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La mappa dell’aborto in America Latina e in Europa

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Paul De Maeyer - published on 11/08/18
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Dopo il rifiuto del Senato argentinoIl Senato dell’Argentina ha respinto nelle prime ore di giovedì 9 agosto con una maggioranza di 38 contro 31 voti un disegno di legge sull’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), che mirava a legalizzare l’aborto nel Paese sudamericano, rendendo la procedura — nelle parole dei suoi sostenitori, riconoscibili dal fazzoletto verde, mentre i sostenitori “pro vita” portavano un fazzoletto azzurro — “sicura, legale e gratuita” [1].

Mentre la proposta di legge era stata approvata a giugno di stretta misura dalla Camera del Parlamento di Buenos Aires, conviene ricordare che l’aborto è possibile in Argentina nelle seguenti situazioni: quando la gravidanza è la conseguenza di uno stupro o quando esiste un pericolo per la vita della madre.

Con il voto — scrive La Nación –, il Senato “ha chiuso la porta alla possibilità che l’Argentina si unisca al gruppo di Paesi che hanno legalizzato l’aborto”. Quindi la domanda che si impone è: ma come è la situazione in Sud America e nel resto dell’America Latina?

La situazione latinoamericana

Una risposta parziale alla domanda la offre un articolo pubblicato l’8 agosto da El País. Come ricorda il quotidiano madrileno, i Paesi latinoamericani nei quali l’aborto è libero e legale nelle prime settimane della gravidanza sono quattro, ossia in ordine alfabetico: Cuba, Guyana, Puerto Rico e Uruguay.  

In alcuni altri Stati latinoamericani e dei Caraibi, cioè El Salvador, Haití, Honduras, Nicaragua e la Repubblica Dominicana, l’aborto invece è vietato. Fino a un anno fa, anche il Cile faceva parte di questo gruppo di Paesi, ma la situazione è cambiata il 2 agosto del 2017, quando il Parlamento ha parzialmente depenalizzato la prassi in tre situazioni circoscritte, cioè in caso di stupro, nei casi in cui la vita della gestante è in pericolo e quando il feto presenta dei difetti congeniti.

Nel panorama appena descritto mancano alcuni Paesi importanti, come Brasile, Colombia e Messico. Per quanto riguarda il Brasile, la situazione è molto simile a quella attuale cilena. Come ricorda La Nación, nel Paese l’aborto è possibile in tre situazioni: nei casi di stupro, inoltre nei casi in cui la vita della madre è a rischio e infine quando il feto è affetto di anencefalia.

La situazione colombiana invece è proprio identica a quella cilena. In seguito ad una sentenza della Corte Costituzionale di Bogotá nel 2006, si può ricorrere all’aborto in tre situazioni, cioè nei casi di stupro, di pericolo per la vita della gestante e quando il feto presenta delle malformazioni. In Messico la prassi è consentita solo nei casi di pericolo per la vita della madre. Dal 2007 è ammesso durante i primi tre mesi della gravidanza nel solo Distretto di Città del Messico [2].

E in Europa?

Anche il panorama europeo è piuttosto disomogeneo o variegato, come rivela una mappa pubblicata il 1° giugno scorso dalla Neue Zürcher Zeitung. In tre piccoli Stati europei l’aborto è illegale, ossia Andorra, Malta e San Marino. Invece nel Principato di Liechtenstein e nell’Irlanda del Nord è possibile abortire quando c’è un rischio per la salute della gestante o quando il feto presenta delle malformazioni.

In Polonia e nel Principato di Monaco la situazione è quasi uguale, nel senso che oltre alle due condizioni appena menzionate l’aborto è consentito anche quando la gravidanza è frutto di una violenza. In Gran Bretagna invece si può abortire sempre nei casi di pericolo per la vita della madre o quando il feto presenta dei problemi fisici, e inoltre per motivi psichici o sociali.

Mentre queste quattro condizioni, ovvero pericolo per la gestante, malattia del feto, gravidanza frutto di uno stupro e infine motivi psichici e/o sociali, consentono l’IVG in Cipro, Finlandia, Islanda e Lussemburgo, nel resto dell’Europa la prassi è libera, cioè su richiesta della donna, ma entro un termine legale. In Italia, la legge 194 del 1978 consente ad esempio l’aborto entro i primi 90 giorni della gestazione e inoltre tra il quarto e quinto mese per soli motivi terapeutici.

Particolare è infine la situazione irlandese: infatti, dopo l’ampia vittoria del “sì” nel referendum del maggio scorso, il governo di Dublino deve presentare entro la fine dell’anno una nuova legge.

Alcuni dati

Dalla consueta relazione del ministero della Salute trasmessa al Parlamento il 29 dicembre scorso, risulta che nel corso del 2016 sono stati eseguiti in Italia 84.926 aborti, un calo del 3,1% rispetto al 2015. Almeno in parte questo calo è frutto del boom delle vendite della “pillola dei 5 giorni dopo” (nome commerciale EllaOne). Il numero di confezioni vendute è salito infatti da 145.000 nel 2015 a 235.000 l’anno successivo e 255.000 l’anno scorso. In aumento sono del resto anche le vendite della “pillola del giorno dopo” (nome commerciale Norlevo).

Per la prima volta il numero di aborti tra cittadine italiane è calato al di sotto della soglia dei 60.000, un calo del 74,7% rispetto all’anno 1982. Da questa cifra si può inoltre dedurre che il numero di IVG tra donne non italiane, cioè straniere, è molto alto: quasi un terzo, infatti, del totale.

Per quanto riguarda la Francia, dal rapporto della DREES (cioè la Direzione della Ricerca, degli Studi, della Valutazione e delle Statistiche) emerge che il numero di IVG praticate nel Paese — 211.900 nel corso del 2016 — rimane “stabile ed elevato” nonostante il terzo leggero calo consecutivo, osserva La Croix. Paradossalmente, nonostante l’alto numero di IVG la natalità rimane elevata: nell’arco del 2016 sono nati in Francia infatti ben 784.000 bambini.  

Mentre il tasso di abortività è stato nel 2016 di 13,9 aborti su ogni mille donne in età fertile (cioè dai 15 ai 49 anni) nella Francia detta “metropolitana” (la parte europea), nei dipartimenti e regioni d’Oltremare (o DROM) è stato invece di 25,2.

Come rivelano i dati rilasciati dal ministero della Sanità, anche in Spagna, dove l’aborto è libero durante le prime 14 settimane di gestazione, nell’arco del 2016 il numero di IVG è sceso per il quinto anno successivo. Con 93.131 aborti si è trattato di un calo dell’1,12% rispetto al 2015.

Nella stragrande maggioranza dei casi, l’aborto è stato eseguito dietro richiesta della donna (l’89,67%), mentre nel 10,33% dei casi il motivo era una grave anomalia del feto ritenuto incompatibile con la vita o un grave rischio per la salute o la vita della gestante.

Con circa 98.700 aborti, è stato registrato nel corso del 2016 in Germania il livello più basso degli ultimi vent’anni. Lo hanno rivelato i dati dell’Ufficio Federale per la Statistica o Statistisches Bundesamt a Wiesbaden (Assia).

Mentre nel 3% dei casi circa si trattava di gravidanze adolescenziali, quasi tre quarti delle donne che hanno abortito appartenevano alla fascia di età 18-34 anni e circa l’8% alla fascia dai 40 anni in su. Quasi quattro donne su dieci, ossia il 39%, non avevano ancora figli.

La gioia per il calo è stata però breve. Con 101.200 casi gli aborti sono infatti aumentati nel 2017 del 2,5 % circa rispetto al 2016, superando quindi nuovamente la soglia dei 100.000.

 

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1] Cfr. Aleteia.

2] Va ricordato che il Messico — o più correttamente gli Stati Uniti Messicani — è una federazione di Stati.

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