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La riconquista della castità, bene arduo che la Grazia permette

CAVALIERE CON SPADA E SCUDO
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Il blog di Costanza Miriano - published on 31/08/18
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Vergini consacrati e sposi fedeli e fecondi: due versanti dello stesso amore per giungere a Dio, nella castità. La Grazia compie la nostra natura umana, maschile e femminile, in ogni vocazionedi Flora Gualdani

Tratto da: Casa Betlemme, I quaderni di spiritualità betlemita (quaderno n. 8 – 8 dicembre 2015)

Amico/a che hai avuto il dono della chiamata ad una consacrazione verginale, ascoltiamo insieme: l’insegnamento della Chiesa circa la sessualità. La Chiesa ci dice che la sessualità è dono di Dio ed è forza positiva e preziosa. Ma che non va dimenticata la fragilità umana dovuta al peccato. Fragilità che risente anche di condizionamenti negativi vari. Inoltre la Chiesa ci insegna che la Grazia di Dio rende possibile vivere castamente. Castità che non equivale a repressione dell’amore, ma ne è la custodia, la difende dall’egoismo e dall’aggressività per farne dono. Dono che richiede autodisciplina, sacrificio, che fanno armonia tra volontà e Grazia. San Giovanni Paolo II nel 1984 disse ai sacerdoti:

…sarebbe un errore gravissimo concludere da ciò che la norma insegnata dalla Chiesa è in se stessa solo un ideale che deve poi essere adattato, proporzionato, graduato alle – si dice – concrete possibilità dell’uomo. Ma di quale uomo si parla? Dell’uomo dominato dalla concupiscenza o dell’uomo redento da Cristo?

E sempre il nostro santo papa nel 1987 costatava che anche nella comunità cristiana si sentono voci che mettono in dubbio la verità stessa dell’insegnamento della Chiesa.

Sappiamo che la sessualità è radicata nell’essere dell’uomo. L’uomo è creato ad immagine di Dio, maschio e femmina, per rispondere alla fondamentale vocazione della persona, cioè l’amore e la vita, da realizzare nel matrimonio o nella verginità consacrata. Due strade parallele che si sostengono a vicenda e portano alla stessa meta. La verginità consacrata è, nell’offerta, unita ad ogni fecondità e ad ogni sforzo per la fedeltà e fecondità matrimoniale. Il vergine consacrato, assumendo la sua sessualità oblativa, completa l’amore di coppia nella trascendenza. In entrambe le vie unico fine è l’amore, unico mezzo è il corpo animato – sessuato. Per la pienezza e la gioia di ogni vocazione è necessaria la conoscenza dell’armonia tra teologia del corpo e sacralità della fisiologia riproduttiva.

Nella donna consacrata la conoscenza dei metodi diagnostico naturali di fertilità aiuta a vivere una scelta verginale partendo dalla natura. Capire quale è la fase fertile e le fasi non fertili del ciclo mensile, nel variare ormonale, porta a constatare gli effetti psicologici connessi con il cammino spirituale conseguente. Ciò è basilare anche per una serena vita comunitaria.


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In Mulieris dignitatem si legge:

la Grazia non mette mai da parte la natura né la annulla, anzi la perfeziona e nobilita

Sì, la Grazia non altera la natura, né si sostituisce ad essa, ma la porta a compimento, sia nel matrimonio che nella consacrazione verginale maschile o femminile. Corpo ed anima sono un tutt’uno, un “sinolo”, direbbe Aristotele. L’uno non è contrapposto all’altro. Col corpo si esprime l’anima e le realtà dell’anima si vivono in un corpo. Il “soma” non è un vestito sulla persona. La persona è unità di spirito e corpo per cui si ama con tutta la persona, non soltanto con una parte di essa. Fisiologia del corpo e mistica sono un’armonia. Ci è dato un corpo con le sue leggi naturali per vivere una sessualità verginale feconda ed equilibrata, che trascende la natura con l’opera della Grazia.

Il voto di verginità è cosa bella, affascinante, ma chiede di essere vissuto nel segno della Croce. Abbracciato alla Croce a condivisione e imitazione di Cristo, il Vergine per eccellenza. Unico modello resta Betlemme, la casa dei vergini: Gesù, Maria e Giuseppe.  Non va dimenticato che la verginità è fragile, occorre vigilare. Vigilare sempre. Siamo tutti e sempre fragili.


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Anche se oggi per certa teologia ci sono gli atti “pre-morali” di genere vario (per esempio la masturbazione) che non andrebbero considerati peccato. Ma non è la coscienza dell’uomo che ha il diritto di dettare la norma. La libertà umana, per vivere bene, deve sottomettersi alla Verità cioè alla legge di Dio: chiara ed esigente. Il VI comandamento dice di non commettere atti impuri. Gesù nel Vangelo è ancora più severo:

… chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.” (Mt 5,28).

A chi obiettasse che Gesù, nelle beatitudini, si concentra sulla purezza del nostro cuore (Mt 5,8), io domando: come è possibile conservare la purezza del cuore mentre commetti atti impuri? Ritorna qui il concetto del “sinolo”: i nostri atti sono conseguenza di desideri, le nostre intenzioni provocano gli atti e li sostengono. Occorre la purificazione dei sensi.

I genitali li comanda la ragione che passa dal cuore e parte dagli occhi. Questo vale specialmente per gli uomini. Per gli uomini di tutti i tempi: per quelli dell’epoca di internet come per quelli dell’Antico Testamento. Anche il grande re Davide, infatti, senza custodire il suo sguardo desiderò una donna altrui finendo per compiere prima un adulterio e poi un omicidio.

Bisogna ricostruire il senso del peccato e imparare il dominio di sé. Si può rischiare di cadere nell’arte del “paravento” cioè: copro (scuso) te per parare me. Ma questa non è carità. E’ la strategia del buonismo che lascia imputridire la piaga, moltiplicando lo scandalo. Nella mia professione sanitaria ho imparato che le ferite vanno fatte sanguinare: soltanto così il tessuto granuleggia e quindi cicatrizza. Ma questo vale anche per la purificazione del corpo ecclesiale: è bene che i bubboni della Chiesa scoppino. Bisogna avere molta cura del pudore: del corpo, della fantasia, della parola. Pudore che va conservato sempre, in pubblico ma anche nella solitudine. E’ premessa indispensabile per vivere casti.

Pongo una domanda. Quale verginità oggi in una cultura post-sessantottina?



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Oggi nell’attacco ai valori non negoziabili – quali: la vita, la famiglia, la morale – anche la verginità ne è inquinata. È inquinata dalle ideologie che Giuliano Ferrara definiva una falsa coscienza della realtà. La verginità viene ridicolizzata e banalizzata nella società in genere, ma a volte anche dentro la Chiesa. È inquinata dall’epidemia del vizio che dilaga. Si canta il vizio e si divulgano omosessualità e altro quali necessità di libertà. In certi asili si insegna la masturbazione come gioco. Si vogliono educare i bambini alla raccolta differenziata ma si insegna loro il sesso indifferenziato, togliendo fiocchi rosa e celesti.

È una società che alimenta tutti i vizi come fossero conquiste. È la triplice alleanza: soldi (tanti soldi), sesso sfrenato, successo impazzito. Sono le “3S” che al loro apice hanno fatto crollare ogni impero nella storia: egizio, romano, greco. Così è oggi, una società decadente vicina al crollo.

Ma la verginità non perde il suo valore. In questo contesto, affinché la verginità torni a risplendere, occorrono dei passaggi obbligati, da affrontare con tanta fiducia e serenità. È sempre possibile riconquistarla: perché il cuore dell’uomo conserva la nostalgia del bene e del bello, ed ha il libero arbitrio. Ma soprattutto c’è l’opera della Grazia che non ci abbandona mai.

Essere verginalmente consacrati non è essere angelicamente vergini, né tantomeno è essere confermati in verginità da un voto; ma è scegliere di essere volutamente vergini, e questo anche per chi arriva da sentieri più o meno tortuosi. Nelle mie lezioni alle persone consacrate spiego loro che sarebbero delle illuse se pensassero che portare un abito le preserva dalla concupiscenza.

Un vizio è più facile non prenderlo che toglierlo. È vero che il vizio indebolisce, ma l’inesperienza per rinunzia incuriosisce e la verginità è fragile: istintivamente è contro natura ma con la Grazia – lo ripeto – essa porta a compimento la natura, basta vedere e ammirare nella storia la fioritura di grandi figure di santi e non. Figure che restano feconde anche dopo la morte, perché la fecondità verginale non è limitata nel tempo ma continua anche nell’oltre.

Sempre il cammino è faticoso per tutti: c’è il peccato originale. Il bene è bello, ma costa caro. La verginità è esigente: o tutto o niente. Ha valore ed è tale se è totale. Non puoi dare da una parte e poi riprendere dall’altra con angoletti sotto chiave: “questi me li riservo per ora…”. NO! Qui c’è l’apparenza, non la sostanza, e la verginità diventa sale scipito. A che serve? A null’altro che ad essere gettato.

La castità non è for decoration. Per tutti è sostanza, è vita, è radice della fedeltà dove si impiantano i valori non negoziabili

In questa cultura che esalta la libertà del piacere e cerca di cancellare ogni legge morale, regalando la schiavitù del sesso, occorrono – come dicevo – alcuni passaggi obbligati.

Oggi cioè va ricostruita una verginità psicologica, razionale, affettiva e della prassi.

Sono quattro passaggi obbligati. Spesso il rifiuto è psicologico-istintivo, poi razionale-volitivo e quindi diventa non adesione del cuore, che porta al disordine nella prassi. Disordine coinvolgente tutta la persona e chi le sta vicino. È piaga infetta e infettante che diventa pandemia.

Per risalire è necessario:

Un primo passaggio: tornare a credervi, a credere al suo valore, valore basilare e non banale. A desiderarla fortemente

Va analizzato il perché del rifiuto, del blocco. Un po’ di psicanalisi e di psicologia, con tanta preghiera, sono utili. A volte può esservi la paura che senza vizietti diventi insipida la vita. Forse ci sono sensi di colpa, tarli, che rodono perché non sono stati trasformati nel positivo dell’umiltà. Va ritrovato il senso del peccato, dove domina l’amore misericordioso. Col sacramento della confessione si è perdonati e capaci di perdonare se stessi. Con una intelligente direzione spirituale si ricostruiscono fratture doloranti. È un cammino psicologico verso la verginità riconquistata.

Secondo passaggio: aspetto razionale-volitivo. Tornare a volerla

Impegnare la volontà con preghiera e digiuno personalizzato, condividendo il cammino con altri nell’offerta dello sforzo, anche per chi non ce la fa. Occorre attenzione. Attenzione-vigilanza. Occorre sì preghiera e digiuno personalizzato, ma anche pudore e prudenza per se stessi e per non provocare altri. Non troppo cameratismo per essere moderni e simpatici: è fatica ma dobbiamo offrire questo sforzo per le devianze nella Chiesa. Bisogna amare le persone fuori strada, ognuno ha i suoi tempi di recupero. Ed è sempre il tempo giusto per ripartire. E se qualcuno prega, il bene arriva. Dilaga.

È la volontà il punto di partenza e di arrivo. Qui può nascere un’obiezione: “se uno non ce l’ha la volontà, come se la dà?” (don Abbondio). Prega e digiuna, e ti verrà data.



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Ogni piccolo fioretto rafforza la volontà e libera dal velenoso affetto verso il peccato. Finché vi rimarrai affezionato, non potrai essere liberato. Ripartire sempre dalle macerie e guardare avanti. Tempeste, bufere, fragilità, vizi, errori cocenti, memorie dolorose: a Gesù nulla fa problema. Lui scende con il cuore sulla miseria. Dopo il temporale, il verde è più verde. E’ terso. Diventa radioso. Ma volere, fortemente volere (santa Caterina). È un bene troppo prezioso per non proteggerlo.

Terzo passaggio: tornare ad amarla la verginità

Ogni sforzo per conquistarla e per mantenerla fa bella la vita. Altro che vita “insipida” senza i vizietti! Ti regala una vita libera da schiavitù. E ti par poco essere libero? È la gioia la nostra vera storia! Dobbiamo restituire limpidezza al volto della Chiesa che è madre vergine. E se non è vergine non è neanche madre. Il volto della Chiesa, oggi sempre più sfigurato dall’impurità dei suoi ministri.

Quarto ed ultimo passaggio: scoprire la gioia della fecondità crescente nel cammino verginale.

Verginità consacrata è scegliere liberamente di volere essere sposo/a di Gesù, di essere padre-madre con una fecondità come la sabbia del mare, di essere fratello-sorella universale nella Chiesa di Cristo: tre realtà che la morte non distrugge. È scoprire come il restare fedeli dia senso al vivere e pace al morire.

Non la scienza, non le acrobazie personali, non la teologia, né i meriti personali, ci salvano, ma Gesù fatto carne della nostra carne. Lui, il nostro amato Salvatore, è buono, è veramente buono e porta a compimento l’opera sua. È fedele anche nelle nostre infedeltà. Siamo opera sua, non c’è da temere.

È Lui l’uomo che attendiamo presso la piscina probatica,

perché ci immerga nelle acque della salvezza.

                                                  (sant’Ambrogio)

È Lui il sole sfolgorante di Pasqua.

Che fa risuonare il cielo di canti,

dove tutto esulta di gioia.

Si, il Signore è veramente risorto.

In Lui siamo già risorti, Osanna!

Una vita nella fedeltà (pur faticosa)

è terminare l’esistere in un oceano di luce

dove un grande portone si spalanca

e fiori guizzanti come fiammelle

fanno radiosa ogni lacuna.

Un lampo, e la nostra vita sarà un giardino profumato.

Ma che spettacolo quel passaggio,

Alleluia Alleluia!

 

 

E per chi vuole, qualche consiglio spicciolo…

È la preghiera che fa i vergini e fa tradurre il sacrificio in dono. La preghiera dà: la necessaria prudenza e l’indispensabile pudore; aiuta ad evitare contatti fisici-abbracci pericolosi; aiuta ad avere attenzione alle amicizie spirituali a fin di bene, che possono finire male; fa usare il termometro del cuore, cioè fa controllare la fantasia al risveglio e al pre-sonno; aiuta inoltre a controllare il 90% dei pensieri giornalieri devianti; abbassa i fuochi nascenti degli innamoramenti.  Se la preghiera e i fioretti sono attivi, i gesti semplici salvano la vocazione. Gesti come: un passo indietro per prudenza; un fioretto per chi ci è antipatico; una paziente iniziativa di perdono; un gioire per il bene altrui e per le umiliazioni personali “pizzichine”; un’offerta frequente delle “3P”: pene, peccati, povertà e fatiche varie; una giaculatoria, ripetuta. E grati di questo nostro nulla, dove Gesù opera come vuole.

La verginità: un modo per vivere la Passione di Cristo ed essere Chiesa viva-feconda

La verginità è opera della Grazia, non dell’uomo.

Gloriosa è la donna che ha generato nello spirito

(Aut.)

La nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo, a farci rivestire in tutto “nel corpo e nello spirito di colui nel quale siamo morti, siamo stati sepolti e siamo risuscitati

(San Leone Magno, papa)

Il mio corpo, consacrato per la vita,

partorisce nel travaglio.

Il travaglio è legge di natura e di Grazia.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE

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