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Il cardinal Sarah: «La paura è la grande debolezza della Chiesa oggi»

Il cardinale Robert Sarah, il 21 maggio 2018 a Chartres.

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Arthur Herlin - pubblicato il 08/04/19
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Crisi della fede, crisi della Chiesa, declino dell’Occidente; il cardinal Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino, rivolge uno sguardo a tutte le crisi del mondo contemporaneo nel suo nuovo libro-intervista, “Le soir approche et déjà le jour baisse”, scritto insieme con il saggista Nicolas Diat. Incontrato da Aleteia, l’alto prelato ritiene tuttavia che il male non sia fatale, posto che i pastori e tutti i battezzati riescano a liberarsi delle loro paure.

A. H.: Che risponde a quanti potranno dire che il suo libro è pessimistico, se non allarmistico?

+R. S.: Ho fatto queste considerazioni con molta prudenza e con un grande desiderio di precisione. Conseguentemente, mi sembra che esso si collochi non lontano dalla verità. Certamente, il quadro pare oscuro, ma lo stesso papa Benedetto XVI diceva, poco prima della sua elezione alla Sede Petrina, che l’Occidente attraversa una crisi mai verificatasi in tutta la storia. La realtà sta lì: non si può dire che non c’è una crisi di fede mentre le chiese si svuotano. Io non penso che nel passato abbiamo assistito ad accuse quali quelle che attualmente vengono dirette contro dei cardinali, dei vescovi, dei preti, talvolta anche condannati a pene carcerarie… Nella società non so quale civiltà abbia legalizzato l’aborto e l’eutanasia, abbia distrutto la famiglia e sbrindellato il matrimonio fino a questo punto. E sono aspetti essenziali della vita umana! Siamo in una situazione difficile e la crisi è profonda e grave, ma ho pure consacrato l’ultima parte del libro a una lunga riflessione sulla speranza, perché ogni crisi comporta in sé una dimensione nuova, l’inizio di una rinascenza.

A. H.: Che cosa raccomanda per resistere fino all’alba?

+R. S.: La cosa tragica è la divisione all’interno della Chiesa. Una divisione che si manifesta soprattutto sul piano dottrinale, morale e disciplinare. Ormai ognuno pensa e dice quel che vuole. Come non esserne inquieti, poiché sembra che la Chiesa non abbia più un insegnamento dottrinale e morale chiaro? Davanti a una simile situazione, cerchiamo di seguire l’esempio degli apostoli. Un giorno in cui attraversavano il lago di Tiberiade, li sorprese una forte burrasca. Le onde si sono abbattute sulla barca, così che questa già straripava d’acqua. Gesù era a poppa e dormiva su un cuscino. Qual è stata l’attitudine degli apostoli davanti a questo pericolo? Hanno tenuto ferma l’imbarcazione perché non scuffiasse – dopotutto conoscevano il proprio mestiere. Si sono quindi aggrappati alla barra per tenere dritta la barca malgrado la violenza del vento. Al contempo, mentre remavano con destrezza e grande prudenza, hanno gridato con tutte le loro forze: «Signore, non t’importa che moriamo?». Anche oggi dobbiamo tenere ferma la barra e pregare. Detto in altri termini, c’incombe l’obbligo di aggrapparci fermamente alla Dottrina, all’insegnamento della Chiesa, e di pregare. Non preghiamo a sufficienza. I preti hanno troppe attività. Credendo di cambiare la Chiesa con le nostre proprie forze e mediante semplici riforme strutturali, diventiamo degli attivisti. Abbiamo piuttosto bisogno della grazia, che si ottiene solamente per la preghiera fervente e costante.

A. H.: Che cosa vorrebbe dire a quelli che non sono su questa linea, ma che al contrario vogliono cambiare la dottrina?

+R. S.: La Chiesa non appartiene agli pseudo-riformatori. Non posso cambiare quel che non ho edificato io e che, di conseguenza, non mi appartiene. Nessuno può cambiare la Chiesa di Gesù. Quelli che vogliono cambiarla devono essere in possesso di un mandato di Gesù. Ordinare preti delle donne? Questione comunque risolta: Giovanni Paolo II affermò che la Chiesa non aveva il potere di ordinarle. C’è stata una formulazione definitiva. «Questa porta è chiusa». Francesco l’ha confermato dicendo: «La Chiesa ha parlato e ha detto no». Dare loro più responsabilità nella Chiesa? Ma volentieri! Sono certo che le donne abbiano un posto e un ruolo importanti nella Chiesa e nella società. Però non è che le si valorizza di più affidando loro gli incarichi e una missione che Dio, nella sua infinita sapienza, riserva a degli uomini. Nell’Antico Testamento Dio ha scelto Aronne e i suoi figli per esercitare il Suo sacerdozio. Desta meraviglia come si insista su un’eventuale ordinazione delle donne: ho l’impressione che, dopo duemila anni di cristianesimo, questo sia sintomo di mancanza di fede. Nella Chiesa cattolica questo non accadrà mai, neanche se al mondo non si trovasse più un solo sacerdote. Non per disprezzo delle donne, ma perché non è nella volontà e nel piano di Dio.

A. H.: Ora che è stata pubblicata l’esortazione di Papa Francesco ai giovani, Christus vivit, che messaggio bisogna lasciare loro, secondo lei, per far fronte a questa crisi?

+R. S.: Non lasciatevi turbare da quello che scrivono sui cardinali, sui vescovi e sui preti, ma scrutate i Vangeli e fissate il vostro sguardo su Cristo – egli solo è la via, la verità e la vita, e dà la garanzia che non ci si sbaglia. Poi, amate la Chiesa e servitela: poco importa quel che se ne dice. Essa è vostra madre, pura e immacolata, senza ruga né macchia. Le macchie che s’intravedono sulla sua figura sono in realtà le nostre. I suoi figli sono in crisi, ma la Chiesa, da parte sua, non lo è. Infine, convertitevi – anzitutto voi stessi – e poi siate missionari. In ultimo, cercate di condurre a Cristo i vostri amici.

A. H.: Come convertire senza scivolare nel proselitismo, denunciato ancora recentemente da Papa Francesco durante il suo viaggio in Marocco?

+R. S.: La Chiesa non fa proselitismo, ma ha un mandato da parte di Gesù:

Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e rendete mie discepole tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e insegnando loro a osservare quel che vi ho prescritto. Ecco, io sono con voi fino alla fine dei tempi.

La Chiesa non può venir meno a questo compito urgente: «Guai a me – dice san Paolo – se non evangelizzo». È quel che facevano i missionari, in Africa e in altri continenti. Al primo contatto con le popolazioni, hanno subito presentato l’Evangelo e le sue esigenze, senza mai forzare chicchessia. Non conosco alcun missionario che abbia obbligato un popolo a diventare cristiano. Ma evangelizzare è un dovere. Che siano i musulmani, i buddisti, gli animisti, dobbiamo evangelizzare tutti quanti annunciando Gesù Cristo, perché si tratta dell’unica via di Salvezza! In tal senso, non si tratta di proselitismo, perché non forziamo i pagani o i musulmani con le armi, però proponiamo loro la via della Salvezza. La nostra religione fa leva sull’amore e bandisce la forza.

A. H.: Si può intensificare l’evangelizzazione in Francia, a rischio di doversi misurare con un islam vigoroso?

+R. S.: Ad ogni buon conto, la Francia ha rinunciato alle sue radici cristiane, lì l’Evangelo non è più un punto di riferimento. In quella società Dio non ha più posto. Il solo posto dove è tollerato – ma in libertà vigilata – è il dominio privato. L’uomo ha preso il posto di Dio. Egli emette leggi in totale opposizione alle leggi di Dio e a quelle della natura. I francesi ritengono che gli uomini possano sposarsi con altri uomini e le donne con altre donne… E mentre tutti lottano per la soppressione della pena capitale l’omicidio di bambini nascituri è legale, il divorzio lo stesso. Mentre dappertutto si combatte contro le mutilazioni genitali, si legalizza la mutilazione delle persone che vogliono “cambiare sesso”. Che diabolica contraddizione! L’evangelizzazione dell’Occidente sarà più difficile e più ardua, ma bisogna intraprenderla con uno zelo ardente, senza paura né vergogna. L’evangelizzazione non è un confronto, è piuttosto Dio che viene a offrire il suo Amore a ogni uomo – quali che siano la sua razza, la sua religione e il suo continente. Dio ha un immenso rispetto per la nostra libertà, poiché egli è Amore, e l’Amore è impotente e incapace di forzare la coscienza e il cuore. Ma tutti gli uomini hanno diritto all’Evangelo.

A. H.: In lungo e in largo per il mondo, non si contano più gli scandali in cui sono implicati dei vescovi. Non viviamo una crisi dei vescovi?

+R. S.: Certamente esiste una crisi d’identità, di responsabilità, e una crisi di fede. Sostanzialmente, però, noi attraversiamo una crisi grave del sacerdozio, della relazione del prete con Gesù. Tutti voi, però, in quanto battezzati, partecipate di questa crisi se non testimoniate la vostra fede cristiana. Nella Lettera a Diogneto leggiamo la seguente testimonianza:

Come tutti gli altri uomini si sposano ed hanno figli, ma non ripudiano i loro bambini. Hanno in comune la mensa, ma non il letto. 

Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Vivono sulla terra, ma hanno la loro cittadinanza in cielo. Osservano le leggi stabilite ma, con il loro modo di vivere, sono al di sopra delle leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Anche se non sono conosciuti, vengono condannati; sono condannati a morte, e da essa vengono vivificati. Sono poveri e rendono ricchi molti; sono sprovvisti di tutto, e trovano abbondanza in tutto. Vengono disprezzati e nei disprezzi trovano la loro gloria; sono colpiti nella fama e intanto viene resa testimonianza alla loro giustizia. Sono ingiuriati, e benedicono; sono trattati in modo oltraggioso, e ricambiano con l’onore. Quando fanno dei bene vengono puniti come fossero malfattori; mentre sono puniti gioiscono come se si donasse loro la vita.

Un cristiano è dunque totalmente immerso nel mondo, ma si oppone in modo categorico a tutto ciò che contraddice Dio e il Bene dell’uomo, come l’aborto e le unioni contro natura. Il rispetto della vita, della famiglia, della persona umana… non sono questioni che riguardano unicamente i cristiani, bensì temi altamente umani. I vescovi hanno una grande responsabilità nella crisi della Chiesa, perché se il pastore abbandona il suo gregge il lupo se ne impadronisce. Allora il pastore dovrà rendere conto a Dio, Pastore dei pastori.

A. H.: Se la Chiesa si santifica dal basso, dalle famiglie, a leggere le sue parole abbiamo l’impressione che la crisi sia apparsa dall’alto. Il tempo dei vescovi santi è trascorso?

+R. S.: La Chiesa è una realtà gerarchica. Essa s’articola come un corpo umano, con le sue differenti membra: gli apostoli, i vescovi loro successori, i preti e i fedeli laici. Tutti, tuttavia, devono far vivere la Chiesa e irradiarne la santità. Nella Storia abbiamo avuto grandi e santi vescovi (Pietro, Paolo, Ignazio d’Antiochia, Ireneo di Lione, Ilario di Poitiers, Agostino, Cirillo d’Alessandria, Ambrogio). Sono dei modelli di fede, di coraggio e di santità. È vero che attualmente la crisi si colloca al livello del capo. Se non siamo più capaci di insegnare la dottrina, la morale, o di dare l’esempio e di essere dei modelli, allora la crisi risulta gravissima. Chi difenderà le pecore se, lasciandole alla loro sorte, i pastori si spaventano e fuggono di fronte ai lupi? Oggi la paura è la grande debolezza della Chiesa. Certo, tutti sono terrorizzati perché la Chiesa è accusata di tutti i mali; ma quando qualcuno è in preda alla paura non è più padrone di sé. È la ragione per la quale la Chiesa non osa più smarcarsi e andare controcorrente per indicare al mondo la direzione. Alcuni vescovi temono le critiche perché sono centrati su loro stessi e diventano così troppo prudenti, non si esprimono chiaramente su nulla per non andare incontro all’opposizione o al martirio. Ora, bisogna che ritrovino Dio, che si concentrino su di lui e che si affidino alla potenza della sua grazia. Di fatto, quando si è veramente con Lui, non si ha paura di nulla.

A. H.: Per Benedetto XVI la Chiesa doveva «mescolarsi alla sporcizia del mondo» così da poterla meglio pulire. Posto questo assunto, il contatto con il peccato non è una conditio sine qua non perché la Chiesa possa compiere la sua missione?

+R. S.: La situazione nella quale noi viviamo è in effetti un segno della provvidenza per ricordare che, se la Chiesa sceglie di umanizzarsi, di fuggire nel mondo, essa marcirà. Se essa si occupa unicamente di questioni sociali, senza parlare del divino, essa perde tempo. Se al contrario scende nei bassifondi del peccato portando Cristo con sé, allora purificherà e divinizzerà l’umanità.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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