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Venezuela: Comunione in strada in mezzo alla pandemia

VENEZUELA
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Ramón Antonio Pérez - pubblicato il 16/04/20
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Un sacerdote ritiene che “chi può portare la Comunione deve farlo”, perché oltre alla fame materiale e spirituale, “il popolo ha bisogno dell’Eucaristia e non possiamo rimanere a bracca incrociate”La sensibilità spirituale di molti sacerdoti si è dimostrata in Venezuela e nel mondo intero nel contesto della pandemia del Covid-19, che finora ha contagiato più di un milione di persone e ha provocato migliaia di morti. Un gesto di questo tipo è avvenuto a Guarenas, nello Stato di Miranda (Venezuela), dove padre Luciano Labrador, alla guida della parrocchia di Nostra Signora di Coromoto, dopo la Messa della Domenica di Pasqua è uscito in strada per dare la Comunione a molti fedeli della zona, che da più di un mese non avevano potuto riceverla per via della quarantena obbligatoria.

Le immagini hanno tuttavia suscitato domande legate alla fede e all’impegno pastorale assunto in forma straordinaria nel contesto della pandemia che si vive in Venezuela e nel resto del mondo: perché il sacerdote ha agito così? Perché ha messo a rischio la sua vita? Non è consapevole del pericolo che comporta il fatto di dare la Comunione in un contesto di pandemia? Non ha paura del contagio? Cosa ha stabilito la Chiesa circa la Comunione al di fuori della Messa? È una via per la santità?

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Facebook | Pbro Luciano Labrador

“Non abbiamo paura perché siamo nelle mani di Dio”

Padre Luciano ha detto ad Aleteia che “l’atto è stato realizzato tenendo conto della misericordia di Dio, che è la cosa più importante in quest’epoca e nella nostra vita”. Per questo, ha detto, “agiamo in nome di questa misericordia”.

“Esiste questa pandemia e siamo ben consapevoli della gravità della questione, sapendo ciò che implica. Nel mio caso personale e insieme a molti fedeli, però, possiamo dire di non avere paura”, ha riferito il giovane sacerdote.

“Non abbiamo paura perché siamo consapevoli del fatto che è Gesù che detiene il potere e l’autorità,
e che la nostra vita è nelle mani di Dio”.

“Non possiamo permettere che il nemico ci accerchi e ci impedisca di avvicinarci al Signore. Gesù, come dice il Vangelo di Matteo al capitolo 9, versetto 36, ‘vedendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore’. È la compassione che oggi Gesù prova per ciascuno dei suoi figli. Noi, come sacerdoti, siamo chiamati a incoraggiare il popolo di Dio, a dargli forza e accompagnamento spiriuale, ovviamente, ciascuno in base alla propria realtà”.

Padre Luciano ha detto di essere convinto che “Gesù ci sta chiedendo di dar da mangiare al popolo, di nutrirlo davvero”. Per questo, riconosce, l’atto di portare la Comunione ai suoi vicini è stato il compimento del mandato di Gesù di vivere le opere di misericordia. “A volte si tratta di una fame che si sazia a livello materiale e spirituale, ma anche di una fame sacramentale”.

Il giorno di Pasqua, dopo la Messa trasmessa dalle reti sociali è uscito a portare la Comunione. Le persone lo hanno ringraziato per il suo gesto, “e chi non era pronto ha ricevuto anche il sacramento della Penitenza”.

 

Come consegnare e ricevere la Comunione al di fuori della Messa?

Come si regola l’amministrazione della Comunione al di fuori della Messa? Nel Messale Romano (1970) si legge di conservare in un vaso sacro le ostie consacrate in quantità sufficiente per la Comunione dei malati e di altri fedeli al di fuori della Messa.

Dal canto suo, la Sacra Congregazione dei Riti, nell’istruzione Eucharisticum mysterium (1967), spiegava l’importanza di indurre i fedeli a comunicarsi nella celebrazione eucaristica, dicendo che i sacerdoti non devono rifiutarsi di amministrare, anche fuori dalla Messa, la Santa Comunione ai fedeli quando lo chiedono con giusta causa.

Allo stesso modo, si indicava che chi non può assistere alla celebrazione eucaristica della comunità si deve nutrire assiduamente con l’Eucaristia per sentirsi unito non solo al sacrificio del Signore, ma anche alla comunità, e sostenuto dall’amore dei fratelli.

Quanto al luogo per distribuire la Comunione fuori dalla Messa, si parla di una chiesa o un oratorio in cui abitualmente si celebra o si custodisce l’Eucaristia o della chiesa, dell’oratorio o di un altro locale in cui la comunità locale si riunisce di solito per celebrare l’assemblea liturgica la domenica o in altri giorni, ma si può amministrare la Comunione anche in altri luoghi, non escluse le case particolari, quando si tratta di malati, carcerati e altre persone che non possono uscire se non con grande pericolo o difficoltà. Non si esclude quindi la strada, in cui in una situazione eccezionale si può ricevere la Comunione.

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Facebook | Pbro Luciano Labrador

“Non lasciamoci paralizzare dalla paura”

Il gesto del giovane sacerdote venezuelano implica anche un altro modo di interpretare e mettere in pratica le parole di Papa Francesco, che ha chiesto di non lasciarsi paralizzare dalla paura.

“Il nostro impegno come sacerdoti è avere chiara la nostra carità e l’assistenza in nome della Chiesa tra malattie come pesti, colera, epidemie…”, ha detto padre Luciano nel messaggio che ha inviato ad Aleteia.

Se la paura del contagio avesse prevalso in certi momenti della storia, la Chiesa non avrebbe importanti santi e la testimonianza di altre persone sulla via degli altari. Il sacerdote ne ha nominati vari: San Giovanni di Dio, “che chiamavano ‘il pazzo di Granada’ perché assisteva i malati”, Santa Giuseppina Bakhita, “una religiosa che ha assistito i malati di peste e vaiolo nel nord d’Italia”, San Damiano di Molokai, “che si dedicò ad assistere i malati del morbo di Hansen nell’Isola Maledetta, diventando uno di loro”.

Circa il Venezuela, ha menzionato padre Macario Yépez, che il 14 gennaio 1856 è uscito con coraggio con l’immagine della Divina Pastora per chiedere la fine del colera che flagellava la regione di Barquisimeto e gran parte del Venezuela, come anche la Serva di Dio nota come “Medarda Piñero”, il cui nome di Battesimo era María Geralda Guerrero, che si è dedicata ai malati dopo che il padre e la sorella erano morti di vaiolo.

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