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Giornalista argentina si oppone all’aborto e viene cacciata dal canale televisivo per cui lavora

AMALIA GRANATA
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Esteban Pittaro - pubblicato il 28/06/18
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“E pensare che se fossi nata in un’altra epoca mi avrebbero bruciata sul rogo! Ma non mi faranno tacere”, ha detto dopo il licenziamentoUn funzionario del Governo della città mangia una torta a forma di Cristo e viene confermato nel suo incarico. Una giornalista si esprime contro l’aborto e perde il lavoro. Così vanno le cose in Argentina.

La giornalista Amalia Granata, che lavorava per Canal Nueve, è stata cacciata dal programma Todas las tardes. Il motivo, formalmente e per come hanno riconosciuto le autorità del canale, è un tweet in cui rimprovera l’atteggiamento di chi promuove la depenalizzazione dell’aborto non reclamando una migliore prevenzione contro il tumore al seno. Il contesto ha a che vedere con la morte recente per questa malattia della figlia di María Eugenia Fernández de Laprida, personaggio popolare in Argentina come una delle Trillizas de Oro.

“Il tumore al seno è la prima causa di morte delle donne in Argentina, non le vedo con il fazzoletto verde mentre chiedono allo Stato prevenzione e tomografie per le più vulnerabili #coherencia #CuidemosLasDosVidas”, ha scritto la Granata. Né la madre né la famiglia della giovane scomparsa ha rimproverato la Granata. Anche loro, nel dolore dell’accompagnamento della malattia della ragazza, si erano espresse con la stessa chiarezza della giornalista contro l’aborto.

Diego Toni, gestore dei contenuti di Canal Nueve, ha tuttavia spiegato alla radio La Once Diez: “Amalia ha espresso un commento infelice in un momento infelice, soprattutto per la famiglia Laprida. Noi abbiamo interpretato quel tweet come molti mezzi di comunicazione importanti, e per questo ci è parso prudente sospendere momentaneamente Amalia. Spero che non sia per sempre, perché tutti abbiamo il diritto di sbagliare”.

AMALIA GRANATA

Canal 9

La conduttrice del programma, María Eugenia Lozano, si esprime a favore dell’aborto con la stessa decisione con la quale la Granata lo fa a favore di entrambe le vite, della madre e del nascituro, e ha ritwittato personaggi che accusano direttamente chi si oppone alla depenalizzazione, definendo come “antidiritti” chi osteggia l’aborto legale.

Nessuna delle persone che si oppongono al cambiamento della legge vigente dev’essere soddisfatta del fatto che per difendere la qualificazione vigente dell’aborto si dica loro che non rispettano i diritti. Offende. Ma nessuno ha chiesto il licenziamento di María Eugenia Lozano o di altri giornalisti per questo. E nessuno è stato licenziato per insulti diretti o indiretti proferiti da tanti comunicatori che hanno sminuito argomentazioni e posizioni contrarie alla depenalizzazione.

“Ogni lotta ha le sue conseguenze… la mia è costata il pane ai miei figli. Non abbasserò le braccia. #CuidemosLasDosVidas”, ha scritto la Granata dopo aver reso nota la decisione, aggiungendo: “E pensare che se fossi nata in un’altra epoca mi avrebbero bruciata sul rogo! Ma non mi faranno tacere! Non ho paura delle sceneggiate! Non mi spaventano, anzi, mi danno più forza. #SalvemosLasDosVidas”.

Schiacciante la risposta sulle reti sociali di chi ha sostenuto la comunicatrice, che non solo sul suo canale si è mostrata a favore di entrambe le vite, ma ha anche partecipato a manifestazioni pubbliche contro la legalizzazione dell’aborto ed è stata molto attiva sulle reti sociali in questo senso.

Lo hanno fatto pochi altri giornalisti, come Mariano Obarrio, di cui abbiamo scritto su Aleteia, che hanno criticato il fatto che dei giornalisti dicano che il commento della Granata sulle reti “è stato ‘poco felice o sfortunato’ solo per giustificare il licenziamento da @canal9oficial: è un chiaro attentato contro la libertà d’espressione e la libertà di pensiero”. “Sembra che l’aborto li renda autoritari”, ha scritto su Twitter.

L’Argentina si prepara ad assistere a un dibattito al Senato su una legge che impedisce agli operatori sanitari di opporsi in ogni circostanza alla realizzazione di un aborto. Nel frattempo, ci sono segnali del fatto che pensarla diversamente possa portare a rappresaglie simili a quelle dei medici, che saranno obbligati, se la legge passerà, a iscriversi a una lista come obiettori. Con questa legge, difficilmente un obiettore arriverà a occupare un posto di rilievo nella gerarchia di un ospedale pubblico. Anche senza questa legge, i giornalisti che la pensano diversamente hanno problemi per svolgere liberamente il proprio lavoro nelle principali emittenti argentine.

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