Fondati nel 1218, i Mercedari riscattavano la vita dei cristiani prigionieri. Oggi lavorano con chi è soggetto alle “forme moderne di schiavitù”Pietro Nolasco era noto per il fatto di avere come virtù principale l’amore per il prossimo. Si diceva che la gente se ne fosse accorta già quando era bambino, perché mentre era in culla uno sciame di api si posò su di lui e formò un favo sulla sua mano destra. Non venne mai punto.
Pietro nacque a Castelnaudary (nel sud della Francia) nel 1189 in una famiglia agiata. I suoi genitori morirono quando era molto giovane, lasciandogli una sostanziosa eredità. Visto che all’epoca l’eresia albigese si stava diffondendo in Francia, Pietro usò quel denaro per recarsi a Barcellona, per allontanarsi il più possibile dagli albigesi.
Era adolescente quando arrivò a Barcellona, e sì unì all’esercito che stava combattendo gli albigesi nella Penisola iberica (la maggior parte della Spagna e il Portogallo). L’esercito era guidato da Simone di Monfort.
Quando il re Pietro II d’Aragona venne sconfitto nella battaglia di Muret, suo figlio di appena 6 anni, Giacomo I, venne catturato, e Pietro fu nominato suo tutore. Dopo aver compiuto un pellegrinaggio al santuario di Nostra Signora di Montserrat, Pietro iniziò a mostrare la sua carità.
La sua preoccupazione per i cristiani che venivano fatti prigionieri cominciò a delinearsi, e decise di istituire un ordine religioso dedicato ad aiutare le vittime dei Mori, che catturavano e schiavizzavano migliaia di cristiani. Spesso lo si sentiva dire che avrebbe volentieri offerto se stesso in riscatto se avesse potuto.
Pietro Nolasco iniziò a riscattare i prigionieri cristiani nel 1203. Nel 1218, Raimondo di Peñafort fondò un’organizzazione laica per riscattare gli schiavi. Pietro decise allora di fondarne una costituita da religiosi sotto la protezione di Maria.
Nel 1218 fondò anche una congregazione di religiosi che oggi, 800 anni dopo, è nota come Ordine di Santa Maria della Mercede, o Mercedari. Oltre ai voti “standard” di castità, povertà e obbedienza, i Mercedari assumono anche un quarto voto, offrendosi in cambio della liberazione di cristiani prigionieri. Nelle Prime Costituzioni dell’Ordine, del 1272, si legge che “tutti i fratelli dell’Ordine devono essere sempre disposti a offrire volentieri la propria vita, se necessario, come Gesù Cristo ha offerto la propria per noi”.
San Pietro Nolasco non ha mai perso di vista il fatto che avrebbe dovuto affidarsi alla Beata Vergine per portare avanti il suo ministero. Sapeva che non avrebbe mai potuto salvare i prigionieri senza l’aiuto della Madre di Gesù. Maria è legata al programma di liberazione. È il modello di ogni opera di redenzione. Pietro sapeva che la Vergine era colei che rafforzava e garantiva tutte le opere apostoliche che sarebbero state intraprese.
San Pietro Nolasco ha scoperto che Maria era la base della libertà e della misericordia, al punto che l’ordine da lui fondato è chiamato appunto Ordine della Beata Vergine della Mercede.
Da allora tutti i frati, le religiose e il Terz’Ordine hanno sempre considerato Maria la Madre della Libertà. È colei che sostiene e incoraggia l’ordine con la sua presenza continua. La Beata Madre ha aiutato Pietro Nolasco a capire che il mistero della redenzione di Dio è visibile nella prigionia e nel dolore di chi è trattenuto contro la propria volontà. Ancora oggi, i Mercedari offrono se stessi per la libertà altrui.
“Oggi, i frati dell’Ordine della Mercede continuano a riscattare persone dai tipi moderni di schiavitù, come le forme di schiavitù sociale, politica e psicologica. Lavorano nelle prigioni, nei quartieri emarginati, con chi soffre di dipendenze e negli ospedali. Negli Stati Uniti, l’Ordine della Mercede dà particolare importanza all’azione educativa e al lavoro parrocchiale”.
Papa Gregorio IX ha dato il sigillo ufficiale di approvazione da parte della Chiesa dell’Ordine della Mercede nel 1230. Pietro Nolasco è morto il 6 maggio 1256 ed è stato canonizzato nel 1628 da Papa Urbano VIII.
San Pietro Nolasco, prega per tutti noi.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]