Oltre a fare autocritica, lo Stato deve anche visionare le opere prima di autorizzarne l’esposizioneIn genere fa notizia la facilità con cui in nome della libertà di espressione si aggrediscono Gesù Cristo, la Vergine Maria o altri riferimenti del cristianesimo, e anche il lungo iter burocratico per ritirare le opere offensive. In questa occasione, tuttavia, la reazione di fronte a un’opera presumibilmente offensiva esposta in uno spazio pubblico è stata immediata. Non appena qualcuno si è reso conto dell’offesa che poteva rappresentare un’opera in un’esposizione pubblica, questa è stata ritirata.
Lo scrittore e imprenditore del settore dell’allevamento Jesús María Silveyra aveva avvertito in una lettera della sezione dedicata ai lettori del quotidiano Clarín che nella mostra Imaginario, esposizione dell’opera del defunto artista Floreal Jaka, ospitata nell’edificio annesso della Camera dei Deputati, in cui hanno lo studio numerosi parlamentari e che in genere viene usato per conferenze ed esposizioni culturali, si esponeva un’immagine di Gesù Cristo crocifisso nudo che poteva risultare offensiva per i cristiani.
Subito dopo la pubblicazione della lettera, la Direzione per la Cultura della Camera dei Deputati ha disposto il ritiro del dipinto, e la sua direttrice, Andrea Barbieri, si è scusata sul quotidiano La Nación: “Non è mai stata intenzione mia o della mia équipe offendere i valori di chi professa la fede cristiana – di fatto la maggior parte di noi è cristiana – né o alcun altro credo. Forse l’errore più grande è stato non prendere nota di tutte le immagini che sarebbero state esibite, visto che siamo un’istituzione pubblica nazionale”.
La famiglia dell’artista ha chiarito che Jaka non intendeva offendere i cristiani con la sua opera. Lo stesso Silveyra ha spiegato subito che il problema, al di là della nudità di Cristo sulla croce, questione su cui l’accademia discute anche se la tradizione in genere ha ritratto quel momento coprendo i genitali, è il “travisamento che si fa di un segno tanto caro alla nostra fede”. “I cittadini che professano altri culti saranno d’accordo con questa richiesta, perché sarebbe avvenuto lo stesso se fosse stato esibito nudo Mosè, Abramo, Maometto, Buddha o Visnù”, ha aggiunto lo scrittore.
La rapida reazione della Direzione della Cultura della Camera Bassa contrasta con quanto avvenuto nella mostra presso il Centro Culturale della Memoria Haroldo Conti, responsabilità della Segreteria per i Diritti Umani e il Pluralismo Culturale, che ha fatto autocritica per non aver analizzato il potenziale offensivo di alcuni pezzi ma non ha ritirato dalla mostra “Para todes, tode” un’immagine della Vergine Maria rappresentata con il fazzoletto che indica chi promuove l’aborto, e la provocazione era molto più evidente che in questo caso (cfr. Aleteia, 13 marzo 2019 e 10 aprile 2019). Si è dovuto aspettare una decisione giudiziaria perché l’immagine venisse esibita a porte chiuse.
Allo Stato spetta di unire all’autocritica realizzata sia in questo caso che in quello della Madonna con il fazzoletto pro-aborto una revisione degli oggetti prima di autorizzarne l’esposiozione. I precedenti non sono recenti, risalendo a vari anni fa.
Quando era arcivescovo di Buenos Aires, il cardinal Bergoglio si è opposto a un’esposizione in uno spazio pubblico del governo della città in cui venivano esposte opere offensive dell’artista León Ferrari. Il cardinal Bergoglio rifletteva allora con parole che si possono applicare a qualsiasi caso in cui l’arte, esposta in spazi pubblici o meno, offende la nostra fede: “Gesù ci aveva predetto che sarebbero accadute queste cose, e con molta tenerezza ci ha detto di non avere paura, che siamo il suo piccolo gregge, di perseverare nella lotta per la fede e nella carità, sperando in Lui, pregando con vera fiducia di figli il Padre che ci ama. Di fronte a questa blasfemia che fa vergognare la nostra città, chiedo di fare tutti insieme un atto di riparazione e di richiesta di perdono”.