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Ascoltate la storia di quest’umile preghiera

TABERNACLE
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Jacques Gauthier - pubblicato il 10/02/20
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La preghiera che tocca il Signore è la più semplice, quella che sgorga dal cuore. Questa storia, che ricorda la risposta del contadino al santo Curato d’Ars sul modo di pregare davanti al Tabernacolo («Io lo guardo, lui mi guarda») la dice lunga sulla preghiera di fede, nell’umiltà, più di un lungo trattato di mistica e ascetica.

Gesù racconta una parabola in cui mostra due uomini in preghiera: uno è fariseo, l’altro è pubblicano – esattore di imposte al soldo dei Romani (Lc 18,9-14). Gesù rimprovera al fariseo il proprio autocompiacimento e il suo disprezzo del pubblicano, mentre quest’ultimo si tiene a distanza e non osa alzare gli occhi al cielo, ma tiene il capo chino e si batte il petto. Gesù dichiara che è il pubblicano a trovarsi in pace con Dio, perché «chiunque si esalta sarà umiliato, ma chi si umilia sarà elevato» (Lc 18,14).



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Una sola parola che sgorga dal cuore

L’umiltà ci permette di accogliere le nostre debolezze nella preghiera, alla maniera del pubblicano che, nel tempio, se ne sta in fondo: «O Dio pietà di me che sono peccatore» (Lc 18,13). Dio riconosce gli umili, perché egli stesso è mite e umile di cuore, ed ha un profondo piacere nel perdonare. Egli è l’Amore che si abbassa fino alla morte di croce per rialzarci. Nella preghiera, l’importante è che il cuore sia toccato. San Giovanni Climaco scrive bene:

Non cercare di parlare molto, quando preghi, perché il tuo spirito non si distragga nella ricerca di parole. Una sola parola del pubblicano fu gradita a Dio e un solo grido salvò il ladrone.

Codesta preghiera di fede, che sgorga dal cuore, mi ricorda questa storia.

«È Gesù»

Un parroco aveva notato che ogni giorno, a mezzogiorno, un uomo veniva in chiesa e subito ne usciva. La cosa attrasse la sua attenzione, dapprima, e poi causò la sua preoccupazione. Chiese al sagrestano di domandargli: «Che cosa viene a fare in chiesa ogni giorno?»

– Vengo a pregare, disse il vegliardo con calma.

– Suvvia, siamo seri! Lei non si ferma abbastanza da pregare: giusto il tempo di arrivare all’altare e poi esce!

– Proprio così, non so fare lunghe preghiere. Eppure ogni giorno, a mezzogiorno, vengo a trovare il mio amico: mi avvicino al tabernacolo e gli dico “Gesù, sono Simone”. È come prego io. È una piccola preghiera, ma sento che lui mi ascolta e questo deve fargli piacere.

Poco tempo dopo, il vecchio Simone fu investito da un camion e portato in ospedale. L’infermiere è colpito dal suo buon umore e gli domanda: «Come fa a essere sempre così sorridente, nelle sue condizioni?»

– Per via del mio amico che viene a trovarmi.

– Visitatori non ne vedo… quando passa?

– Tutti i giorni, a mezzogiorno. Si mette lì in fondo al mio letto e mi dice: «Simone, sono Gesù».

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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