USA: il Senato respinge due proposte per superare lo «shutdown»
Non sono tempi facili per il presidente americano Donald Trump. Giovedì 24 gennaio il Senato ha respinto due proposte – la prima repubblicana, la seconda democratica –, che miravano a superare lo «shutdown», cioè il blocco parziale delle attività federali, che dura ormai da oltre un mese e sta mettendo in crisi migliaia di famiglie. Anche se nessuna delle due proposte è riuscita a ottenere i 60 voti necessari, per la CNN le due bocciature costituiscono comunque «un messaggio chiaro» da parte dei senatori repubblicani al loro presidente. Mentre un solo senatore democratico ha appoggiato la proposta repubblicana, che ha ottenuto 50 voti, ben sei senatori repubblicani, tra cui anche l’ex candidato repubblicano alla presidenza (2012), Mitt Romney, hanno sostenuto quella democratica, che ha raggiunto 52 voti.
Già mercoledì 23 gennaio Trump aveva dovuto fare un passo indietro, quando ha ceduto infatti alla richiesta formulata il 16 gennaio dallo «speaker» o presidente della Camera dei Rappresentanti, la democratica Nancy Pelosi, di spostare l’annuale discorso sullo «Stato dell’Unione», inizialmente previsto per il 29 gennaio, a dopo la fine dello «shutdown». A far piegare Trump è stata una lettera inviata sempre mercoledì 23 gennaio dalla Pelosi, in cui la deputata settantottenne della California annunciava di non autorizzare il discorso nell’Aula della Camera «fino a quando il governo non sarà riaperto».
Venerdì 25 gennaio, agenti dell’FBI hanno arrestato in Florida nell’ambito dell’inchiesta «Russiagate» l’alleato e storico consulente del presidente Trump, Roger Stone. Sull’uomo pendono sette capi d’accusa, da ostruzione di procedimento ufficiale a false dichiarazioni e corruzione di testimoni.
Brexit: la regina Elisabetta esorta a trovare «terreno comune»
In un discorso tenuto in occasione del primo centenario del «Women’s Institute» a Sandringham (contea di Norfolk), di cui è anche la presidente, la regina Elisabetta ha pronunciato giovedì 24 gennaio parole che non possono non essere interpretate come un «riferimento velato» a ciò che il Guardian definisce il «tossico» dibattito politico sulla Brexit, l’uscita del Paese dall’Unione Europea, fissata per le ore 23 del 29 marzo prossimo.
Rispettando la rigorosa neutralità politica della Corona e senza usare il termine «Brexit», la sovrana 92enne ha esortato infatti a trovare «terreno comune» e «non perdere mai di vista il quadro più ampio». «Ogni generazione affronta nuove sfide e opportunità. Mentre cerchiamo nuove risposte nell’età moderna, io preferisco le ricette provate e testate, come parlare bene degli altri e rispettare i diversi punti di vista, cercare di trovare un terreno comune, e non perdere mai di vista il quadro più ampio», così ha detto, aggiungendo: «Per me questo approccio è senza tempo, e lo raccomando a tutti». Già nel suo più recente discorso natalizio, la Regina aveva sottolineato l’importanza del rispetto reciproco.
Forse a spingere la Regina a pronunciare queste parole, nelle quali c’è secondo il ministro delle Finanze britannico, Philip Hammond, «enorme saggezza», sono anche i timori per le conseguenze economiche di una «Brexit» senza accordo o «no deal». Proprio giovedì 24 gennaio l’amministratore delegato di Airbus, Tom Enders, si è espresso senza mezze parole. «Se ci sarà una Brexit senza accordo, noi di Airbus dovremo prendere delle decisioni potenzialmente molto dolorose per il Regno Unito», ha detto Enders in un messaggio pubblicato sulla pagina web del colosso dell’industria aeronautica.
3 Sudan: continuano le proteste contro il regime di Omar Hasan Ahmad al-Bashir
Scoppiate il 19 dicembre scorso nella città di Atbara in seguito all’aumento dei prezzi di vari generi di prima necessità, fra cui il pane, non si placano le proteste antigovernative in Sudan. Secondo quanto riferito dal sito Middle East Eye, giovedì 24 gennaio almeno quattro persone hanno perso la vita in una nuova ondata di proteste, che ha visto manifestazioni in più di 40 città e villaggi dell’enorme Paese contro il regime di Omar Hasan Ahmad al-Bashir, al potere da quasi 30 anni. Secondo il Sudanese Doctors’ Committee, una delle vittime è uno studente di medicina, Mahjoub al-Taj Majhoub, deceduto per le percosse e torture subite mentre era sotto la custodia della polizia. Un altro studente universitario, Abd al-Azeem Babikir, è morto dopo essere stato colpito da un proiettile «direttamente nel petto». Il governo di Khartoum conta finora 30 vittime, ma secondo i gruppi per i diritti umani il bilancio è molto più alto: almeno 40.
Gli Stati Uniti, che nell’ottobre 2017 avevano tolto le sanzioni contro il Sudan imposte nel novembre 1997 dall’allora amministrazione Clinton, hanno espresso mercoledì 23 gennaio attraverso il portavoce del dipartimento di Stato, Robert Palladino, la loro «preoccupazione per il crescente numero di arresti, detenzioni, ferimenti e uccisioni» nel Paese africano. Da parte sua, la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha ammesso il 23 gennaio la presenza in Sudan di «società di sicurezza private russe, che non hanno nulla a che fare con gli enti statali russi», col compito di addestrare l’esercito sudanese e le agenzie di sicurezza locali, così riporta sempre il sito Middle East Eye.
RDC: Félix Tshisekedi ha giurato
La Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire) ha assistito giovedì 24 gennaio ad una «transizione storica e contestata», che «chiude un lungo processo elettorale». Lo scrive il quotidiano Le Monde, che descrive il giuramento del vincitore delle elezioni presidenziali del 30 dicembre scorso, Félix Tshisekedi. Il figlio dell’ex primo ministro Étienne Tshisekedi (morto il 1° febbraio 2017 in Belgio) ha dovuto interrompere ad un certo momento la cerimonia nel Palazzo della Nazione nella capitale Kinshasa, perché non si sentiva bene. Dopo una pausa di una decina di minuti, durante la quale si è tolto il suo ingombrante giubbotto antiproiettili, il politico è tornato, citando una frase pronunciata nel 1990 dall’allora presidente Mobutu Sese Seko: «comprendete la mia emozione».
Mentre Tshisekedi ha reso omaggio al presidente uscente Joseph Kabila, ha avuto anche parole di incoraggiamento per il suo rivale, l’uomo d’affari Martin Fayulu, che ha contestato la vittoria del nuovo presidente. Rimangono infatti molti dubbi sull’andamento delle elezioni. C’è chi è convinto che la vittoria di Tshisekedi sia il risultato di un accordo sottobanco con Kabila, secondo il modello Putin-Medvedev, e che l’ex presidente tornerà al potere tra qualche anno. Come osserva il sito L’Indro, sarà comunque una presidenza «al guinzaglio di Kabila», il cui partito del Fronte Comune per il Congo (FCC) controlla 350 dei 500 seggi nel Parlamento di Kinshasa, mentre quello di Tshisekedi – l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) – ne ha appena 49.
Cina: scienziati creano cinque scimmiette clonate
Prima hanno creato una scimmia geneticamente modificata, silenziando o disattivando attraverso la tecnica delle «forbici molecolari» CRISPR-Cas9 il gene BMAL1, responsabile del ritmo circadiano, che regola i ritmi biologici. A partire da questo animale malato, un team di scienziati dell’Istituto di Neuroscienze dell’Accademia Cinese delle Scienze a Shanghai, in Cina, ha creato cinque macachi, che soffrono tutti dello stesso disturbo del ritmo circadiano. Lo rivelano due articoli resi pubblici giovedì 24 gennaio sulla rivista National Science Review, intitolati rispettivamente «Cloning of a Gene-edited macaque monkey by somatic cell nuclear transfer» e «BMAL1 knockout macaque monkeys display reduced sleep and psychiatric disorders».
Mentre l’obiettivo della sperimentazione è la ricerca su disturbi quali quello del sonno o la depressione, che sono sempre più frequenti nell’uomo, la creazione di animali che mostrano già sintomi o segni di un «comportamento negativo» solleva molte questioni etiche. La LAV o Lega Antivivisezione, citata da La Stampa, parla di un «orrore». «Questa non è scienza e nemmeno un passo avanti per la salute dell’uomo. È solo follia, l’uomo non è una macchina dove a un gene corrisponde una risposta, siamo organismi complessi che rispondono a una somma di fattori, spesso anche di origine ambientale», sottolinea la LAV.
Molto clamore ha suscitato nei mesi scorsi la notizia che un ricercatore cinese, He Jiankui, della Southern University of Science and Technology a Shenzhen, ha creato i primi «designer babies», cioè bambini geneticamente modificati (GM). Si tratta di due gemelline, Lulu e Nana, che sono nate nel novembre scorso. Da un’inchiesta avviata dalle autorità cinesi è emerso adesso che almeno un’altra donna è rimasta incinta durante la sperimentazione del dottor He, che nel frattempo è stato licenziato. Secondo l’agenzia Xinhua (21 gennaio), la donna è tuttora incinta.