La difesa del dottor Gómez Sancho nei confronti delle cure palliative è diventata viraleMarcos sa bene cosa sia il dolore, e non solo per il fatto di essere medico. Anni fa si è sottoposto a un intervento per un’ernia del disco e ha contratto un’infezione in sala operatoria. Questo lo ha costretto a rimanere a letto ben 3 anni, più di mille giorni – con le loro ore e i minuti – senza potersi alzare. Sei mesi li ha trascorsi in ospedale, i primi due “con dolori assolutamente impossibili da spiegare”.
Una situazione del genere “dà molto tempo per pensare, per riordinare i valori e la vita, e dopo quei tre anni né il direttore dell’ospedale né io credevamo che sarei mai riuscito a tornare in sala operatoria”, dove lavorava. Quell’esperienza di dolore e sofferenza lo ha portato ad essere uno dei riferimenti mondiali e un pioniere della cure palliative in Spagna.
Marcos Gómez Sancho è anestesista, e lavorava nel campo della chirurgia cardiaca. A febbraio è diventato virale per un video in cui ha difeso le cure palliative nel programma di Jordi Évole Salvados. Non tutti, però, sanno cosa c’è dietro argomentazioni tanto decise. Dopo tutto quel tempo al letto, quando gli hanno offerto di avviare uno studio sul trattamento del dolore non ha esitato: “Ho subito provato empatia per quell’idea. Avevo sofferto tanto, e con un dolore molto intenso”.
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Marcos ha iniziato a formarsi, ha avviato un’unità di Trattamento del Dolore e si è recato a Milano per studiare in uno dei luoghi più importanti al riguardo: l’Istituto Nazionale Tumori. In Spagna si stava iniziando allora a parlare del “trattamento del dolore”, ma si era reso conto che non bastava: “Vedevo malati di cancro e toglievo loro il dolore, ma continuavano a raccontarmi i loro problemi: respiro male, ho paura, ho panico, la moglie si metteva a piangere… e io dicevo ‘Ma vi ho tolto il dolore!’”
È stato allora che il dottor Gómez Sancho si è reso conto che doveva esserci qualcosa che andava oltre.
E in effetti aveva un nome: cure palliative. “Non si tratta di togliere il dolore, ma di eliminare tutti i sintomi. Di affrontare il malato dal punto di vista fisico, psicologico, sociale e spirituale. Prendersi cura anche dei familiari, cercare di curare in casa…”
Tornando in Spagna, ha cambiato il cartello da “Trattamento del dolore” a “Cure Palliative”, ed è così che è nata una delle prime unità di questo tipo in Spagna.
Un’esperienza di umanità
Tutti i suoi pazienti moriranno, ma il medico assicura che in questi 30 anni la sua vita è stata “straordinariamente gratificante, e un’esperienza professionale e umana senza eguali. Contrariamente a quello che pensa la gente quando si dice che ci si dedica ad assistere malati incurabili alla fine della loro vita – tutti si portano le mani alla testa –, è la cosa più gratificante che possa accadere”.
Questo lavoro è una “vocazione”, e non c’è nulla di più umano che prendersi cura di persone che vivono “i momenti peggiori della loro vita”. È allora che “ricevono l’assistenza migliore. Le persone che si dedicano alle cure palliative hanno la vocazione di servizio e di aiuto, che è quello che ha sempre caratterizzato il medico”.
“Per un malato, vedere che viene visitato con regolarità, che ci si preoccupa del suo benessere, di togliergli tutti i sintomi, dei suoi familiari… è fondamentale. Sa che non possiamo curarlo, ma ci chiede di non abbandonarlo, di non considerarlo morto ancor prima di morire”.
Avete paura di morire?
Il dottor Gómez Sancho vive circondato dalla morte, e con la sua esperienza ha ben presente cosa vuol dire. Quando era in ospedale, sapeva che aveva il “50% di possibilità di morire, e allora ovviamente avevo molta paura della morte. Oggi, però, posso dire di avere meno paura. Non so cosa succederà quando busserà alla mia porta, ma so che oggi vivo più libero. Dopo aver fatto questo percorso negli ultimi 30 anni, vivo più in pace con me stesso e più tranquillo, senza la fobia della morte”.
“Né come medico né come uomo potrai abituarti a veder morire i tuoi malati. Non ci si abitua mai. Quello che siamo stati capaci di fare è di delineare meccanismi di autoprotezione all’interno dell’équipe. Ventilare emozioni, sostenerci gli uni gli altri, essere ben formati…” “Quello che brucia di più è non poter dare una risposta a quello di cui hanno bisogno i malati”.
Contrariamente alla tendenza attuale di pensare che il medico sia “onnipotente”, il dottor Gómez Sancho spiega che a Cure Palliative “intendiamo la morte come una parte della vita. Le persone devono morire, e che questo avvenga non è un fallimento di nessuno. Il fallimento avviene quando non possiamo prenderci cura di un malato”.
La Spagna, l’unico Paese europeo senza una specializzazione in Cure Palliative
In Spagna non esistono medici esperti in cure palliative. Non esistono infermieri specializzati ad aiutare le persone che stanno per morire, anche se è una cosa che interessa tutti.
Il medico riferisce che molte persone arrivano in ospedale con un “dolore intenso chiedendo di essere uccise”, ma afferma che nelle loro condizioni lo chiederebbe anche lui. Il problema è che “sono assistite male. Quando dai loro la prima iniezione sottocutanea di morfina smettono di chiederlo. Nessuno vuole morire”.
La Spagna è al 31° posto in Europa a livello di cure palliative. “Dietro di noi ci sono solo Paesi come Moldavia, Malta, Slovacchia, Armenia, Turchia… Le cure palliative in Spagna sono estremamente carenti”, e questo fa sì che “le persone non possano scegliere, hanno solo l’opzione dell’eutanasia. In Spagna ogni anno 75.000 persone muoiono soffrendo intensamente perché avrebbero bisogno di cure palliative avanzate” e non ne dispongono.
Tra i tanti incarichi che gli hanno fatto fare il giro del mondo pronunciando conferenze, il medico è presidente della Società Spagnola di Cure Palliative, e da anni si batte perché in Spagna terminino le disuguaglianze in questo settore, con Governi di tutti i colori. Oltre ad essere un problema ideologico ed economico, “è un problema di mancanza di sensibilità e di umanità”.
Un momento della vita che tutti dovremo affrontare, una cosa sensibile e difficile e che si può vivere in un altro modo grazie alla vera ragione della Medicina, con équipes molto qualificate con infermieri, psicologi, fisioterapisti… La Spagna vuole legalizzare l’eutanasia, e questo porrà fine ai malati – noi –, ma se ponessimo fine al vero problema?