Dopo aver visionato un film che rappresentava le torture sistematicamente subite dai migranti venuti dalla penisola del Sinai, i canonici di Conques hanno deciso di prendere contatto con la regista, che ha creato un’associazione. Da allora accolgono in sinergia i “migranti sopravvissuti” per aiutarli a superare le loro ferite grazie alla bellezza del posto.È l’immemorabile lotta tra il bene e il male, o quel che l’uomo può fare di peggio contro quanto di più bello c’è. Nel 2014 la giornalista e regista Cécile Allegra co-realizza il film Voyage en Barbarie [Viaggio in Barbaria, N.d.T.], dove denuncia le sistematiche e massive torture di cui sono oggetto le donne e gli uomini che cadono nelle mani dei trafficanti di esseri umani nel Sinai. La giornalista avrebbe ottenuto il celebre premio Albert Londres per questa pellicola sconvolgente, che purtroppo grida una verità troppo spesso ignorata in Europa. Due anni più tardi, uno dei giovani sopravvissuti del film tenta il suicidio in Francia, nel CARA dov’è ospitato. Cécile Allegra prende allora coscienza del fatto che per questi giovani il semplice fatto di essere sopravvissuti non basta a vivere. Così ci ha spiegato:
I traumi che subiscono questi migranti sono dell’ordine di grandezza del campo di concentramento, e hanno conseguenze psicofisiche catastrofiche. Le persone che arrivano in Europa sono segnate a vita.
Sainte Foy e gli ostaggi
Contemporaneamente, a Conques, nell’Aveyron, uno dei frati dell’abbazia di Sainte Foy, frate Pierre Adrien, incappa in un articolo che parla di questo film, e qualcosa risuona in lui.
Quando sono arrivato a Conques, sei anni fa, mi hanno affidato come missione particolare di valorizzare questo luogo di pellegrinaggio non solo come tappa del Camino de Santiago. In effetti, dall’863 custodiamo le reliquie di santa Foy e vorremmo farla conoscere meglio.
Per chi non ne fosse edotto, santa Foy è particolarmente invocata per la guarigione dei ciechi, per le donne sterili e per la liberazione di prigionieri e ostaggi.
Quando ho visto il film di Cécile, ho subito pensato a cosa potrebbe fare santa Foy per aiutare i migranti sopravvissuti.
Il canonico prende allora contatto con la giornalista, la quale resta da parte sua sorpresa per la telefonata, lontana com’è (da tempo) dalla pratica religiosa. Finiscono per incontrarsi in un café parigino, e frate Pierre Adrien è accompagnato dal padre priore: «Che cosa possiamo fare, concretamente?», domandano d’ufficio i due uomini. «Bisogna far conoscere questi drammi umani e aiutare a curare queste sofferenze», risponde loro Cécile.
Nell’estate del 2015 i canonici organizzano una grande mostra nella chiesa abbaziale di Conques, nonché una conferenza: «Refugiati di Eritrea, catturati e torturati: quale speranza?». Fratel Pierre Adrien ricorda così quell’iniziativa:
L’argomento era molto duro, le foto talvolta insostenibili e le relazioni che raccontavano l’orrore difficilmente sostenibili. Malgrado tutta questa oscurità, abbiamo presto scoperto che tutti noi presenti, fin da subito dopo le relazioni, venivamo istantaneamente leniti nello choc dalla bellezza di Conques – dalla calma e dalla serenità del luogo – e venivamo rinfrancati nella Speranza.
La bellezza come trattamento
A partire da quell’estate, un’iniziativa ha tirato l’altra. Cécile Allegra ha creato l’associazione Limbo (con riferimento all’ipotesi teologica sullo stato ultramondano intermedio). Quest’associazione si fa carico dei “tempi morti” durante i quali i sopravvissuti, lasciati a loro stessi, vedono sorgere di nuovo la pulsione di morte. Cinque volte l’anno, durante i periodi delle vacanze scolastiche, un gruppo composto da dieci giovani sopravvissuti è condotto a Conques. In un ambiente bello e rassicurante, i giovani partecipano ogni giorno a un atelier di arteterapia a base di danza, musica, ceramica o fotografia. Il resto della settimana consta di visite nelle botteghe di artigiani, di attività sportive e di incontri. La bellezza del luogo diventa il migliore dei trattamenti.
Se i monaci sono presenti durante questi stages, in particolare per condividere i pasti, essi hanno anche avviato processi nel paese, che produce un evento l’anno, con la cooperazione degli abitanti.
Bisogna dire che a Conques c’è una tradizione simbolicamente molto forte per quanto riguarda l’accoglienza del pellegrino e dello straniero.
È così che il villaggio di Conques ha accolto nel 2017 una famiglia di eritrei con quattro figli:
Adesso – se ne rallegra il monaco – hanno trovato il loro posto. Nel discorso conclusivo dell’anno scolastico, davanti al sindaco e agli eletti, la direttrice si è congratulata per i brillanti risultati dei bambini, parlando di un esempio da seguire per tutti.
I progetti dedicati al prossimo non mancano, in questa bella cittadina di campagna francese, «un villaggetto inoltrato nel cuore delle problematiche del mondo», chiosa divertito fratel Pierre Adrien. Undici sessioni di arteterapia hanno già avuto luogo, e l’associazione Limbo sta valutando l’ipotesi di aprire un centro simile a Parigi, mentre prosegue le sue azioni di documentazione e di sensibilizzazione del grande pubblico. Così conclude Cécile Allegra, che non vuole credere all’indifferenza degli uomini davanti a tante e tali sofferenze:
Sono sicura che se le persone sapessero, tutti agirebbero.
La promotrice lavora oggi a un documentario per France 3 che presenterà i benefici prodotti dalle sessioni di Conques. È l’occasione di trasmettere in immagini la bella storia di quest’umanità impegnata e accogliente in uno dei più bei paeselli di Francia. O come alla fine il bene trionfa sul male. Sempre.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]