Il direttore di un’organizzazione sanitaria di New York che ha studiato in Argentina ricorda il suo insegnante come una persona educata, ma fredda e distante…Circa 600 medici di Somos – una rete di 2.500 professionisti sanitari che operano in aree svantaggiate di New York – sono stati ricevuti da Papa Francesco in udienza in Vaticano nei giorni scorsi. Tra questi c’era Mario Paredes, direttore generale dell’organizzazione, che ha incontrato il Papa anni fa (prima che diventasse Pontefice), quando studiava in un’università dell’Argentina. Gli abbiamo chiesto di condividere i suoi ricordi di quel periodo.
In quali circostanze ha conosciuto il futuro Papa Francesco?
Alla fine degli anni Sessanta, i miei genitori mi hanno mandato a studiare all’Università Gesuita di Cristo Salvatore di Buenos Aires perché mi laureassi in Filosofia. Il mio professore di Letteratura altri non era che Jorge Mario Bergoglio. Era un insegnante eccezionale, ma era distante, formale, freddo. Era molto educato, ma non sorrideva mai. Le sue lezioni erano però molto piacevoli per la vastità delle sue conoscenze.
Citava spesso degli autori a memoria; era affascinante. Le sue presentazioni erano poi caratterizzate da molti riferimenti a pittura, musica… È un uomo dalle tante sfaccettature.
Come spiega allora l’aura amichevole, empatica e accessibile che lo caratterizza oggi?
Me lo sono chiesto molte volte. Era così formale e distante… Sembra aver raggiunto un punto di svolta quando è diventato Papa. È certamente opera dello Spirito Santo.
L’ho incontrato molte volte [dalla sua elezione], nella residenza Santa Marta, ed è sempre stato molto affabile con me. Quando era cardinale arcivescovo di Buenos Aires lo invitavo ogni anno a New York per celebrare la festa di Nostra Signora di Luján, patrona dell’Argentina. Non è mai venuto, ma mi rispondeva con un messaggio in cui esprimeva gratitudine per l’invito. Non ha mai amato viaggiare. Non so se ora gli piaccia farlo, ma è il suo lavoro.
Ha sempre mostrato interesse per i Paesi stranieri?
Una settimana dopo la sua elezione sono stato invitato a incontrarlo in Vaticano con i leader ispanici degli Stati Uniti. Gli ho portato un libro che aveva scritto, “Dialoghi tra Giovanni Paolo II e Fidel Castro” (1998). È interessante che abbia scritto di Cuba, visto che non è strettamente un Paese latinoamericano. Rivela la vastità della sua conoscenza e il suo interesse per tanti posti del mondo.