Ha ricevuto il Premio Bontà dalla provincia di Cremona. E’ lui il capofamiglia, ma porta questo peso con una certa allegria. Ha la fidanzata, studia con profitto e non ha per niente la faccia dell’oppresso. Vive, sta al suo posto ed è contentoPerché un fatto, una vicenda sia subito chiara a chi legge vale ancora -eccome- la regola delle 5 w: chi? cosa? dove? quando? perché? Ma in questa storia occorre aggiungere un’altra domanda: per chi questo ragazzo fa tutto quello che fa e nemmeno se ne stupisce?
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Stiamo parlando di Roberto Molinari, diciottenne di Spino d’Adda. Lui è il primo di due figli, la seconda è una bambina e ha ora 11 anni. La mamma, Rosarita ne ha 49 ma da almeno undici anni, stando alla memoria di Roberto bambino, soffre terribilmente a causa di una malattia che colpisce le articolazioni.
Al Corriere Roberto racconta che all’età di sette anni ha iniziato a rendersi conto che la sua mamma non era come tutte le altre. Era costretta a letto sempre più di frequente a causa di dolori così intensi da essere indescrivibili.
Ma Roberto ha capito presto e ha iniziato a farsi carico di quello che la mamma non poteva più fare. La colazione per esempio. E poi la spesa e le bollette. Ora che è maggiorenne è proprio lui il capofamiglia. Il papà c’è ma anche lui è invalido per le conseguenze di un infarto; si assenta comunque per lavoro e se prima Roberto quando la situazione era troppo critica lo chiamava e gli chiedeva di tornare ora in prima linea ci sta sempre lui.
Colpisce e consola conoscere storie come questa, che contribuiscono a togliere, almeno in parte, un ingiusto fardello di scontento, sfiducia dalle spalle dei giovani. Sembriamo alle volte noi, giganti imbolsiti, abbandonati di peso sulle spalle di giovani Hobbit. La cosa più bella di questa storia nascosta messa in primo piano è che per il protagonista tutto questo è normale.
Non lo ha detto, a quel che posso leggere, eppure potrebbe chiosare le espressioni di commosso entusiasmo che si associano al suo nome in questi giorni con un semplice “non avrei potuto né dovuto fare diversamente”. Quello è il suo posto, quella la chiamata, con carattere di gravità e urgenza, che ha ricevuto dalla vita. E lui risponde. Ha una fidanzata che lo sostiene in tutto, racconta.
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Al supermercato va in bici perché la patente ancora non l’ha presa. Dopo la scuola pulisce, mette in ordine, spesso cucina e aiuta la sorellina a fare i compiti. E’ lui che la sera controlla il diario e va ai colloqui con i professori. Cerca di offrirle stabilità e serenità. Anche la piccola è partita in salita poiché soffre di una malattia autoimmune.
Roberto giocava a calcio ma ora ha sospeso per non pesare sui suoi; la sua pagella, appena arrivata, sfoggia un’ottima media: 8,4.
Frequenta l’istituto tecnico Galilei di Crema: “Studiare mi piace, non mi crea uno stress eccessivo anche se mi piacciono pure le vacanze, eh”. (la Repubblica)
Ha ragione Roberto a schermirsi, la faccenda è normale eppure eroica. E’ quello stile paradossale in cui Cristo è Maestro e che Giovanni Paolo II chiamò l’eroico nel quotidiano; ricorda pure la santità della porta accanto che ha tanto infiammato Papa Francesco nella sua ultima esortazione apostolica Gaudete et Exsultate.
Ha un bel viso, occhi chiari, taglio bizzarro col ciuffo tutto di lato e due lunghezze, Roberto (sono sicura che si chiami in un certo modo lì tra voi giovanissimi ma non riesco a ricordarlo!). Non ama stare sui piedistalli e nemmeno, anzitempo, sugli altari, verrebbe da pensare.
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Fatto sta che ha già ricevuto il premio Bontà 2018, riconoscimento provinciale e ora anche il suo comune, Spino d’Adda, un comune nel cremonese, ha intenzione di insignirlo con il titolo di cittadino dell’anno.
«La mia felicità è questa. Sono un ragazzo normale»
Allora vedi che bello? Fa tutto per gli altri, per chi tra i suoi cari ha più bisogno e, in fondo, lo da per sè stesso, per la propria realizzazione personale. Questo è il segreto: donarsi senza risparmio, con gioia.
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