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La solitudine nella coppia: beneficio o pericolo?

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Isabelle du Ché - pubblicato il 03/07/18
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Essere in due, condividere tutto, vivere sempre insieme momenti di qualità, capirsi con un colpo d’occhio… Smettetela di sognare, la vita di coppia non è fusione. Necessita talvolta di saper essere soli. Come trovare il giusto equilibrio tra una necessaria solitudine e quella che uccide la relazione coniugale? Aleteia ha intervistato Marie-Aude Binet, consulente famigliare e sessuologa.

Isabelle du Ché: Quali sono i benefici della solitudine nella vita coniugale?

Marie-Aude Binet: I benefici sono molteplici: sentirsi bene con sé stessi, fare ciò che si ama, ritrovarsi per meglio tornare verso l’altro o comprenderlo, prendere delle distanze nei conflitti, sopportare meglio i periodi di assenza del coniuge…


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A seguito di un cambiamento professionale, Patrick è stato separato geograficamente da sua moglie nei giorni feriali della settimana. Patendo la solitudine, ha cercato di colmarla con un’altra donna. Presa coscienza dell’impasse della situazione e della sofferenza così generata, il marito ha cercato di comprendere che cosa lo aveva spinto all’infedeltà. Ha realizzato allora che non sapeva essere solo. Nella sua infanzia – che pure pareva felice – non c’era alcuno spazio per lui. Sua madre era affettivamente molto presente. Ha allora deciso di ritagliarsi regolarmente un momento di solitudine, praticando uno sport che fino a quel momento aveva trascurato. Il suo equilibrio si è così ristabilito. Lo stesso Julie, donna molto attiva in famiglia e sul lavoro. Sentiva importanti angosce affettive, legate in particolare a un avvenimento doloroso della sua infanzia. Il semplice fatto di concedersi una pausa, da sola, per prendere un tè sulla terrazza di un café, l’ha riconnessa con sé stessa. Così si è autorizzata a prendersi cura di sé, scegliendo ciò che le faceva del bene.


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I. d.C.: Essere soli, sentirsi soli. Che differenza c’è?

M.-A. B.: L’abbiamo appena visto: essere soli procura numerosi benefici e può evitare un esaurimento psicofisico. Ma è frequente che ci si senta soli, in una coppia. È assolutamente normale, perché l’altro non può colmare tutto. La relazione coniugale non può essere il suolo luogo di ricarica e di distensione. Avendo compreso ciò, Caroline ha appreso col tempo a trovare nella sua vita amicale e professionale le risorse e i riconoscimenti necessari al suo equilibrio. Ella ha così potuto adattare la propria relazione coniugale alla sua vita personale, senza essere schiava di un sentimento di solitudine.



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I. d.C.: Esistono parecchie forme di solitudine. Ce le illustri.

M.-A. B.: La prima forma di solitudine non scelta è la solitudine affettiva. È per esempio quando uno si lamenta di essere sempre il motore che avvia o sostiene un dialogo. Era questo il caso di Chantal, 58 anni, che soffriva il prendere sistematicamente l’iniziativa in una relazione sessuale. In queste differenti situazioni il coniuge mortificato può tentare di trovare altrove l’ascolto, la tenerezza, la conversazione che gli mancano. Può anche radicarsi nella coppia una forma di coabitazione in cui ciascuno mantiene le proprie distanze rispetto all’altro e nulla più viene condiviso.


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Tra le coppie si nota pure una solitudine psicologica o relazionale. Ecco due esempi. Bruno, all’età di 35 anni, ha perso suo padre e poi suo fratello con un breve intervallo di tempo. Si è sentito molto solo nell’attraversare questo lutto. Sua moglie era gelosa del tempo che lui passava con la sua famiglia d’origine è non ha saputo essere in ascolto della sofferenza del marito. Adèle, arrivata a 25 anni di matrimonio, e avendo messo fra parentesi la sua vita professionale per consacrarsi all’educazione dei bambini, si è sentita sfinita per aver portato tutto da sola. Aveva la sensazione di non essere stata ascoltata dal coniuge. Le mancava crudelmente il riconoscimento del suo investimento. Aveva voglia di qualcos’altro ma non sapeva come fare. Ha avuto bisogno di lenire questa solitudine, andare fuori per rinforzarsi.


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La terza forma di solitudine è la solitudine geografica. Difficile non provarla quando gli sposi sono separati a causa di un lavoro, della malattia dell’uno o dell’altro, della salute dei parenti o di un bambino, di difficoltà finanziarie… Ognuno soffre di essere solo, e non si tratta solo di chi resta a casa. Il ritmo di vita non permette sempre di distanziarsi dai problemi o di fermarsi in due. La sfida sarà dunque quella di confrontare le due solitudini e di trovare, ciascuno secondo i propri desideri e le proprie possibilità, il tempo necessario a rinforzare il legame coniugale.

[Traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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