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Sospendere gli studi per dedicarsi alla missione: abbiamo incontrato chi lo fa a Roma

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Colombe de Barmon - pubblicato il 04/06/19
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La Comunità dell’Emmanuel ha a cuore la formazione di giovani missionari. Ecco perché un po’ dappertutto sulla faccia della terra, dalle Filippine fino agli Stati Uniti, essa ha creato delle “Emmanuel Schools of Mission” (ESM). Aleteia ha visitato una di queste scuole.

Anche se hanno tra i 19 e i 27 anni vivono in uno dei posti più strabilianti sulla terra: Trinità dei Monti, in cima alla gradinata della celebre Piazza di Spagna a Roma. Chi sono? Una dozzina di giovani da sei Paesi differenti che hanno deciso di sospendere i loro studi o la loro carriera, per un anno, e di dedicare quel tempo a Cristo. L’obiettivo è di formarsi alla missione ponendo le fondamenta di una solida vita cristiana grazie a una regolare frequenza nella preghiera, alla formazione umana, intellettuale e soprattutto a una intensa vita fraterna.

Fare della propria vita una missione permanente

«Non è un anno di missione, ma un anno per rendere missionaria tutta la vita!», spiega il direttore dell’ESM romana, Pierre Woitiez. Membro della comunità dell’Emmanuel, è venuto nella capitale italiana per mettersi al servizio della scuola di evangelizzazione per tre anni. Insieme con un prete, padre François, e una laica consacrata, formano una squadra d’assalto attenta ai bisogni e alle domande dei giovani, e non esitano ad adattare il programma (specie quello dei corsi).


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«La giovinezza è un’età in cui tutto si costruisce, la sfida è costruire su basi solide», spiega padre François. È quanto cercava Brune arrivando all’ESM. Voleva ricentrare la sua vita sull’essenziale:

Non volevo che la mia fede posasse esclusivamente su una comunità o su una famiglia, ma che riposasse veramente su Dio.

Per questa ragazza giovane e dinamica, scegliere Roma significava scegliere di vivere nel cuore della Chiesa, ma era pure l’occasione di scoprire la sua dimensione universale. Quando si sa che un milione di turisti l’anno passano nella chiesa della Trinità dei Monti, e che sono più di venti i milioni di persone che transitano per Piazza di Spagna, pochi metri più in basso, non ci si stupisce di sentire la ragazza che dice: «Qui a Roma è tutto il mondo che viene!».

Andare incontro agli altri

Una volta a settimana, i giovani occupano il loro pomeriggio andando incontro ai turisti. Brune racconta:

Ci sono diverse nazionalità, diverse età, diverse storie: parliamo ad ebrei, protestanti, musulmani…

Gabrielle, una delle sue compagne, racconta di un incontro con un musulmano con cui ha potuto pregare. Un momento particolarmente forte. Ci racconta piena di gioia:

Spesso questo non dura se non pochi minuti. Non vediamo i frutti, ma ci dà comunque gioia.

I giovani dell’ESM di Roma fanno anche una missione di compassione andando regolarmente incontro alle persone che vivono per strada.


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Accompagnatori e giovani sono tutti unanimemente d’accordo: la posta in gioco è di imparare a conoscerli. Una grande sfida che è primordiale per colui che vuole rispondere alla propria vocazione missionaria, ritiene Gabrielle:

Per essere missionari, bisogna saper ricevere la propria missione. E per ricevere la propria missione bisogna essere capaci di riconoscerla. È lì che s’impara veramente ad essere missionari, e ad andare lì dove Cristo ha bisogno di noi.

Capita di dover fare i conti coi propri limiti e con le proprie debolezze, nel corso della missione – raccontano Brune e Gabrielle, ma non bisogna scoraggiarsi:

Come ha fatto in fondo Dio per evangelizzare il mondo? […] Ha preso dei peccatori, dei pubblicani, gente che rubava sulle tasse altrui! Ebbene, con dodici di questi uomini Gesù ha rivoluzionato la storia del mondo.

Un fatto che porta le due ragazze a concludere:

Siamo in missione e non è perché non siamo perfette che dobbiamo avere paura.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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