perché poi si spalanca la vista su un mondo più grande, più spettacolare, anche più vertiginoso, di quello che la nostra piccola testa contempla. Mi ritrovai a tremare nel desiderare un altro figlio. Fu allora che un amico di mio marito ci parlò della tradizione del nastro azzurro della Casa di Loreto.
Le Monache passioniste hanno il loro monastero accanto al Santuario di Loreto e, tra le molte iniziative di devozione, benedicono questi nastri azzurri lunghi circa un metro e mezzo appoggiandoli alle pietre della Santa Casa e distribuendoli alle spose che ne fanno richiesta, sia per avere una gravidanza serena, sia per chiedere una gravidanza a lungo attesa. Una volta ricevuto il nastro, va indossato legandolo delicatamente attorno alla pancia.
Quelle pietre sono testimonianza vivente di una nascita miracolosa, tra quelle pareti il Verbo si è fatto carne e una Vergine di Nazareth concepì un figlio per opera dello Spirito Santo: «essere appoggiati» a quel muro è sentirsi aggrappati al mistero stesso della vita e all’abbraccio di un Padre che ama ogni creatura prima che venga concepita nel grembo di una madre.
È una tradizione antichissima, lo stesso Re Sole, nato nel 1638, nacque sotto la protezione della Madonna di Loreto, dopo che i suoi genitori chiesero la Sua intercessione.
Sono tantissime le testimonianze di famiglie che hanno ricevuto la grazia di un figlio indossando il nastro azzurro. Tra queste, la storia di Barbara Pirri è senz’altro quella più conosciuta perché la donna si è spesa per diffondere l’esistenza di questa benedizione su molti mezzi di comunicazione: dice della sua fede all’acqua di rose – credeva ma non praticava -, dice della difficoltà a rimanere incinta e del dolore che lei e suo marito provavano, dice infine dell’arrivo di una bimba dopo aver indossato il nastro azzurro. Ma Barbara testimonia soprattutto il cambiamento di sé: quella nascita non è stata solo l’adempimento benedetto di un desiderio, ma uno strumento di cambiamento del suo cuore che si è spalancato.
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Nel mio piccolo, posso proprio confermare questa verità: i figli non sono nostri, il loro arrivo è un progetto che Dio porta avanti per il mondo, non per fare felici i genitori. Ecco, indossare il nastro azzurro per me ha significato proprio convertirmi più concretamente a questo sguardo. Quella che è cambiata sono io. Io ho – a tentoni – cominciato a guardare la mia vita in modo meno egoistico, ne sono protagonista ma non motore principale.
In fondo, quel che è accaduto nella Casa Santa contiene tutto il succo della storia: tutto sta in piedi rispondendo «Sì» all’Angelo che porta una chiamata inaspettata, rispondendo «Sì» alla Provvidenza che si cala tra le mura di ogni casa del mondo portando buone notizie, forse diverse o forse simili a quelle che attendevano, in ogni caso feconde di un bene che toccheremo con mano.
Chiunque sia interessato a ricevere il nastro azzurro della Casa Santa di Loreto, può rivolgersi alle Monache Passioniste.
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