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Notizie dal mondo: giovedì 28 marzo 2019

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Paul De Maeyer - pubblicato il 29/03/19
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Brexit: OK di Bercow a nuovo voto sull’accordo della May con l’UE

In due occasioni, cioè martedì 15 gennaio e martedì 12 marzo, la Camera dei Comuni del parlamento di Westminster aveva respinto l’accordo raggiunto dalla premier Theresa May con Bruxelles sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. In entrambi i casi i deputati avevano inflitto una sconfitta cocente alla prima ministra conservatrice: a gennaio con 230 voti di scarto e poco più di due settimane fa con una differenza di 149 voti.

Adesso, la premier potrà fare un nuovo tentativo per far approvare il suo accordo o «deal» con l’UE. Il governo May ha incassato infatti giovedì 28 marzo l’OK da parte dello «speaker» dei Commons, John Bercow, per un nuovo voto, programmato per venerdì 29 marzo, cioè il giorno in cui originariamente il Regno Unito doveva uscire dall’UE. Secondo Bercow, la nuova mozione è «sostanzialmente diversa» da quelle precedenti, riferisce il sito dell’ITV. Come spiega il Guardian, la mozione che verrà messa ai voti non riguarderà la dichiarazione politica, ma solo l’accordo di ritiro o «withdrawal agreement».

Mercoledì 27 marzo, i deputati a Westminster avevano bocciato l’una dopo l’altra le otto alternative al piano della May. Le due mozioni che sono state più vicine alla maggioranza sono state la «Mozione J», la quale proponeva un’unione doganale completa (avanzata dal deputato conservatore Kenneth Clarke: 264 voti favorevoli e 272 contrari, cioè uno scarto di appena 8 voti), e la «Mozione M», che proponeva l’organizzazione di un secondo referendum confermativo su qualsiasi accordo approvato dal parlamento: 268 voti favorevoli e 295 contrari, ovvero una differenza di 27 voti.

E’ stata approvata invece una mozione presentata dal governo della premier May, che rinvia temporaneamente l’uscita dall’UE fino al 22 maggio (nel caso in cui si dovesse approvare l’accordo con l’UE) o fino al 12 aprile (nel caso contrario).

Mediterraneo: nave mercantile dirottata da migranti è arrivata a Malta

Non volevano essere riportati in Libia. Perciò, quando un gruppo di migranti ha visto che il capitano della nave mercantile «El Hiblu-I», che li aveva soccorsi, stava dirigendosi al porto di Tripoli, hanno preso il controllo dell’imbarcazione – una petroliera – e costretto l’equipaggio a fare rotta verso Malta.

Una volta arrivato nelle acque territoriali dell’isola, il mercantile è stato preso d’assalto da unità delle forze armate dell’isola e scortato al porto della capitale La Valletta, dove è arrivato giovedì 28 marzo. A bordo della nave cargo c’erano secondo il Times of Malta 108 persone, di cui 12 bambini e 19 donne. I cinque presunti dirottatori sono stati ammanettati e portati via dalla polizia maltese. «Non sono naufraghi ma pirati, sappiano che l’Italia la vedranno col cannocchiale», aveva scritto mercoledì 27 marzo in un tweet il vice-premier e ministro degli Interni italiano, Matteo Salvini, che giovedì ha commentato l’azione delle autorità maltesi. «Bene l’intervento militare di Malta. È la dimostrazione che l’immigrazione è gestita da criminali e va bloccata con ogni mezzo lecito necessario», ha twittato Salvini.

Il dirottamento della nave è arrivato in un momento particolare. Proprio mercoledì 27 marzo è stato annunciato che la cosiddetta «Operazione Sophia» (o ufficialmente EUNAVFOR Med, cioè «European Union Naval Force Mediterranean»), avviata nel 2015, verrà prolungata per altri sei mesi, ma senza l’impiego di navi. «Resta il controllo dal cielo, con gli aerei, praticamente inutile vista l’assenza di navi in mare», così osserva La Repubblica.

Venezuela: Guaidó dichiarato «ineleggibile» a ogni carica pubblica per 15 anni

In Venezuela, il regime di Nicolás Maduro aumenta la pressione sul presidente dell’Assemblea Nazionale e presidente autoproclamato del Paese, Juan Guaidó. Dopo l’arresto nelle prime ore di giovedì 21 marzo di uno dei suoi più stretti collaboratori, Roberto Marrero, il regime ha preso di mira adesso Guaidó stesso. La Corte dei Conti del Venezuela o «Contraloría General», controllata dal «chavismo», ha annunciato infatti giovedì 28 marzo l’ineleggibilità di Guaidó a ogni carica pubblica per 15 anni, così riferisce il sito di El País.

Guaidó ha reagito, facendo osservare che l’unica istituzione che può nominare il «contralor» (capo della Corte dei Conti) è l’Assemblea Nazionale. Il titolare attuale, Elvis Amoroso, è stato nominato invece dall’Assemblea Costituente voluta da Maduro.

Da parte sua, Il presidente americano Donald Trump ha detto mercoledì 27 marzo che la Russia deve «andare via» dal Venezuela. Trump ha fatto la sua dichiarazione nello Studio Ovale della Casa Bianca, ricevendo la moglie di Juan Guaidó, Fabiana Rosales. Durante l’incontro, scrive la CNN, Trump ha ripetuto che «tutte le opzioni rimangono aperte».

In reazione alle parole del presidente americano, la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, citata da Rai News, ha dichiarato che gli esperti russi resteranno in Venezuela «fino a quando il governo della Repubblica ne avrà bisogno». «Gli specialisti russi sono arrivati in Venezuela in conformità con le disposizioni dell’accordo intergovernativo bilaterale sulla cooperazione tecnico-militare», ha aggiunto la Zakharova.

In un’intervista con il quotidiano El Mundo, l’ex presidente della Colombia e premio Nobel per la Pace 2016, Juan Manuel Santos, ha parlato non solo del processo di pace nel suo Paese ma ha affrontato anche brevemente la situazione in Venezuela. «Ritengo che un negoziato, con condizioni molto chiare e un’uscita dignitosa di Maduro, sia il modo più appropriato per realizzare una transizione rapida e pacifica», ha detto Santos, che ha messo in guardia da un intervento militare nel Paese, che «sarebbe il peggiore di tutti gli errori».

Brunei: «atroci» punizioni stanno per diventare legge nel Sultanato

«Punizioni crudeli e disumane come la morte tramite lapidazione per atti sessuali omosessuali e l’amputazione per furto entreranno in vigore la prossima settimana nel Brunei». A lanciare l’allarme sulla deriva nel piccolo Sultanato (che quasi ironicamente si chiama ufficialmente «Brunei Darussalam», tradotto «Brunei, dimora della pace»), è stata mercoledì 27 marzo la nota organizzazione per i diritti umani Amnesty International (AI).

Le nuove normative, che dovrebbero entrare in vigore mercoledì 3 aprile e si applicheranno solo ai musulmani, fanno parte del «Brunei Darussalam Syariah Penal Code», cioè il codice penale basato sulla legge islamica o sharia, introdotto già nel 2014, ma che finora non era ancora stato applicato. «Il codice penale del Brunei è una legislazione profondamente viziata, la quale contiene una serie di disposizioni che violano i diritti umani», ha dichiarato Rachel Chhoa-Howard, esperta di Amnesty. «Oltre ad imporre punizioni crudeli, disumane e degradanti, limita palesemente i diritti alla libertà di espressione, religione e credenza, e codifica la discriminazione contro donne e ragazze».

Come spiega l’attivista australiano Matthew Woolfe, del «Brunei Project», in un’intervista con la Deutsche Welle, «il governo del Brunei ha firmato la Convenzione ONU contro la tortura nel 2015, ma non l’ha ancora ratificata. Tuttavia, l’hanno firmata, e quindi dovrebbero rispettare i principi della convenzione».

Regno Unito: 3,7 milioni di bambini vivono in povertà assoluta

Mentre i deputati di Westminster discutono ormai da settimane e mesi la Brexit, il numero di bambini che vivono in povertà assoluta è aumentato drammaticamente nel Regno Unito. Si tratta di una inversione di tendenza, poiché il numero era in calo dal 2012, come osserva il sito dell’Independent.

Da nuovi dati governativi emerge infatti che il numero di bambini in povertà assoluta è salito Oltremanica nell’arco di un anno di 200.000 unità a quota 3,7 milioni. Colpisce in particolare l’aumento tra i bambini che vivono in famiglie operaie, dal 69% al 72% in un anno, continua il quotidiano online. Complessivamente 12,5 milioni di britannici vivono in assoluta povertà, un incremento di 100.000 unità.

I nuovi dati sono stati definiti «inaccettabili» e una «cicatrice sulla coscienza della nostra nazione» dall’amministratore delegato della Joseph Rowntree Foundation, Campbell Robb. «L’aumento della povertà infantile nelle famiglie operaie era ampiamente previsto e avrebbe potuto essere evitato. Ma il governo ha scelto di non farlo, perdendo un’altra opportunità di fare la cosa giusta per i bambini e le famiglie», ha aggiunto Robb. Per la ministra ombra del Welfare, Margaret Greenwood, l’aumento riflette «l’impatto devastante dell’austerità sulle famiglie di tutto il Paese».

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