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Così l’Angelo Custode consolava Padre Pio dopo la sentenza del Sant’Uffizio

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Gelsomino Del Guercio - published on 30/06/18
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I cardinali avevano decretato che le stimmate non erano soprannaturali. Pio apprende la notizia e quando torna nella sua cella vede un pulviscolo luminoso

“La Suprema sacra Congregazione del Santo Uffizio, cui spetta di provvedere all’integrità della Fede e dei Costumi, premessa una inchiesta sui fatti che vengono attribuiti al P. Pio da Pietrelcina dei Minori Cappuccini del Convento di San Giovanni Rotondo nella Diocesi di Foggia, dichiara non constare da tale inchiesta della soprannaturalità di quei fatti ed esorta i fedeli a conformarsi nel loro modo di agire a questa dichiarazione”.

Luglio 1923, cala il gelo sul convento dei Cappuccini di San Giovanni Rotondo. L’Osservatore Romano pubblica la sentenza del Sant’Uffizio: le stimmate di Padre Pio non hanno alcun tratto di soprannaturalità.

Il giornale è del 5 luglio. Ma la data della dichiarazione ufficiale, riportata negli Acta Apostolicae Sedis, è del 31 maggio.

La sentenza è riportata anche nel fascicolo Analecta Ordinis Fratrum Minorum Cappuccinorum, appena arrivato in convento.

La relazione di Gemelli

Determinante nel responso è stato lo scontro tra il cappuccino di Pietrelcina (allora 36enne) e Padre Agostino Gemelli, il famoso medico, psicologo e teologo, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, e consulente scientifico del Sant’Uffizio, che si è concluso con la mancata visita medica di Gemelli a Pio.

Roberto Allegri ricostruisce quel drammatici momenti in La dolcezza del fuoco” (Ancora editrice).

I frati sono scossi. Quando Padre Pio li raggiunge in mensa provano a nascondere i fogli che riportano la sentenza, ma il frate se ne accorge, legge quello che gli riguarda e resta in silenzio.



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La solitudine del frate

Poi torna in cella. Mentre cammina lento nel corridoio, si sente solo come non mai. Dalle finestre aperte entrano i rumori della vita: i cinguettii, le grida dei ragazzi del paese saliti al convento per il catechismo, il muggito di una mucca, il belato di un gregge, i richiami dei contadini che stanno falciando. Ma padre Pio non sente niente. Quello che ha letto sul giornalino dei cappuccini lo ha racchiuso in una colata di piombo, mutandolo in una statua lontana dal resto del mondo.

Le parole sono come bastonate. Per i cardinali di Roma, i rappresentanti di quella Chiesa di Cristo che Pio ama come la sua stessa madre, nulla di ciò che lo riguarda viene dal Cielo. Nulla.


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Il diavolo

«Non ho mai chiesto di essere un esempio», dice piano entrando nella sua cella e posando gli occhi sul crocifisso appeso alla parete. «Mai ho voluto essere guardato come qualcuno di speciale ma solo come un tramite per rivolgere la mente e il cuore all’Altissimo. Questo sarebbe il conforto che desidero. Invece, hanno fatto di me un reietto».

«Ti hanno abbandonato».

È la voce roca e catarrosa che Pio avverte attorno a sé nei momenti difficili. Una voce che è come fumo, denso e acre e lo avvolge come le spire di un serpente.

«Ti hanno lasciato solo. Ti odiano e hanno paura di te, stupido frate che non sei altro!».

«No!», grida Pio. E i suoi occhi velati di pianto mandano scintille come quando si tocca col ferro il ceppo sul fuoco. «No! Vattene e lasciami stare!».



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Il Vangelo di Luca

Si lascia cadere sul letto, si china in avanti, si copre il viso con i guanti. Le lacrime irrompono come da una fontana e si mescolano al sangue che filtra dalle bende lasciandogli sulle guance una tinta rosata. Ma di colpo, alza la testa. Si asciuga gli occhi con la manica del saio. Allunga la mano e prende il Vangelo, sulla sedia accanto. Con le dita tremolanti, apre il libricino e si trova di fronte il Vangelo di Luca:

«Padre, se vuoi allontana da me questo calice. Però non la mia volontà sia fatta, ma la tua».

Gli apparve allora dal cielo un angelo, a dargli forza. E in quel preciso istante, il viso di Pio si rasserena e un sorriso lucente esplode tra la sua barba bagnata di lacrime. «Sei venuto a confortami, piccolo amico della mia infanzia», dice balbettando, mentre il pulviscolo che si agita a mezz’aria illuminato dalla piccola finestra si addensa e prende forma.



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Il rosario

Padre Pio da Pietrelcina, frate cappuccino che da cinque anni porta sul proprio corpo i segni sanguinanti della crocifissione, che trascorre anche venti ore al giorno seduto nel confessionale ad ascoltare le miserie della gente e che ora porta sulla schiena il peso di una condanna del Sant’Uffizio, fruga nella tasca del saio, estrae la corona del Rosario e piangendo di gioia inizia a pregare.



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