Estradato dalla Bolivia, Cesare Battisti è rientrato in Italia
Un aereo Falcon dei Servizi segreti italiani, con a bordo il latitante Cesare Battisti, è atterrato lunedì 14 gennaio dopo le ore 11.30 all’aeroporto di Ciampino, a sud di Roma. Subito dopo il suo arrivo l’ex terrorista dei «Proletari Armati per il Comunismo», condannato in Italia all’ergastolo in contumacia per la sua partecipazione in quattro omicidi compiuti alla fine degli anni ‘70, è stato trasferito al carcere di Oristano (Sardegna), dove passerà i primi sei mesi della sua pena in isolamento.
Battisti era stato arrestato sabato 12 gennaio nella città di Santa Cruz della Sierra, in Bolivia, da una squadra speciale dell’Interpol, composta da agenti italiani, boliviani e brasiliani. Era fuggito a metà dicembre dal Brasile, quando il magistrato del Supremo Tribunale Federale (STF) del Paese, Luiz Fux, ne aveva ordinato l’arresto in vista di un’eventuale estradizione verso l’Italia. Tale decreto è stato firmato il 14 dicembre dall’allora presidente uscente del Brasile, Michel Temer.
Già nel novembre 2009 l’STF autorizzò l’estradizione di Battisti, ma essa fu bloccata il 31 dicembre 2010, nell’ultimo giorno del suo mandato, dall’ex presidente Luiz Inácio «Lula» da Silva. Il fatto che il latitante sia stato estradato dalla Bolivia e non dal Brasile implica che dovrà scontare tutta la condanna. Con il trasferimento in Sardegna si è conclusa una latitanza durata quasi 40 anni.
Francia: «Lettera ai francesi» del presidente Macron
Nella speranza di poter uscire dalla situazione di stallo e caos, in cui la Francia si trova da oltre due mesi – sabato 12 gennaio il Paese ha assistito alla nona giornata di mobilitazione da parte dei cosiddetti «giubbotti gialli», alla quale hanno partecipato in tutta la Francia oltre 80.000 persone – , il presidente Emmanuel Macron ha reso pubblica domenica 13 gennaio una lettera aperta ai cittadini francesi.
Nel lungo testo, diffuso sul sito dell’Eliseo, Macron sviluppa quattro grandi temi – tasse, organizzazione dello Stato e collettività pubbliche, transizione ecologica, e infine cittadinanza e democrazia – e propone ai suoi «compatrioti» una trentina di domande in vista del «grande dibattito nazionale», così sintetizza Le Monde. Questa sorta di consultazione nazionale voluta dal presidente inizierà martedì 15 gennaio e si concluderà dopo due mesi, il 15 marzo. Per rispondere alle sfide servono «idee chiare», e bisogna «trasformare le vostre collere in soluzioni», scrive Macron, che parla di una «iniziativa inedita» per «l’avvenire del Paese».
L’attuale inquilino dell’Eliseo non è il primo presidente della Repubblica francese a rivolgersi con una lettera ai suoi connazionali. Ma come ricorda il sito BFMTV, le lettere di François Mitterrand nell’aprile 1988 e di Nicolas Sarkozy nell’aprile 2012 erano state scritte in un contesto «completamente differente», poiché «puramente elettorale». Nel giugno 2003, anche l’allora primo ministro Jean-Pierre Raffarin ha usato il metodo della «lettera ai francesi» per spiegare la riforma delle pensioni.
Grecia: il governo inciampa sulla questione macedone
L’annosa questione macedone ha provocato la spaccatura del governo guidato dal primo ministro greco Alexis Tsipras. In segno di protesta per la politica seguita da Tsipras, il suo ministro alla Difesa, Panos Kammenos, si è infatti dimesso domenica 13 gennaio. Secondo Kammenos, leader del partito nazionalista dei Greci Indipendenti (ANEL), le divergenze con il premier greco erano ormai «inconciliabili», come scrive Il Sole 24 Ore.
Con la partenza di Kammenos, la coalizione guidata da Tsipras perde oltre al sostegno dei sette deputati di ANEL anche la maggioranza assoluta nel parlamento di Atene, dove il suo partito Syriza dispone infatti di 145 seggi su 300, come ricorda a sua volta il quotidiano El País. Da parte sua, Tsipras ha annunciato che chiederà la fiducia del parlamento. Se non dovesse ottenerla – il voto avverrà probabilmente giovedì 17 gennaio –, allora verranno convocate elezioni anticipate.
A far saltare la coalizione tra Syriza e ANEL è quindi la questione macedone e in particolare l’intesa tra Atene e Skopje sul nome della Macedonia. L’accordo di compromesso raggiunto nel giugno scorso dopo uno stallo durato 27 anni prevede il cambio del nome provvisorio del Paese balcanico da FYROM (la sigla sta per «Former Yugoslav Republic of Macedonia») in «Repubblica di Macedonia del Nord». Mentre per i nazionalisti greci il nome «Macedonia» è parte integrante ed esclusiva del patrimonio culturale ellenico, il parlamento di Skopje ha approvato venerdì 11 gennaio le necessarie modifiche nella Costituzione per il cambio di nome. Manca adesso il «sì» del parlamento di Atene.
Venezuela: arrestato temporaneamente il presidente del Parlamento
Anche se il governo di Caracas non lo ammette e parla un’azione «irregolare», sembra comunque un avvertimento chiaro e netto. Alcuni agenti del SEBIN (cioè Servizio Bolivariano di Intelligence) hanno arrestato infatti domenica 13 gennaio in via temporanea il nuovo presidente dell’Assemblea Nazionale (controllata dall’opposizione), Juan Guaidó. Insediatosi il 5 gennaio scorso, Guaidó aveva denunciato senza mezze parole l’illegittimità del secondo mandato (di sei anni, quindi fino al 2025) del presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, iniziato giovedì 10 gennaio. Venerdì 11 gennaio, la ministra dei Servizi Penitenziari di Maduro, Iris Varela, aveva avvertito in un tweet di tener pronta una cella per ospitare l’oppositore.
L’arresto del politico del partito «Voluntad Popular», il cui leader Leopoldo López è attualmente agli arresti domiciliari (nel 2015 è stato condannato a 13 anni e 9 mesi di carcere, perché ritenuto responsabile degli incidenti avvenuti durante una manifestazione di protesta svoltasi nel 2014), è durato circa mezz’ora. «Il regime ha cercato di fermarmi, ma niente e nessuno ci fermerà», ha scritto Guaidó in un tweet lanciato dopo la sua liberazione. Il politico 35enne, che in appena 48 ore si è trasformato da un deputato «poco conosciuto» nel «più importante leader dell’opposizione» del Venezuela, come osserva il sito BBC Mundo, ha convocato una mobilitazione per il 23 gennaio allo scopo di denunciare l’usurpazione del potere da parte di Maduro.
Il mondo conta 1.478 grattacieli alti 200 o più metri
Siamo in tanti sul nostro pianeta e quindi occorre risparmiare gli spazi costruendo grattacieli. Come spiega Le Monde, il mondo conta attualmente 1.478 grattacieli alti 200 metri o più, un aumento del 141% rispetto al 2010, quando erano infatti 614. La maggiore concentrazione si trova in Asia, in particolare in Cina, continua il quotidiano francese, che cita i dati del «Council on Tall Buildings and Urban Habitat» (CTBUH), con sede a Chicago, negli USA. Nel corso del 2018 143 grattacieli di 200 o più metri sono stati completati, cioè 4 in meno rispetto all’anno precedente, quando fu raggiunto il numero record di 147 «skyscrapers». Sempre nel 2018 sono stati completati 18 grattacieli alti 300 o più metri o cosiddetti «supertall buildings».
Forse meno impressionante per quanto riguarda l’altezza è il grattacielo alto 85 metri in costruzione nella città norvegese di Brumunddal, situata circa 150 chilometri a nord della capitale Oslo. Quello che rende la torre comunque unica nel suo genere è il fatto che si tratta del grattacielo più alto al mondo costruito interamente in legno, così rivela sempre Le Monde. «Dal pavimento al soffitto, dalla base alla cima, tutto è fatto di legno: balconi e trombe degli ascensori, facciate e pavimenti», continua il quotidiano. Mentre l’inaugurazione è prevista per il marzo prossimo, il record precedente era tenuto sempre da un’altra torre norvegese: quella che sorge nella città di Bergen, alta 49 metri.