Accade a Piacenza, un giovane si è scattato una foto mentre alle sue spalle giaceva a terra una donna ferita. Ma chi dei due è davvero in pericolo di vita?
«Selfie, selfie delle mie brame, chi è il più cliccato del reame?».
Non diceva così la favola originale, ovviamente, ma raccontava già la nostra storia. Era una regina a pronunciare davanti allo specchio la richiesta assillante di essere al centro degli sguardi di tutti, la più bella.
Era una regina, appunto. Quanto la sanno lunga queste vecchie favole!
Avere un reame, esserne a capo, dominarlo, esercitare il potere, nutrirsi di vanagloria, sterminare chi – come la povera Biancaneve – potrebbe rubare la scena. Perché la brama più grande di una regina meschina, o di un re, è starsene sola al centro dell’inquadratura, essere la sola figura a fuoco in un regno di comparse insignificanti. La brama di una regina è un selfie.
È anche la sua condanna.
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La nostra condanna è stata immortalata in uno scatto che da ieri sta facendo il giro di Tv e giornali, ma riguarda un fatto del 26 maggio: siamo a Piacenza, in stazione.
Una donna canadese è riversa a terra, dopo essere stata investita da un treno (questo incidente le è costato l’amputazione di una gamba); attorno a lei alcuni soccorritori e di lato, sulla banchina, un ragazzo tutto vestito di bianco che si scatta un selfie di fronte alla scena, facendo con le mani il segno di vittoria. Non è dato sapere quale espressione producesse davanti a favore del suo smartphone (sorride? mima gli sguardi attoniti da film horror?).
Si sono moltiplicati commenti di disappunto, e anche provvedimenti legali a carico del giovane.
Tutto giusto, cioè condivisibile: è un fatto che suscita indignazione, amarezza, un filo di rabbia persino. Per non scatenare tutte le cattiverie viscerali di cui sono capacissima, faccio un passo indietro.
Ritorno al tempo della scuola media quando l’insegnante di educazione all’immagine ci metteva davanti la riproduzione di un quadro e ci chiedeva: «Cosa vedi?».
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Un selfie al selfie
Ecco. Cosa vedo nella foto che sta facendo il giro del web?
All’estrema destra vedo un gruppo umano, indaffarato attorno a una donna riversa a terra; al centro vedo la linea retta dei binari, un’inesorabile barriera di separazione con ciò che accade all’estrema sinistra: un ragazzo solo, tutto in bianco, che guarda in direzione opposta al gruppo umano.
Per farsi un selfie, lui guarda altrove. Il centro della scena è alle sue spalle e lui fissa lo sguardo in direzione opposta per essere al centro dell’inquadratura col suo volto. Con un click è la telecamera del telefono a girarsi, annullando il gesto più umano possibile: voltarsi verso qualcuno che grida. La regola di questo macabro selfie è perdere di vista l’eclatante, il fulcro, per mettere a fuoco sé. E mettere a fuoco sé significa perdere la realtà.
La vera bandiera bianca che sventola la resa, è questo giovane che si perde il meglio per guadagnare sé. E non guadagna neppure sé. Si crede un re, brama una visibilità virtuale, e in realtà è l’unico ad essere solo, inoperoso e voltato dalla parte sbagliata.
Cosa dice Gesù ad un certo punto?
«Quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?» (Luca 9,25)
È proprio la didascalia della foto che immortala il giovane impazzito per un selfie macabro in stazione: per metterci al centro del mondo, sbagliamo inquadratura … e ci perdiamo. Ed è pure una finta “presenza”: sei parte dello scatto senza essere parte viva della scena. Per essere noi stessi, dobbiamo stare nel vivo del mondo, nel pulsare degli eventi. È quando siamo talmente affogati di realtà da dimenticarci di noi, che il nostro io viene fuori più a fuoco. Rinnegare se stessi per trovarsi, è questa la proposta paradossale di Gesù che trova così tanti segni di conferma nella quotidianità.
Cosa vuoi inquadrare, allora? Anzi. Dove vuoi guardare? A un passo da te accadono miracoli e tragedie, avanti: fai un salto grande oltre quei binari di separazione e indifferenza. Tuffati nella vita, butta lo specchio, il reame e i click.