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4 indicazioni di propositi di vita nascoste in Toy Story 4

TOY STORY 4
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Paul Asay - pubblicato il 28/06/19
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L’ultimo lavoro della Pixar è un’altra storia con messaggi per tutta la famigliaToy Story ha cambiato tutto.

Prima dell’uscita del primo film della serie, nel 1995, i cartoni animati erano solo per bambini, e al massimo potevano essere belli potenti e insegnare qualche buona lezione. Sei bello come sei!, dicevano. Puoi fare qualsiasi cosa!

Toy Story, però, ha preso questi temi e li ha rivoluzionati, dando loro più influenza e complessità: e se non mi sentissi bello?, chiedeva il film originale. Cosa succede quando incontri qualcuno che ti fa sentire brutto e geloso, come quando Woody ha incontrato per la prima volta Buzz? E se non riesci a fare tutto, come quando Buzz si è reso conto di non essere in grado di volare? Questi temi hanno attirato l’attenzione degli adulti. I bambini amavano ancora Woody e Buzz, certamente, e hanno imparato grandi lezioni sull’amicizia e il sacrificio, ma questo film era rivolto anche alle mamme e ai papà.

Da allora, quindi, la Pixar (che ora è ufficialmente un’ala del castello Disney) ha realizzato una serie di film, per la maggior parte successi di critica e di pubblico, e le storie sono diventate sempre più sofisticate. Toy Story 4 potrà sembrare a molti non bello come il primo, ma è senz’altro il più ambizioso a livello di trama, e dispensa molte lezioni che altri film non oserebbero mai offrire.

È interessante che per la maggior parte ruotino intorno al concetto di obiettivo. Prendiamone in considerazione quattro…

La difficoltà di cambiare

Il cambiamento è difficile per tutti, e quando Bonnie – la bambina che possiede ora Woody, Buzz e tutta la banda – deve andare all’asilo, la poverina si comporta come se stesse per essere spedita sul campo di battaglia. È terrorizzata all’idea di andare in una scuola nuova con nuove persone, e quindi nonostante le indicazioni della scuola di non portare alcun giocattolo in classe, Woody si inserisce nello zainetto di Bonnie pensando che la bambina potrebbe aver bisogno di un amico. E ha ragione.

Ma Woody ha anche un’altra motivazione. Anche la sua vita sta cambiando, e questa azione è in un certo modo egoistica – è un modo per tornare ad essere il giocattolo preferito di Bonnie.

In questo momento Woody non è in cima ai pensieri di Bonnie, resta il più delle volte nell’armadio, e quando parla del suo destino sentiamo un’eco delle nostre stesse lotte con il cambiamento. A volte sembra un padre i cui figli hanno lasciato il nido e sembrano non avere più bisogno di lui. Da spettatori, vediamo che l’obiettivo che Woody ha abbracciato per tanto tempo – la sua chiamata, se vogliamo chiamarla così – è cambiato. Penso che a volte tutti noi lottiamo con i cambiamenti a lavoro o a casa, ma lottiamo soprattutto quando sembra che la nostra chiamata – la cosa per cui sentiamo che Dio ci ha creati, l’obiettivo che ci sforziamo di realizzare – sia irrilevante. Quando ci sembra di essere noi stessi irrilevanti.

La via verso la redenzione di Woody non è semplice, e approfondire il tema svelerebbe parti del film che non voglio rivelare. Woody ci insegna però che anche se il nostro obiettivo non è più quello di una volta (o quello che pensavamo che fosse), riusciamo ancora a trovare un significato per la nostra vita. Dobbiamo solo cercarlo in qualche posto inaspettato.

Il mistero della creazione

A scuola Woody rimane nascosto, ma quando sembra che Bonnie sia davvero giù esce dallo zainetto, si butta in un secchio della spazzatura e recupera uno scovolino, dei pastelli e una vecchia posata di plastica. Bonnie si riprende quando vede tutte queste cose, e inizia a lavorare, creando alla fine un nuovo compagno di giochi, Forky, che però non ama il suo nuovo status.

Forky è essenzialmente spaventato dalla sua ritrovata sensibilità. Vuole essere spazzatura. Anche lui sta lottando con il suo senso dell’obiettivo. E alla fine Woody lo aiuta a trovarne uno: è voler bene a Bonnie – ama il tuo creatore, si potrebbe dire – ed essere a propria volta amato.

Detto in poche parole, questo è anche il nostro obiettivo: amare ed essere amati dal Dio che ci ha creati. E tuttavia, questa risposta tocca a malapena la bellezza e il mistero della creazione. Restano tante altre domande, che suggeriscono la bellezza e il mistero del perché della nostra vita. Amare ed essere amati sembra il punto chiave di un business plan, in cui la nostra vita si dispiega in romanzi o poemi epici. Significativamente, i realizzatori riconoscono il mistero della creazione nelle ultime scene del film.

La bellezza dell’imperfezione

Dopo innumerevoli corse al cestino della spazzatura, Forky arriva finalmente ad accettare la sua nuova vita di giocattolo amato. Comprende il suo obiettivo. Gabby Gabby – la vecchia bambola che funge da principale antagonista nel film – capisce quale dovrebbe essere anche il suo. A differenza di Forky, sa di essere un giocattolo. Sa che dovrebbe donare amore e gioia a un bambino, e lo desidera più di qualsiasi altra cosa, ma si sente disperatamente incapace di farlo: la sua casella vocale è rotta, lo è fin dal momento della sua creazione, e per via di questa sua mancanza Gabby Gabby sente di non essere in grado di essere amata. E farà di tutto – tutto – per “andare bene” di nuovo.

Gabby Gabby rappresenta un netto contrasto con Forky, che dopo tutto tecnicamente è solo un po’ di spazzatura messo insieme. Attraverso questi due nuovi personaggi ci viene ricordata una cosa davvero importante: non siamo amabili perché siamo perfetti, ma perché siamo noi stessi.

L’importanza di servire gli altri

La vita di un giocattolo è alla fin fine una vita di servizio. Ogni film della serie di Toy Story torna in continuazione su questo argomento. Woody e Buzz vivono e lavorano per i loro bambini, ma come sappiamo tutti alla fine i bambini crescono. E allora?

In alcuni flashback vediamo Bo Peep, una lampada di porcellana che per anni ha confortato Andy la sua sorellina Molly, messa in una scatola e data via. Molto più tardi vediamo Bo Peep in strada – un rude avventuriero che mostra come la vita vada al di là della porta della camera da letto di un bambino. Non anela neanche più ad essere amata da un bambino, anche se non lo ammette. Woody e una manciata di nuovi amici lavorano però per accoppiare i giocattoli desiderosi d’amore con i bambini, realizzando indirettamente la loro chiamata.

Ancora una volta Toy Story sottolinea che l’obiettivo – il nostro obiettivo reale, donatoci da Dio – si ritrova nel servire gli altri. Abbiamo tutti delle opportunità di servire nella nostra vita: a casa, a lavoro, attraverso opportunità di volontariato, perfino camminando semplicemente per strada. A volte la nostra capacità di servire cambia, divergendo da quello che volevamo o sognavamo, ma l’opportunità è sempre lì, e quando serviamo ci ritroviamo a realizzare l’obiettivo che Dio ha pensato per noi.

I temi e le lezioni non si fermano necessariamente qui. Sì, Toy Story 4 è una storia divertente sia per i bambini che per i loro genitori, ma andate un po’ più a fondo e troverete qualche elemento che potrà rimanervi in mente anche una volta terminati i titoli di coda.

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